Nella foto: Rosa Maria Mauceri

Nessuno dovrebbe rimanere in silenzio di fronte alla crudeltà e alla violenza, nessuno dovrebbe vergognarsi di essere vittima

Eppure so che mi segui, eppure so che ci pensi. Eppure so che sarà difficile dare un senso a tutto ciò. Nulla è per caso. Solo il Signore potrà decidere quando sarà arrivato il momento di farci incontrare e darci un forte abbraccio che entrambi ci meritiamo. Ti voglio bene, cara verità” (Rosa Maria Mauceri)

Rosa Maria Mauceri non tollera l’omertà, la falsità con cui alcune persone vanno avanti nella vita. “Una verità rubata” è un racconto autobiografico di violenze subite e di un brutto inganno degli anni 60. A volte la scena del delitto è proprio a casa nostra ed è giusto parlare, confidarsi con qualcuno, denunciare e non fare in modo che tutto rimanga un tabù. L’autrice ha deciso di scrivere questo libro per l’obbligo che sente dentro di rendervi partecipi di un racconto a voce alta. “Da tanti anni desidero mettere nero su bianco ciò che per troppo tempo ho silenziosamente subito” (cit. Rosa Maria Mauceri).

Rosa Maria, tu nasci in un piccolo paesino del Belgio da genitori siciliani. Raccontaci un po’ di quel periodo.

Nasco in un piccolo paesino del Belgio nel cantone francese, dove a scuola imparo il francese. All’età di 13 anni ci trasferiamo nella parte flaminga del Belgio, dove continuo gli studi. I miei primi anni li trascorro in questa famiglia molto violenta. Ma i dettagli sono raccontati anche nel libro, è un libro autobiografico dove nella prima parte racconto ciò che ho subito, mentre invece la seconda parte è più documentata e parlo della mia mamma e del suo destino.

Hai scritto il libro “Una verità rubata, un racconto a voce alta”, dove senti l’obbligo di rendere tutti partecipi di ciò che hai subito nella tua famiglia.

Parlo di una verità che è stata rubata alla nostra famiglia, parlo di una sorella che scompare nel nulla. Dove non ne conoscevo nemmeno l’esistenza.

Locandina del cortometraggio

Questo libro tratta una storia vera, la tua storia, ma è anche un libro di denuncia che racconta la violenza che regnava nella tua famiglia e la vita complicata che hai vissuto. Perché questo racconto deve essere a voce alta?

È una domanda che mi piace ricevere perché mi dà l’opportunità di spiegare cosa significa “a voce alta”. A voce alta è osare parlare, metterci il proprio viso, la propria persona pur avendo subito tanta violenza. Negli anni ho notato purtroppo che il mio caso e quello di mia mamma non è unico, ma che ci sono molte donne e bambini che hanno subito violenza o nell’infanzia o in età adulta, e che non hanno avuto il coraggio di parlare. Questo perché si installa un meccanismo che ti blocca. È capitato anche a me. L’imbarazzo e la voglia di nascondersi o di farsi vedere per quello che non si è perché, appunto, è stata violata non solo l’intimità di noi stessi, ma anche la nostra mente. Poiché poi si cresce e tutte queste violenze, abusi verbali che si sono ricevuti ce li portiamo sempre con noi. Io me li porto ancora oggi, li ho con me e se li porterà anche mia mamma per una vita. Per uscirne fuori ci sono due possibilità: o si sceglie la via di piangersi addosso, di nascondersi e di far credere che sia qualcos’altro, ma alla fine si viene sempre allo scoperto, o si va avanti, cioè a voce alta, mettendoci la propria faccia; sì ho subito violenze e abusi. Sono stata massacrata di botte e racconto tutto, perché non siamo noi che dobbiamo nasconderci, ma bensì chi fa del male, altrimenti la violenza rimarrà sempre un tabù.

La violenza che hai subito da parte di tuo padre, che tu nel libro lo chiami individuo, scaturisce così forte che arriva anche a minacciarti dicendo “ricorda ti sparerò un colpo in testa”. Quali sono secondo te le cause principali di questa violenza?

Credo che lui sia mentalmente disturbato. Ce l’ha lui un problema. Perché non è che sia diventato così dopo avere conosciuto la mia mamma o avere avuto noi come figli, credo che abbia un problema di base già dall’educazione ricevuta. Però non m’importa nemmeno sapere il motivo, perché non giova a nulla. So solo che porterò queste parole, questa frase con me per tutta la vita. Avevo solo 13 anni e ricevere una telefonata come quella mi ha messo paura. Per tanti anni fino all’età di 24, 25 anni, mi guardavo sempre attorno, avevo paura di trovarlo in un angolo pronto a prendere una pistola e sparare. Sparare letteralmente come ha detto “le pallotte in testa”. Non credo che sia stata io la sua mira perché non ero la ragazza di oggi, ero comunque più timida, fragile. Credo che chiunque avesse avuto lui al telefono avrebbe detto queste cose. Oggi non mi affronta perché durante una telefonata, dopo un elenco di parolacce, ho avuto il coraggio di affrontarlo ed è stata per me una gioia poter dire molte cose. Non sono più quella bambina che lui ha fatto soffrire, violato in tutti i sensi mentalmente e ferita, quella bambina oggi si ribella.

