La data dell’Accordo per regolamentare il flusso migratorio italiano verso la Germania è senza dubbio un’importante pietra miliare che segna l’avvio della ricostruzione del progresso economico-commerciale postbellico e del riscatto dal buio più nero della storia tedesca. Come noto, le iniziative celebrative di alto spessore politico e organizzativo sono state numerose e tutte promosse da istituzioni, di base e di vertice, in molte città della Germania.
Quell’Accordo ha coniugato due necessità di valore inestimabile: da una parte la Germania che aveva estremo bisogno di manodopera per rialzarsi dalle macerie, e dell’altra un’Italia poverissima, ma con migliaia di braccia, pronte al sacrificio delle separazioni per un lavoro e per una vita più dignitosa.
Intorno a questa bobbina abbiamo tentato di riavvolgere il nastro di alcune voci della Prima, Seconda, Terza generazione e di Expat.
Esse contengono ricordi di umiliazioni, sacrifici, fallimenti, ma anche riscatti, affermazioni, professionali, sociali, culturali, mescolanze matrimoniali e figli pluriculturali e plurinazionali rafforzando inevitabilmente identità, determinazione, desideri, conoscenze, creatività, spirito imprenditoriale e solidarietà sociale e culturale.
È pertanto ai protagonisti di ieri e di oggi che bisogna lasciar spazio a ricordi belli e brutti, emozioni e livelli d’integrazione raggiunti, sfociati nell’acquisto della doppia e tripla cittadinanza.
A rompere il proverbiale ghiaccio tocca a Dino di Croce, giunto nell’estate del 1960, appena 17enne, a Geislingen/Stoccarda:
Prima Generazione
Dino Di Croce
Arrivai a Geislingen/Stoccarda all’età di 17 anni. Finii in una baracca con 4 letti a castello, vicino al cantiere edile. Si lavorava sodo con una paga oraria di scarsi 2 marchi. Per spedire soldi a casa si lavorava anche il sabato, e d’estate, anche la domenica presso contadini. Dopo un paio d’anni mi trasferii a Villingen e poi in Canada. Dopo 5 anni, ritornai con la famiglia: mia moglie tedesca, il maschietto e la femminuccia. Limai meglio il mio tedesco e feci 3 anni di formazione professionale per meccanico industriale. Da lì l’ingresso e la scalata nel sindacato metalmeccanico (IG Metall) diventando anche Segretario provinciale. Oggi scrivo libri sulla mia Germania e mi godo con mia moglie, nipoti e figli.
Luigi Abate – Friedrichshafen
Come tanti, anch’io nel maggio del 1962 per scarsità di lavoro preparai la valigia e raggiunsi mio fratello a Backnang (Stoccarda). Iniziai prima in una conceria e poi in un’officina di costruzioni metalliche dove ho appreso il mestiere di metalmeccanico.
Nel ’68 mi sono trasferito a Friedrichshafen sul Lago di Costanza dove ho lavorato per 42 anni presso la ZF , fabbrica d’ingranaggi. I primi anni alla produzione e poi alla manutenzione delle macchine. Dopo la difficile fase di ambientamento e dell’apprendimento del tedesco ho avuto forza di superare le oggettive difficoltà in una terra straniera. Al lavoro ho affiancato il volontariato creando una associazione per i problemi scolastici dei bambini italiani della zona e della loro integrazione, organizzando corsi, feste, eventi culturali e partecipando attivamente alla politica dell’integrazione nel tessuto sociale della città lacustre.
Dopo 60 anni di vita in Germania ho scelto di godermi la pensione in questa terra, ormai mia seconda patria.
Fernando Grasso – Kempten
Sono nato in Sicilia nel 1943 sotto i bombardamenti degli angloamericani. Sono arrivato a Kempten, in Baviera, nel 1965 “senza arte né parte”, ma ho trovato subito lavoro come operaio generico per un paio d’anni. A causa, poi, della crisi di quegli anni sono rientrato brevemente in Toscana, sperando di trovarvi un’occupazione. Non avendola trovata, sono ritornato a Kempten. Dopo qualche esperienza da operaio generico, e in seguito specializzato, dopo aver conseguito la Maturità Magistrale (da remoto e in presenza), ho iniziato a insegnare in giro per la Svevia nei corsi d’italiano per gli scolari italiani su incarico delle autorità scolastiche bavaresi e presso l’Università di Scienze Applicate di Kempten.
