Partiamo dal presupposto che ogni cambiamento di norme e leggi non è applicabile se l’apparato burocratico non è adeguatamente predisposto.
Sempre più spesso, si vede un Parlamento sfornare variazioni di norme, nuove leggi e provvedimenti urgenti che lasciano allo scuro tutto l’apparato che si deve poi occupare di garantirne la giusta applicazione.
Raramente la politica si confronta preventivamente con l’amministrazione -quotidianamente a diretto contatto con i cittadini- per prevedere gli effetti, per creare strumenti adatti e per ideare strategie idonee alla corretta e fluida applicazione di nuove norme e leggi.
Così è accaduto con la macchina della Giustizia ingolfata dalle nuove regole e così sembra accadere con la rete consolare a seguito della nuova legge sulla cittadinanza.
Mentre per l’America Latina si parla di sgravio della mole di lavoro per i consolati, giacché le domande di cittadinanza saranno elaborate dalla centrale Farnesina (come se alla Farnesina il personale di stanza a Roma non avesse nulla da fare), i consolati sul continente europeo accumulano i certificati di nascita di neonati (e presunti cittadini italiani) in attesa di sapere cosa farne.
Quello che fino a poche settimane fa si risolveva con quattro passaggi al computer richiede oggi al consolato massima cautela, nuovi accertamenti e lungaggini burocratiche.
Qualcuno parla di congelamento nei reparti anagrafe e stato civile, in cui questa cautela blocca un lavoro fino ad ora ritenuto di routine.
Perché? Semplice: mentre una volta mamma e papà, felicemente genitori, inviavano al consolato l’atto di nascita del proprio bimbo per la semplice trascrizione nel proprio comune di domicilio, ora questa trascrizione è sottoposta a verifiche, accertamenti e approfondimenti.
Nessun consolato trasmette più nulla automaticamente giacché la trascrizione implica il riconoscimento della cittadinanza italiana di questo neonato.
Qui scatta la cautela dei consolati, che non vogliono passare guai, trascrivendo un semplice atto di stato civile che però implica il riconoscimento della cittadinanza di qualcuno che forse, a causa delle nuove regole, non ne ha più diritto.
E su chi ricade la cautela degli addetti ai lavori? Ma sugli utenti, ovviamente, che ora sono chiamati a fare dichiarazioni, procurare carte che magari risalgono a mezzo secolo fa e a dare tutte le dimostrazioni necessarie per convincere l’impiegato che con la sua trascrizione non commette errori.
L’aria si fa pesante. Nei consolati in Europa tutto è in attesa di istruzioni. L’effetto è che gli addetti ai lavori sono nuovamente posizionati dall’amministrazione centrale tra incudine e martello. L’incudine è la nuova legge sulla cittadinanza, che ne limita la trasmissione per discendenza, e il martello sono i genitori dei bambini che reclamano la semplice trascrizione di un atto di nascita con la contestuale richiesta di un documento di viaggio e di riconoscimento per i propri figli.
Si dice che consoli e ambasciatori poco sapessero sulla nuova legge e qualcuno è convinto che addirittura il sottosegretario MAECI con delega per gli italiani all’estero cadesse dalle nuvole.
Poi non parliamo di Comites e CGIE completamente esclusi da ogni discussione nella preparazione della norma. D’altro canto, il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero -CGIE- in un certo senso era informato, almeno nella persona del suo presidente che e`…indovinate chi? Ma il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani, il quale ha voluto questa legge e si sarà detto: perché consultare il CGIE quando io ne sono il presidente?
Giustamente. Meglio evitare lungaggini e fare presto!
Fare presto sì ma senza considerare che, come non è possibile fare nozze con i fichi secchi, non è possibile l’attuazione di norme e leggi senza preparazione, consultazione e rafforzamento delle forze che si devono occupare della loro corretta applicazione. E questo vale tanto sul territorio nazionale quanto all’estero, dove sette milioni di italiani chiedono tutti i giorni ai consolati chiarezza e applicazione dei loro diritti di cittadini.