Il Parlamento italiano ne ha visti di molto peggio: mafiosi, bancarottieri, picchiatori, indagati, ecc. tutti seduti nei suoi banchi… Basti citare il film “Suburra”. Però lo scandalo Soumahoro ha preso un particolare risalto (e probabilmente siamo ancora all’inizio) per il suo tono tanto colorito da fare concorrenza allo scandalo Ruby. Un onorevole che si esibisce in lacrime in maniera tanto gigionesca, ad esempio, non si era mai visto. Ed una moglie di onorevole che esibisce il lusso “di suo diritto” in maniera così pacchiana, sembra proprio una caricatura. Il caso Soumahoro assume quindi un’evidenza paradigmatica soprattutto per tutti quei terzomondisti che danno la colpa a noi infami europei delle condizioni di sfruttamento che ci sono nelle ex-colonie africane e gettano (così per dire) l’interrogativo: ma non saranno per caso gli africani a sfruttarsi fra di loro? Dato che in questo caso così lampante eravamo noi, perfidi europei, a pagare di tasca nostra, a fondo perduto e loro, i virtuosi africani, a sfruttare a ruota libera e in condizioni vergognose gli altri africani. Stavolta è incontestabile, che alla sinistra piaccia o no, i fatti sono andati così. Ma non sarà forse così anche nel caso più generale? La schiavitù era una prassi comune fra i popoli africani ben prima dell’arrivo degli europei. È tutta colpa di noi scelleratissimi europei, se ogni nuovo leader che sale al potere in Africa si presenta come il protettore ed il benefattore del suo popolo per poi sfruttarlo senza pietà, mentre i milioni di aiuti inviati dall’Europa, grazie a qualche magia sciamanica Juju, spariscono misteriosamente? E poi recita pure la parte della povera vittima pura ed innocente, vedi le lamentazioni di Bokassa. Soumahoro non ha inventato nulla, ha solo trasferito in Puglia la comune prassi sub sahariana. Il bello è che i politici di professione che hanno scelto e candidato Soumahoro alle ultime elezioni, regalandogli perfino il privilegio d’un seggio blindato, hanno fatto mostra di cadere dalle nuvole al disvelamento dei fattacci. Mentre invece dovevano ben esserne informati, se non altro per una lettera di denuncia inviata prima delle elezioni da don Andrea Pupilla, sacerdote della Caritas di San Severo in Puglia all’onorevole Fratoianni, leader di Sinistra Italiana. Ora, si può essere atei quanto si vuole, però la lettera di don Pupilla non conteneva disquisizioni teologiche, ma descrizioni ben concrete di fatti constatati e verificabili. E tutti sanno quanto siano radicate nel territorio le parrocchie cattoliche e come i loro parroci siano i meglio informati di tutti. Perciò la lettera di don Pupilla avrebbe dovuto esser presa in considerazione e provocare quanto meno delle verifiche, dato che chi presenta un candidato agli elettori se ne fa garante.

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