Sono contento di essere emigrato in Germania e penso con soddisfazione di aver contribuito, nel mio piccolo, al benessere di questa società di cui sono parte integrante.
Fabio De Pellegrini – Stoccarda
Risiedo a Stoccarda dal 1967. Lasciai Belluno a 16 anni per venire ad imparare il mestiere di idraulico. Ho messo su famiglia con la quale vivo da 58 a Stoccarda. Grazie alla convivenza di tante culture la Germania è diventata la mia Seconda Patria. Molti connazionali hanno addirittura acquistato anche la cittadinanza tedesca ed insieme agli autoctoni difondiamo la solidità delle istituzioni.
Rocco Di Filippo – Stoccarda
Sono arrivato ad Esslingen nell’agosto del 1969 all’età di 18 anni. Ho lavorato presso diverse aziende ed ho conseguito la qualifica di meccanico industriale. Alla Daimler-Benz (Mercedes) sono stato per 10 anni membro del Consiglio di fabbrica. Dal matrimonio con la calabrese Rosa abbiamo avuto due figlie. La primogenita è ingegnere e la seconda “perito industriale”. Essendo stato sempre amante del calcio giocato, sono stato arbitro di categorie dilettanti per conto dell’ACI Brühl Esslingen, gloriosa squadra italiana di calcio nel Württemberg.
Dopo 56 anni di vita lavorativa e associativa in terra tedesca considero la Germania: la mia seconda patria.
Ignazio Campagna – Tübingen
Il mio primo impatto con la Germania risale agli anni Settanta, allora giovane studente universitario in visita alla mia fidanzata tedesca. Quattro anni dopo, da sposato, mi stabilii a Tübingen.
Primo lavoro: insegnante nei corsi di lingua e cultura italiana. Era bella la Germania di allora, la gente gentile, la vita ordinata, l’assistenza sanitaria ottima, salari dignitosi, lavoro per tutti. In Italia al contrario la situazione economica e sociale era critica. Oggi non è più così: l’Italia ha fatto passi avanti giganteschi e a me piacerebbe ritornare a viverci in pianta stabile. Per diversi motivi ciò non è possibile e così vivo circa 7 mesi l’anno in Germania e 5 in Sicilia.
Mimmo Granata – Bietigheim
Quando misi piede in Germania rimasi abbagliato da questa disciplina, ordine, rispetto, con un sistema sociale ineccepibile. In Sicilia non conoscevo la parola ferie perchè avevo solo due giorni liberi: a Natale e a Pasqua. Qui ho conosciuto festività pagate e tante altre cose. Purtroppo, in questi ultimi tempi la grande Germania ha perso colpi e stiamo vivendo una grande crisi. La nuova politica arranca e non riesce a tenere il passo dei vecchi “volponi” tedeschi, che erano invidiati da tutto il mondo.
Maria Tufano – Stoccarda
Non conoscendo la lingua, il primo impatto con la Germania fu malissimo. L’impressione fu di un popolo freddo, per cui ho sofferto molto. Poi piano piano ho imparato la lingua e ho incominciato a lavorare. Ho conosciuto tante persone e oggi la vivo diversamente. Però più passano gli anni e più mi viene la nostalgia della mia bella Napoli che amo tantissimo. Rimango qui solo perché ho figli e nipotini che mi trattengono.
Antonio Di Gennaro – Köngen
La generazione italiana degli anni ’60 è sicuramente cambiata moltissimo nel senso che l’integrazione è avvenuta anche se non completa contribuendo alla crescita lavorativa e culturale della Germania. Infatti, oggi abbiamo dirigenti, insegnanti, ingegneri e tanti connazionali che si sono affermati nella società tedesca anche con proprie aziende nei diversi comparti dell’economia. Voltandomi indietro, ricordo bene quel 5 maggio 1961 quando arrivai con mio fratello maggiore Michele alla stazione di Stoccarda, affollata di italiani. Con un bussino ci portarono in un cantiere e ci assegnarono un posto letto con altri due italiani in un vagone edile. Si lavorava 45 ore alla settimana e il sabato 6 ore. Si notavano ovunque i segni della guerra, ma anche la voglia di rialzarsi. Per me e per tutta la famiglia la Germania è diventata terra di adozione in ogni senso.
