Dopo i commenti sull’omicidio di Charlie Kirk da parte del capo dello studio della mittente televisiva tedesca ZDF di Washington, Elmar Theveßen, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, Richard Grenell, non solo ha preso le distanze dall’opinionista tedesco, ma lo ha anche definito un elemento “di sinistra radicale”, accusandolo ripetutamente di incitare alla violenza contro le persone, suggerendo di revocargli il visto per gli Stati Uniti.
Siamo ormai giunti all’assurdo. Ciò che preoccupa è, tuttavia, che l’assurdo è parte del reale. Come lo dimostra un altro fatto, ancor più preoccupante: a causa del suo intervento riguardo l’omicidio di Kirk, la conduttrice dello stesso ZDF, Dunja Hayali, è stata travolta sui social media da innumerevoli messaggi di odio e, come se non bastasse, anche da minacce di morte. La giornalista ha, in seguito, deciso di concedersi una pausa. Difatti, indipendentemente dalla personalità forte e dal coraggio che può avere la Hayali – qualità che indubbiamente le vanno riconosciute – non è sempre facile superare momenti come questi, fatti da vere e proprie valanghe di odio.
E, a dire il vero, questi sono solo due esempi di come il dibattito pubblico anche in Germania negli ultimi anni, che va dal più alto livello politico ai media, fino a giungere al mondo dei social, si stia radicalizzando notevolmente, giorno per giorno. Lo spiegano bene i sociologhi Steffen Mau, Thomas Lux e Linus Westheuser nel saggio “Triggerpunkte”, pubblicato l’anno scorso: l’opinione pubblica sembra divisa, specialmente quando si parla di migrazione e povertà. Il dibattito è sempre più acceso, emozionale e, dunque, poco obiettivo. L’associazione PEN Germania, che si batte per il diritto alla parola e la tutela di giornalisti e scrittori in tutto il mondo, chiede infatti di rendere il dibattito più sobrio:
«Minacciare un giornalista con la revoca del visto e accusarlo di intenzioni violente sono metodi indegni per una democrazia. Quando anche nel nostro paese i giornalisti vengono sommersi da odio e minacce tanto da ritirarsi dalla vita pubblica, allora siamo ormai al limite per quanto riguarda la comprensione della democrazia e della dignità umana», sostiene Tanja Kinkel, ex membro del presidio di PEN.
La Germania è uno Stato pluralistico e democratico. Il pluralismo non concerne soltanto il discorso religioso, ma – e soprattutto – anche quello politico. Non esiste una democrazia senza la libertà di parola. Ma la libertà di espressione e della parola conosce un limite: il limite si chiama dignità umana, quello che i tedeschi chiamano “Menschenwürde” e che rappresenta il principio assoluto della Costituzione tedesca del 1949. Posso criticare chiunque, ma la mia critica deve fermarsi di fronte al valore assoluto della persona che critico. Non è legittimo offendere, diffamare, minacciare. Anzi: è previsto dalla legge che questi atteggiamenti sono punibili e sanciti dal Codice penale, anche in Germania. Posso, dunque, non essere d’accordo con la Hayali, ma offenderla sistematicamente, come avvenuto in questi giorni, è un atteggiamento non solo anti-democratico ma anche riprovevole. Stessa cosa vale per coloro che dopo la morte di Kirk hanno esultato: di fronte alla morte di una persona, indipendentemente dal suo carattere, dal suo atteggiamento e dalle sue opinioni, che ci piacciano o meno, bisogna portare rispetto oppure – almeno – tacere. Ciò non limita minimamente il diritto di criticare Kirk e il suo operato – sicuramente più che discutibile. Ma anche a Kirk va riconosciuta la dignità che tanto ci impegniamo a tutelare e ad evocare quando ci fa comodo. La dignità, infatti, spetta a tutti – uno per uno, senza eccezioni.
Ecco: le reazioni di alcuni politici e giornalisti tedeschi all’omicidio di Charlie Kirk sono state indecenti, in parte addirittura oltre il limite dell’umano; le reazioni alle reazioni, tuttavia, sembrano ancor più gravi. La tanto invocata pluralità delle opinioni è importante soprattutto in tempi polarizzati e ha molto a che fare con la moralità e l’atteggiamento: l’atteggiamento di dare voce anche a chi, per convinzione profonda, si disapprova. E questa, forse, è la legge di tutte le leggi, vale a dire: non tutto è possibile. Davanti alla dignità bisogna fermarsi.