“La diaspora è una miniera d’oro per il Paese”
Una settimana di incontri intensi alla Farnesina, tra promesse politiche, riforme annunciate e l’eterna speranza di un cambio di passo. Il Comitato di Presidenza del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), riunito dal 29 settembre al 3 ottobre, ha rilanciato con forza la sua missione: rimettere gli italiani nel mondo al centro dell’agenda politica nazionale.
Un obiettivo ambizioso, che da anni rimbalza tra le aule parlamentari e i comunicati istituzionali, ma che oggi — di fronte a una diaspora di oltre 7,3 milioni di persone — appare più necessario che mai.
“La diaspora è una miniera d’oro per il Paese”, si è ripetuto più volte. Ma resta da capire se l’Italia sia davvero pronta a scavare in quella miniera, o se continuerà a limitarsi a celebrarla con belle parole.
Il CGIE ha incontrato le Commissioni Esteri di Camera e Senato e la Commissione Bilancio del Senato, dove si discuterà la prossima legge finanziaria. L’obiettivo è stato chiaro: far sì che gli impegni presi a giugno — su cittadinanza e voto all’estero — non restino lettera morta.
Richieste legittime, ma già avanzate molte volte in passato. E puntualmente rimaste in sospeso tra un cambio di governo e l’altro. Anche la convocazione della V Assemblea permanente Stato-Regioni-PA-CGIE è da tempo attesa, e ancora oggi non ha una data certa.
Un nuovo confronto con la politica è previsto per il 18 e 19 novembre a Roma. Il rischio, però, è che si tratti dell’ennesimo incontro “in famiglia”, dove si ribadiscono principi condivisi ma senza effetti concreti per le comunità italiane sparse nel mondo.
Tra i punti centrali della settimana, la riforma della cittadinanza.
Nel colloquio con il sottosegretario Giorgio Silli, il CGIE ha chiesto di prorogare di un anno il termine per la registrazione dei figli minori e di superare il limite della doppia cittadinanza. Si tratta di questioni pratiche e di buon senso, che tuttavia da anni si scontrano con resistenze burocratiche e politiche. C’è attesa anche per la decisione della Corte costituzionale sulla retroattività della riforma. Ma mentre le aule romane discutono, migliaia di persone continuano a vivere in un limbo di incertezze e documenti pendenti.
Il CGIE ha ribadito che la promozione della lingua e della cultura italiana resta una priorità. Tuttavia, gli enti gestori dei corsi di lingua all’estero segnalano gravi difficoltà economiche, legate alla nuova circolare ministeriale sui contributi.
Una burocrazia che spesso soffoca la buona volontà e scoraggia chi, nei consolati e nelle associazioni, si batte ogni giorno per mantenere vivo il legame culturale con l’Italia.
Positivo l’annuncio della Conferenza internazionale dell’italofonia del 19 novembre, da cui nascerà il Segretariato dell’italofonia. Il CGIE chiede di esserne parte: un segnale importante, ma che dovrà tradursi in azioni concrete e non in un altro tavolo istituzionale privo di risorse.
Entro il 2026, anno del 40º anniversario del CGIE e del 70º di Marcinelle, si punta a introdurre l’insegnamento della storia dell’emigrazione italiana nelle scuole. Un traguardo simbolico e condivisibile, ma che richiede volontà politica e investimenti veri, non solo celebrazioni.
In un panorama spesso dominato da lentezze e promesse disattese, la firma dell’accordo con il CNEL rappresenta una nota positiva.
L’intesa, che va oltre il precedente protocollo d’intesa, apre a nuove forme di collaborazione per favorire il rientro dei talenti, valorizzare le competenze degli italiani nel mondo e inserire il CGIE in modo più strutturato tra i corpi intermedi dello Stato.
È un passo avanti importante, anche simbolico: per la prima volta, il contributo degli italiani all’estero viene riconosciuto non solo come affettivo o culturale, ma anche come parte integrante del sistema economico e sociale italiano.
Allo stesso tempo, il CGIE ha aderito all’iniziativa del presidente Renato Brunetta per una Giornata europea in memoria delle vittime di Marcinelle. Un gesto di memoria e rispetto, che riporta al centro la storia del lavoro italiano nel mondo.
Sul fronte interno, il Comitato di Presidenza ha deciso di elaborare una riforma della legge istitutiva del CGIE, per renderlo più moderno e rappresentativo.
Ma qui si gioca una partita delicata: come garantire una reale rappresentanza senza cadere nell’autoreferenzialità? Come collegare la base — i Com.It.Es., le associazioni, i cittadini — con un organismo che molti, purtroppo, percepiscono come lontano?
La proposta di istituire webinar tematici e assemblee continentali più frequenti va nella direzione giusta, ma serviranno strumenti concreti per coinvolgere davvero le nuove generazioni di italiani all’estero, che vivono in un mondo completamente diverso da quello dell’emigrazione storica.
Il messaggio finale è chiaro: il CGIE vuole smettere di essere un organo consultivo “in attesa di ascolto” e diventare un interlocutore politico stabile, capace di incidere sulle scelte del Paese.
Per riuscirci, però, servirà più coraggio: nel chiedere, nel proporre, ma anche nel criticare.
Perché, come ha ricordato un partecipante alla riunione romana: „Non possiamo continuare a dire che la diaspora è una miniera d’oro se poi nessuno investe per estrarla.”
E forse, proprio da questa autocritica, può ripartire la nuova centralità del CGIE.