Seconda generazione
Toni Vetrano – Offenburg, già OB/Sindaco di Kehl
Mia madre mi ha portato in Germania che avevo appena nove mesi. Nel frattempo, vivo qui da sessant’anni – ben inserito sia professionalmente che sia socialmente, ma sempre con una seconda patria nel cuore. Tutt’oggi la mia vita si muove tra la Germania e l’Italia e sono grato ai miei genitori per avermi aperto entrambe le strade. Ho dovuto imparare il tedesco, l’italiano, nel caso di ritorno in Sicilia. Così sono cresciuto bilingue.
Il periodo undici – diciotto anni è stato il più tormentato: sempre con la domanda non detta se si resta qui o si torna in Italia? Questa incertezza mi ha segnato profondamente. Ad un certo punto però la domanda non si è più posta. La Germania è diventata la mia patria, l’Italia resta il mio Paese d’origine – e la mia identità nasce proprio dall’incontro di entrambe.
I nostri tre figli sono nati in Germania. Tutti hanno imparato l’italiano in modo naturale; addirittura, uno di loro oggi insegna italiano in un Gymnasium/liceo.
Agata Salis – Neu-Ulm
Al primo impatto la Germania mi è sembrata essere un paese molto rigido, ordinato e culturalmente distante. La lingua e il sistema scolastico mi apparivano complessi e difficili da comprendere. Con il tempo ho imparato a conoscere meglio la società tedesca e il suo valore per l’educazione. Oggi lavoro addirittura come insegnante in una Förderschule (scuola differenziale) e questo mi permette di crescere ogni giorno sia professionalmente che socialmente. Nel mio lavoro quotidiano vivo l’attenzione all’inclusione e al supporto individuale agli studenti. Perciò vivo la Germania come un paese che mi ha dato opportunità e favorito la mia piena integrazione.
Antonino Di Gesaro – Mössingen/Tübingen
Avevo 16 anni quando sono partito pieno di speranze da “Isnello”, mio paese natìo. Sono arrivato in Germania a gennaio del 1966, e precisamente a Nehren (prov. Tübingen) dove dopo un paio di giorni ho iniziato a lavorare in un’azienda tessile. I primi mesi sono stati difficili per le ovvie difficoltà linguistiche e abitudinali; ma col passare del tempo ho imparato a superare le difficoltà. I nostri 2 figli sono nati e cresciuti qui ed hanno frequentato le scuole tedesche fino alla Laurea Specialistica. Entrambe sono ben inseriti nel mondo del lavoro e della società tedesca, cosicché per me e mia moglie, entrambi in pensione, non si pone il problema del “ritorno” in Italia, perché ci sentiamo a casa qui.
Giovanni Del Regno – Calw
Sono nato a Gaggiano (Salerno) nel 1957 e con mia madre abbiamo raggiunto mio padre a Calw nel 1968. Lui era emigrato poco dopo la mia nascita.
Fui accolto in una classe d’inserimento, mio primo laboratorio di lingua e cultura tedesca. Appena 14enne però per aiutare la famiglia iniziai a lavorare. Grazie al calcio poi mi sono inserito subito anche socialmente. Sono sposato con un’italiana; abbiamo due figli, siamo nonni di una nipotina e siamo tutti ben integrati.
Maurizio Gaudino – ex-giocatore dello Stoccarda
Sono nato nella zona di Heidelberg/Mannheim. Fino ai miei tre anni di vita non mi rendevo conto di vivere in Germania, poiché in casa si parlava esclusivamente dialetto napoletano. È stato solo all’asilo che ho capito di trovarmi in un Paese di cui non comprendevo la lingua.
Durante gli anni della scuola, purtroppo, frasi di stampo xenofobo facevano parte della quotidianità. Tuttavia, uno degli insegnamenti più importanti che i miei genitori mi hanno trasmesso è stato quello di considerarci ospiti in Germania e di comportarci di conseguenza, con rispetto, per essere a nostra volta rispettati.