Cosa ti senti di dire alle tante vittime di violenze, anche psicologiche?

Si racchiude in una parola “Non vergognarsi”. Sì perché diciamo sempre denunciate, denunciate; è facile dirlo, invece è molto più difficile accettare di non vergognarsi. Quando uno accetta di non vergognarsi si libera di tante cose e va automaticamente a denunciare perché già confidarsi con qualcuno è una denuncia.

Passiamo alla seconda parte del libro. Dopo molti anni scopri un’altra cosa ancora più grave, infatti tua madre ti racconta dell’esistenza di un’altra figlia che si chiama Rosa Antonina. Come è cambiata la tua vita con questa notizia?

Oggi sono… sono… un po’…. (Rosa Maria si emoziona). …è una reazione così, perché siamo vicini alla verità. Forse un piccolo scoop, abbiamo trovato ultimamente, altri elementi. Adesso andrò in Sicilia e parlerò con delle persone del settore che potranno aiutarmi forse ad arrivare a Rosa Antonina. Scoprire la sua esistenza, scoprire che portò il nome perché esisteva, cioè perché esiste. Lei è qualcosa in un certo senso bellissimo. In un’altro senso, sofferente, perché è come se la chiave di questo mistero fossi io. Sento la responsabilità addosso di portare la verità in casa.

Infatti tu sei alla ricerca di tua sorella perché per te è ancora viva, ma anche perché tu hai dei documenti, degli atti che lo dimostrano.

Non solo io la ritengo viva, ma la riteniamo. I documenti parlano da soli, perché non sarebbe normale stare 20 anni dietro a una ricerca se qualche cosa poteva dimostrarmi che mia sorella fosse veramente morta. Sarebbe stata anche quella una rassegnazione, cioè che uno dice, mamma possiamo andare a piangere su quella tomba o possiamo ricordarla in un certo modo. Ma non avendo niente, stare nel vuoto, naturalmente non fa bene a nessuno. Quindi alla ricerca si sono aggiunti gli altri elementi. Mia sorella, in effetti racconto nel libro, che è stata battezzata, e il certificato di battesimo è l’unico documento che non dettero mai a mia madre. Mai! E ciò conferma che mia mamma ha una mente molto lucida. Perché mamma racconta che fu mia nonna a farla battezzare in ospedale prima che se la portassero via. E fu proprio quella chiesa che non diede nessuna informazione a mia mamma nel 2002, quando andò a chiedere la documentazione. Ed ora esce fuori, in questi giorni, un certificato di battesimo che certifica che mia nonna l’ha battezzata. Quindi i tempi non combaciano ed è impossibile che mia sorella muore in un’altra struttura alle 08:00 del mattino quando viene battezzata lo stesso giorno.

Credi che tua sorella sia stata venduta dall’individuo?

Non ho problemi a usare la parola venduta, perché non esistono dei documenti ufficiali di un’adozione legale, quindi si tratta di una coppia che prendono una bambina contro chissà quali cose. Comunque avviene uno scambio di qualcosa, quindi è una vendita. Una vendita a tutti gli effetti. Poi se è costata 100.000 lire 200.000 lire 5 milioni, questo io non lo so, però è una vendita perché la porta via dalla mamma e la consegna a qualcuno. Se fosse stata un’adozione legale, dopo tutti questi anni qualcuno mi avrebbe potuto dire tua sorella è adottata legalmente, ufficialmente. Mi sarei messa l’anima in pace ed avrei accettato l’adozione legale, ma questo non sta avvenendo, quindi penso che ci sia qualcosa di diverso di una adozione.

Nel libro descrivi che hai ricevuto delle minacce, delle intimidazioni da persone che non conosci. Persistono ancora queste intimidazioni oppure si è fermato tutto lì?

Sì, continuano, però sono seguita da persone competenti che hanno preso in mano questa situazione. Posso solo dire questo.

Vuoi fare un appello ai nostri lettori? Forse qualcuno di loro la conosce e sa dove si trova.

Rosa Antonina nasce a Acireale in Sicilia, il 30 giugno 1968 alle 23:45, il primo luglio l’individuo la porta a Catania dove il 2.7.1968 avvisano il comune di Catania e dichiarano la morte. Ma non esiste nessun ordine di sepoltura.

Il libro “Una verità rubata. Un racconto a voce alta” è disponibile in 3 lingue: italiano, tedesco, inglese. Il libro può essere acquistato su Amazon o in qualsiasi libreria. Inoltre su youtube è possibile visionare il cortometraggio https://www.youtube.com/watch?v=9GNGAhlHids

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