Con Looking for Connection, uscito il 24 ottobre 2025, Veronica Fusaro torna con un album che intreccia introspezione, modernità e un forte senso di appartenenza
Nata e cresciuta in Svizzera da famiglia italo-svizzera, la cantautrice porta nelle sue canzoni quella duplice identità che da sempre alimenta la sua sensibilità artistica: lo sguardo mediterraneo, caldo e viscerale, e la precisione nordica che le permette di trasformare emozioni private in melodie limpide e universali.
Questo dialogo tra radici e nuove esperienze è oggi più vivo che mai, soprattutto nel rapporto che Fusaro ha costruito con la Germania, un paese che l’ha accolta presto e con entusiasmo. Non è un caso che proprio lì prenderà il via la sua prossima tournée: il 15 dicembre a Berlino (Prachtwerk), il 16 dicembre ad Amburgo (Hebebühne) e il 17 dicembre a Francoforte (Ponyhof Club). Tre città che rappresentano, per lei, un secondo punto di riferimento artistico, un luogo dove il pubblico ha mostrato fin da subito attenzione e affinità verso la sua musica.
Alla vigilia dell’uscita del nuovo album e del ritorno sul palco tedesco, Veronica Fusaro racconta come le sue origini, i viaggi, e il continuo movimento tra culture diverse abbiano influenzato il suo modo di scrivere, creare e cercare – ancora una volta – una connessione autentica con chi l’ascolta.
Il tuo cognome, Fusaro, suggerisce chiare radici italiane. Quanto delle tue origini o della cultura italiana si ritrova nella tua identità musicale o nel tuo approccio alla vita?
Le mie origini italiane fanno parte di me, anche nella musica. Sono cresciuta con il rock italiano, soprattutto Vasco Rossi perché mio papà lo ascoltava sempre, e credo che quel modo diretto e sincero di raccontare le cose mi sia rimasto dentro. Anche il modo italiano di vivere le emozioni influisce su come scrivo e su come vedo la vita. E poi, sì, l’amore per il cibo e per la famiglia non manca mai.
Essendo cresciuta in Svizzera e lavorando a livello internazionale, come descriveresti la tua relazione con il mercato musicale tedesco? Lo senti come un „ponte“ verso l’Europa o un mercato specifico con le sue peculiarità?
Il mercato tedesco per me è un po’ entrambe le cose. Da una parte è un ponte verso l’Europa, perché è un mercato grande, aperto e molto curioso verso la nuova musica. Dall’altra ha una sua identità molto forte, con un pubblico attento ai testi e alle emozioni vere. Io mi sento bene lì, mi piace suonare in Germania e trovo che ci sia spazio per costruire qualcosa di solido nel tempo.
La Germania ha una lunga tradizione di festival musicali e una forte cultura del clubbing. Hai notato differenze significative nell’accoglienza del pubblico o nell’organizzazione degli eventi tra l’Italia e la Germania?
Sì, qualche differenza c’è, ma entrambe hanno i loro punti forti. Per me è bello poter vivere entrambe le realtà. Ogni paese ti dà qualcosa di diverso e ogni pubblico ha il suo modo speciale di accogliere la musica.
In che modo l’esperienza di vivere e lavorare in un ambiente multiculturale come la Germania ha plasmato il tuo sound o il tuo modo di scrivere musica rispetto a quello che sarebbe potuto essere se fossi rimasta in Italia o in Svizzera?
In realtà vivo e lavoro in Svizzera, è lì che ho la mia base. Allo stesso tempo suono anche molto all’estero, perché il mio obiettivo è portare la mia musica fuori dai confini e farla conoscere a più persone possibile. Mi piace confrontarmi con pubblici diversi, credo che faccia crescere sia me che il mio modo di fare musica.
La tua base operativa è in Svizzera, ma quanto la vicinanza alla Germania e il suo panorama artistico dinamico contribuiscono alla tua ispirazione quotidiana o alle tue collaborazioni?
È sicuramente un vantaggio. È un paese con una scena musicale molto attiva e internazionale, e questo crea tante possibilità, sia a livello di ispirazione che di collaborazioni. Non è qualcosa che influenza ogni giorno ciò che scrivo. E quando lavoro a Berlino con i produttori, quella energia si sente.



