Il grande calcio ha avuto ovviamente un ruolo fondamentale nel mio percorso di integrazione. Sono stato molto apprezzato e benvoluto sia dal pubblico tedesco che italiano. Guardando indietro, posso dire di aver avuto un’infanzia molto felice, grazie all’educazione ricevuta dai miei genitori, che hanno sempre desiderato restare in Germania, senza mai pensare di tornare in Italia.
Oggi vivo con la mia famiglia nell’area metropolitana di Monaco di Baviera e porto dentro di me sia la mentalità italiana che quella tedesca.
Paola Griffini – Stoccarda
Posso solo dire che la Germania mi ha dato molto di più di quanto io abbia dato a questo Paese, e che la democrazia e la responsabilità collettiva non sono un bene da sottovalutare come scontato, ma da apprezzare contribuendo alla crescita della società che ci circonda e nella quale viviamo e non solo abitiamo.
Barbara Marrazzo – Colonia/Stoccarda
Quando sono arrivata a 23 anni in un paesino agricolo a nord di Colonia, a prevalere è stata la sensazione di essere in un mondo dove le persone sono una cornice. Da napoletana, cresciuta nel frastuono delle parole, quel silenzio dovuto anche alla barriera linguistica dapprima mi ha scoraggiata. Dopo essermi trasferita a Stoccarda ho però capito essere un valore che costringe ad ascoltarsi di più. Oggi, 10 anni dopo, la mia Germania è costituita soprattutto da quelle persone che prima erano ai miei occhi distanti ma che, proprio come me, fanno i conti con la diversità culturale che li pervade in tutti gli ambiti.
Genny Di Croce – Sindelfingen
Una parte di mi è italiana. Non sono emigrata o nata in Germania come tanti figli di emigranti che negli anni Sessanta e Settanta lasciavano l’Italia in cerca di un lavoro in Germania come mio nonno e mio padre.
Io e mio fratello Roy siamo nati in Canada da madre tedesca e da padre italiano. C
Abbiamo appreso il tedesco, le usanze e la cultura da nostra madre e dalla sua famiglia, mentre l’italiano da nostro padre. Come tanti altri scolari anch’io ho fatto qualche esperienza negativa a scuola.
Alla Grundschule la mia insegnante, nonostante io avessi voti idonei per accedere al ginnasio si rifiutò di promuovermi per il ginnasio dicendomi che prima o poi avrei avuto difficoltà nello studio e la cosa migliore sarebbe stata concludere la scuola dell’obbligo e imparare un mestiere qualsiasi Caso strano! La stessa indicazione anche per mio fratello e per molti altri scolari figli di immigrati. Feci ricorso e superato l’esame fui ammessa al ginnasio. Dopo la maturità ho studiato giurisprudenza ed oggi sono Consigliere ministeriale presso il Ministero degli Affari sociali, della Salute e dell’integrazione del land Baden-Württemberg.
Giovanni D’Amicodatri – Friedrichshafen
Il mio rapporto Chieti – Friedrichshafen è stato altalenante. Venuto a trovare i miei genitori nel 1966, m’innamorai dei soldi, guadagnati da Werkstudent.
L’anno dopo, contro il volere dei genitori, volli trasferirmi definitivamente sul Lago di Costanza. Da autodidatta imparai il tedesco e migliorai il mio francese scolastico che mi fu di aiuto per stringere amicizia con soldati francesi, stazionati a Friedrichshafen.
La Germania mi ha offerto molte occasioni di crescita, tanto da riuscire a fungere da traduttore ed interprete per connazionali e aziende. Per favorire il dialogo italo-tedesco ho fondato un’associazione che organizza eventi culturali sia per gli amici tedeschi che per la nostra collettività.
A volte mi sono chiesto: chissà che cosa avrei fatto se, dopo il servizio militare, fossi ritornato nella mia Chieti?
Ma è solo un pensiero. Dopo il matrimonio e la nascita dei nostri due figli, la strada maestra è rimasta la Germania. La figlia oggi è insegnante di Lingue in un Gymnasium di Stoccarda e il figlio è ingegnere meccanico. Godiamo di due culture e siamo parte integrante di questa società.
Mario Fustilla – Ostfildern
Sono nato e cresciuto ad Esslingen am Neckar da genitori italiani, non ho mai avuto problemi di integrazione. La Germania è sempre stata la mia casa, il luogo in cui sono cresciuto, ho studiato e costruito la mia vita. Le mie origini italiane hanno sempre fatto parte di me, senza mai rappresentare un ostacolo.
