Nella foto: Momento del Convegno. Foto di ©Natiitaliani

Un convegno alla Camera denuncia gli effetti della Legge 74/2025: „diseredazione giuridica di massa“, rischio incostituzionalità e rottura storica con la diaspora italiana

Il 29 maggio 2025, nella storica Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati, si è tenuto un convegno cruciale per il futuro dell’Italia globale. Promosso da Natitaliani, l’incontro ha radunato parlamentari di opposizione, costituzionalisti e giuristi per discutere le gravi implicazioni del Decreto Legge 36/2025, recentemente convertito in Legge 74/2025. Un testo che, secondo i partecipanti, non solo rappresenta una cesura nella storia legislativa italiana, ma segna anche un’involuzione democratica profonda e preoccupante.

Una delle critiche trasversali mosse alla nuova normativa riguarda l’abuso della decretazione d’urgenza. Il governo ha infatti scelto di legiferare su un tema strutturale e non emergenziale — la cittadinanza italiana — attraverso un decreto, evitando un vero dibattito parlamentare. Una forzatura che molti relatori hanno definito antitetica ai principi democratici e al ruolo del Parlamento.

Come ha ricordato la professoressa Roberta Calvano, la cosiddetta “urgenza” era in realtà nota da anni: i ritardi nei consolati, l’intasamento dei tribunali e il numero crescente di richieste da parte di oriundi italiani non erano eventi imprevedibili. La decretazione, quindi, è stata un espediente politico per imporre un modello identitario senza confronto pubblico.

L’on. Stefano Vaccari, segretario di Presidenza della Camera, ha parlato di una “frattura storica e giuridica” con l’Italia dell’emigrazione. Il nuovo impianto normativo introduce per la prima volta una limitazione netta alla trasmissione della cittadinanza per via ereditaria (fino alla seconda generazione), introduce criteri territoriali rigidi e, soprattutto, applica tali modifiche retroattivamente.

Questa retroattività colpisce direttamente chi ha già fatto domanda o ha pratiche in corso, creando un effetto discriminatorio e ingiusto. L’assenza di clausole di salvaguardia è stata indicata come uno degli elementi più gravi e irresponsabili della riforma. Chi ha presentato domanda prima del 27 marzo 2025 si trova in una condizione, chi l’ha fatto dopo il 28 marzo in un’altra, senza alcuna transizione o tutela, in pieno contrasto con i principi dello Stato di diritto.

 “La legge 74/2025 è una forma di diseredazione giuridica di massa,” ha affermato il prof. Giovanni Bonato. Il provvedimento colpisce in particolare le comunità italo-discendenti in America Latina, soprattutto in Brasile e Argentina, dove vive la parte più consistente della diaspora italiana. Per queste comunità, la cittadinanza non è solo uno status giuridico, ma un simbolo di identità, legame culturale e affettivo con l’Italia.

Secondo l’on. Fabio Porta, la nuova legge è l’espressione di un “sovranismo identitario chiuso” che rinnega la pluralità e la profondità dell’identità italiana nel mondo. Porta ha ricordato l’incoerenza del governo, che solo un anno fa – attraverso il MAECI – aveva lanciato il “2024 Anno del Turismo delle Radici”, incoraggiando gli oriundi a riscoprire le proprie origini italiane. Oggi, quegli stessi oriundi vengono trattati come stranieri di serie B.

Gli aspetti giuridici più critici sono stati illustrati dal prof. Alessandro Brutti e dall’avv. Marco Mellone. Secondo Brutti, la nuova normativa viola diversi principi costituzionali: il legittimo affidamento, la proporzionalità, la parità tra cittadini, l’articolo 22 della Costituzione che vieta la privazione della cittadinanza per motivi politici o arbitrari.

Brutti ha denunciato la pericolosa trasformazione della cittadinanza da diritto originario a concessione discrezionale, vincolata a elementi territoriali e arbitrari. Il rischio, secondo il giurista, è quello di un’ondata di ricorsi sia nei tribunali italiani che presso le corti europee.

Il prof. Giacomo De Federico ha infatti citato precedenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che potrebbero rendere la legge italiana oggetto di censura. In particolare, la possibilità di revoca della cittadinanza per chi detiene doppia cittadinanza – in assenza di una valutazione individuale – contrasta con il diritto comunitario. Potrebbero seguire ricorsi per danni morali e discriminazione da parte di cittadini italo-discendenti esclusi arbitrariamente.

Il convegno ha rappresentato anche un momento di riflessione identitaria. Il prof. Alfonso Celotto ha messo in luce il paradosso di un’Italia che da un lato non riconosce facilmente la cittadinanza a chi vive e lavora in Italia (immigrati), e dall’altro la sottrae a chi ha radici italiane ma è nato altrove. “La cittadinanza è appartenenza, non solo presenza,” ha detto Celotto. “Ma oggi si nega in entrambe le direzioni, in una chiusura identitaria miope e autolesionista.”

Il prof. Nicola Carducci ha sottolineato come la nuova legge contraddica lo spirito dell’articolo 35 della Costituzione, che tutela i lavoratori italiani all’estero, e disconosca le sentenze storiche della Corte Costituzionale che riconoscono l’oriundo come pienamente italiano. L’Italia si isola, rinnega la sua storia migratoria, e rischia di diventare una nazione chiusa e autoreferenziale.

Oltre ai diritti individuali, il DL 36/2025 mina il soft power dell’Italia. Come ha evidenziato l’on. Christian Di Sanzo, i milioni di italo-discendenti nel mondo sono ambasciatori spontanei della cultura italiana. Limitare il riconoscimento giuridico del loro legame con l’Italia significa indebolire una delle reti più preziose di influenza internazionale, culturale ed economica.

“Questo non è solo un attacco ai diritti,” ha affermato Di Sanzo, “è un colpo al cuore dell’Italia che ha costruito ponti nel mondo e ora vuole alzare muri.”

La moderatrice Claudia Antonini, vicepresidente di Natitaliani, ha chiuso il convegno con parole ferme: “Questa è una legge della vergogna. Ma la battaglia è appena iniziata.” Ha annunciato l’impegno dell’associazione per promuovere ricorsi, mobilitazione internazionale e iniziative culturali per difendere i diritti degli italiani all’estero.

In gioco, hanno convenuto tutti i presenti, non c’è solo una questione giuridica. In gioco c’è l’anima stessa dell’Italia: un Paese che ha sempre vissuto tra dentro e fuori, tra emigrazione e ritorno, tra appartenenza e dispersione. La legge 74/2025 rompe questo equilibrio. Resta ora da vedere se la Corte Costituzionale, attesa il prossimo 24 giugno, saprà ripristinarlo.