Paradossalmente, proprio in Italia, nel paese d’origine dei miei genitori, mi sono spesso sentito meno parte della comunità. Ero “quello che veniva dalla Germania”, non uno straniero, ma nemmeno completamente integrato. L’Italia era la mia origine, ma non il luogo in cui mi sentivo davvero a casa.
Solo più tardi, attraverso il matrimonio, il mio senso di appartenenza si è completato. Le differenze di origine hanno perso importanza e la mia identità si è ricomposta in modo naturale.
Oggi so che la casa non è vissuta in un luogo, ma soprattutto da persone con cui condividiamo la vita.
Alessandro Bellardita – Karlsruhe
Avevo tre anni quando mia madre mi accompagnò la prima volta, vicino al piccolo appartamento dove abitavamo agli inizi degli anni 80. Per me tutto era strano e incomprensibile. Non capivo i miei compagni, non capivo la maestra, non capivo dove ero andato a finire.
Un giorno all’asilo, mentre dormivo nel mio angolino, sentii una voce chiamarmi. „Alessandro!“. Aprii gli occhi e riconobbi i tratti dolci di una bambina dai capelli neri che mi disse: „Sono Sonia, e adesso ti faccio vedere l’asilo“. Era una bambina italiana dell’altro gruppo, due anni più grande di me, che casualmente si chiamava come mia sorella. Mi prese per mano e mi mostrò tutto quello che nel Kindergarten era essenziale per partecipare alla quotidianità. Sonia per me fu la salvezza. Era praticamente la prima operatrice sociale che incontrai nella mia vita. Fu la mia fortuna.
Tre, quattro mesi dopo, già parlavo in tedesco – o perlomeno quello che ritenevo che fosse il tedesco. Quel periodo divenne uno dei più belli della mia infanzia.
Sonja Cussigh – Stoccarda
Riguardo alla collettività italiana noto anche un grande cambiamento. Siamo diventati tutti più individualisti.
La Germania ci ha dato tante opportunità. Abbiamo tanti esempi di ragazze e ragazzi che sono riusciti a farsi una posizione
La mia Germania di oggi è multiculturale, molto varia, e, se così si può dire, le culture si sono arricchite a vicenda.
Per dirla tutta: ci si sente a casa qui, dove ci sono la famiglia e gli amici.
Lorenzo Petrocca – Stoccarda
„Il mio primo impatto con la Germania del 1978 fu duro. Avevo 14 anni. Eravamo venuti da Crotone, genitori e 5 figli, senza parlare la lingua e non conoscendo nessuno.
Capii però che bisognava adattarsi e comportarsi da ospiti educati. Questo comportamento mi venne spesso ricambiato con altrettanta educazione.
I miei anni in fabbrica mi hanno però fatto assaggiare anche il razzismo, quello a bassa voce, con „sguardi“… Tuttavia, devo dire che oggi sono felice di essere stato accolto come musicista. Ho una moglie tedesca, e due figli bilingui e biculturali e sono felice di vivere in una Germania ormai anche mia.
Credo che il rispetto e l’affetto reciproco tra le due nazioni si sia cementato.
Terza Generazione
Davide Fustilla – Ostfildern
Sono nato e cresciuto in Germania e mi sono sentito sempre tedesco con radici italiane paterne, di cui sono orgoglioso. Grazie a mia madre tedesca, sono fin dalla nascita legato a entrambe le culture.
Anche se la mia origine è visibile, non ha mai rappresentato un confine per il mio ambiente: i miei amici sono tedeschi, il mio percorso educativo altrettanto, e la mia lingua madre l’ho perfezionata qui ad un livello alto.
Le mie radici italiane sono un complemento naturale di un’identità chiaramente radicata in Germania.
Giulia Gaudino – Monaco di Baviera
Sono nata in Germania. Sono medico e ieri come oggi mi si fanno domande sul nome e sulle mie origini paterne. Ed io nonostante alcuni pregiudizi sono orgogliosa di dire che sono figlia di padre italiano e di aver avuto nonni napoletani. Per me essere tedesca con origini italiane è grande arricchimento culturale e linguistico anche se, come succede a molti della seconda e terza generazione: in Germania sono italiana e in Italia sono la tedesca. Se per i miei nonni: lavoro e lingua erano una sfida quotidiana, per me significa apertura mentale e plurilinguismo. Napoli poi per me è il cuore della mia storia.
Ferdinando Iannone – Stoccarda
Ho lasciato Milano per Stoccarda nel 1999. Dopo diversi lavori svolti mentre imparavo intensamente la lingua, sono riuscito a entrare nel mio ambito professionale di fotografo già dopo appena due anni. Ho accettato e cercato di comprendere rapidamente il modo di vivere, le regole e la mentalità del Paese ospitante.
Oggi mi sento ben integrato. La Germania che vivo ora è più complessa e veloce, ma offre ancora grandi opportunità a chi è disposto ad adattarsi e a impegnarsi. Mi sento parte attiva della società in cui vivo.
Tina Mendocino – Roma
Sono figlia di italiani di 3a generazione, emigrati in Germania negli anni ’60.
Sono nata nel 1972 a Stoccarda. Ho frequentato il „Kindergarten“ e le prime due classi della Grundschule.
Nel 1980 i miei genitori decidono di trasferirsi definitivamente a Celico un paese di poche anime nella provincia di Cosenza, scelta questa da me mai condivisa.
Pur vivendo a Roma, ancora oggi mi sento parte di due culture diverse. Ho preso e fatto mio „il meglio“ di entrambe le culture anche se molto diverse. Per me essere „figlia di emigrati“ ha significato cementare una forte identità culturale e un percorso unico di crescita.
Anni 2000
Elisabetta Migliaccio – Weilheim
Sono arrivata in Germania nel 2015 e per me è stata una bella scoperta. Mi sono trovata subito a mio agio e ben accetta nonostante la mia non conoscenza della lingua tedesca.
La mia Germania di oggi è soddisfacente, perché mi sento di avere stabilità e forza per superare tutto.
Fabio Domante – Sindelfingen
Sono arrivato in Germania nel 2005 con la sensazione di entrare in un mondo completamente diverso dal mio.
Oggi, per me, quella Germania non è più un Paese straniero, ma parte della mia vita quotidiana. Ho imparato ad apprezzarne la sicurezza, l’organizzazione e il rispetto per gli spazi di tutti. Ciò che un tempo mi intimidiva ora mi sostiene: la Germania è cambiata, e io insieme a lei.
Maurizio Palese – Waiblingen
Prima di lasciare la Puglia immaginavo una Germania fatta solo di palazzoni grigi e anonimi. Ma mi sono dovuto ricredere, scoprendo un paese verde, ordinato, bello e sorprendentemente accogliente.
Dopo dodici anni, confermo quel primo impatto e quasi mi scuso per essere stato così ignorante.
Tra pandemia, guerre e crisi industriali questi ultimi anni sono diventati duri e difficili. Tuttavia considero la Germania un Paese solido e all’avanguardia, porto di speranza anche per noi italiani, capaci di rimettersi in gioco.
Francesca Bombaci – Augsburg
Sono arrivata a Karlsruhe nel 2005. Li ho vissuto cinque anni e il mio primo ricordo è quello di una città ordinata, pulita e con un grande senso civico. I miei figli sono nati lì e a livello di infrastrutture abbiamo sempre ricevuto ottimi servizi. Sono arrivata ad Augsburg nel 2012 e credo che la città stia lentamente peggiorando di anno in anno.
Daniele De Filippis – Augsburg
La mia esperienza in Germania inizia nel 2011 a Brema in un contesto lavorativo internazionale e stimolante. Nel 2013 sono arrivato ad Augsburg e ho immediatamente notato le differenze derivanti dal vivere in un land molto più ricco. Ad Augsburg l’integrazione linguistica e sociale è stata più facile. Qui ho avuto la grande opportunità di fondare una associazione culturale italiana che mi permette tuttora di rapportarmi anche ai tanti tedeschi che amano la nostra cultura.
Conclusione “Gli anniversari si celebrano e si studiano – ha ricordato Tommaso Conte, membro del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (Cgie) – concludendo il suo intervento alla manifestazione del 70° a Stoccarda. Bene, studiamo insieme tutti i mezzi per difendere la memoria dei primi emigrati e gli interessi di chi an


























