Nella foto: Friedrich Merz, CDU/CSU, Lars Klingbeil , SPD, Jens Spahn, CDU/CSU. Foto di : ©DBT, fotografo: Thomas Imo / photothek

Il governo tedesco tra promesse mancate e riforme controverse

Non è stato un inizio facile per la coalizione nero-rossa al governo. Prima ha promesso, poi ha fatto marcia indietro in silenzio. La riduzione della tassa sull’energia elettrica per le famiglie – annunciata come un sollievo urgente – non ci sarà, almeno per ora. E i cittadini, già provati dall’aumento dei prezzi, si sentono traditi.

A difendere la scelta è stato Thorsten Frei (CDU), uno dei più stretti collaboratori di Friedrich Merz, che ai microfoni di WELT TV ha parlato di „responsabilità finanziaria“. In sostanza: sarebbe stato bello ridurre la tassa, ma le casse pubbliche non lo permettono. I costi della crisi pesano, e le promesse elettorali si scontrano con i limiti del bilancio.

La conseguenza? Niente sconto in bolletta per i privati. Un single avrebbe risparmiato circa 40 euro all’anno, una famiglia di quattro persone quasi 100. Ma dal 1° gennaio 2026, la riduzione prevista riguarderà solo alcune aziende del settore produttivo. Le famiglie restano fuori.

Frei ha assicurato che il governo continuerà a cercare “altre forme di sollievo”. Ma intanto la delusione resta, e l’accusa di aver infranto la prima promessa fiscale pesa come un macigno.

Anche sul fronte delle pensioni la tensione è alta. Il disegno di legge presentato dalla ministra del Lavoro Bärbel Bas (SPD) ha scatenato un coro di critiche da tutte le direzioni.

Il piano prevede di mantenere il livello delle pensioni al 48% del reddito medio almeno fino al 2031, facilitare il ritorno al lavoro dopo il pensionamento, estendere la cosiddetta “pensione per le madri” e introdurre nuove misure come la “rente attiva” e il “conto pensione per i bambini”.

Ma i costi preoccupano: si parla di oltre 11 miliardi di euro annui già dal 2031. I datori di lavoro lanciano l’allarme sui rischi per la sostenibilità del sistema, mentre la FDP definisce il pacchetto “un regalo costoso” a scapito delle generazioni future. All’estremo opposto, la sinistra – da Ines Schwerdtner a Sahra Wagenknecht – accusa il governo di perpetuare la povertà in vecchiaia con un livello pensionistico insufficiente.

Bas, però, non arretra: “È solo il primo pacchetto. Altri seguiranno”. L’idea è quella di rafforzare anche le pensioni aziendali e introdurre un conto risparmio per ogni minore che potrà essere alimentato nel tempo. Il tutto, in linea con il contratto di coalizione, ma ancora lontano da un consenso chiaro.

Intanto, sul fronte estero, il ministro degli Esteri Johann Wadephul ha annunciato la fine del sostegno finanziario del suo ministero alla ricerca e salvataggio in mare. Una scelta che rompe con la linea seguita sotto la guida dei Verdi e che ha già provocato indignazione tra le ONG.

Organizzazioni come SOS Humanity e Sea-Eye parlano di “scelta cinica”, mentre ricordano che solo grazie ai soccorsi civili sono state salvate oltre 175.000 persone dal 2015. Ma Wadephul difende la decisione: “Il nostro compito non è finanziare le operazioni di salvataggio, ma intervenire nei luoghi dove nasce l’emergenza”. Il focus, dice, deve spostarsi su Sudan, Sud Sudan e altri scenari di crisi.

Per cercare di rilanciare l’economia, il Bundestag ha approvato un pacchetto di incentivi fiscali da miliardi di euro. Le aziende potranno ammortizzare più rapidamente l’acquisto di macchinari, godere di uno sconto maggiore per l’acquisto di auto elettriche e accedere a fondi più ampi per ricerca e sviluppo.

Dal 2028 è anche prevista una riduzione graduale dell’imposta sulle società: dal 15% al 10% entro il 2032. Ma non mancano le critiche. I Verdi e la Linke temono che i vantaggi fiscali finiscano nelle tasche degli azionisti, senza stimolare davvero nuovi investimenti. Anche le incertezze globali e le tensioni commerciali, osservano, restano un freno importante.

L’approvazione del Bundesrat, attesa per l’11 luglio, appare comunque probabile. Il compromesso raggiunto tra Stato e Länder garantisce un risarcimento per le perdite fiscali subite da comuni e regioni.

La Germania si trova in un momento cruciale, ma il governo sembra rispondere con una strategia a breve termine, fatta di slogan, mezze riforme e annunci che poi vengono smentiti nei fatti. La mancata riduzione della tassa sull’energia per le famiglie è solo l’ultima di una serie di promesse non mantenute, che minano la credibilità dell’esecutivo.

Le misure sulle pensioni appaiono più come un’operazione di facciata che un vero intervento strutturale. E il taglio ai fondi per le missioni umanitarie nel Mediterraneo rivela un cambio di rotta politico che strizza l’occhio a una parte dell’elettorato, ma lascia sul campo le vite delle persone più vulnerabili.

Mentre si parla di “responsabilità finanziaria”, le scelte fatte sembrano rispondere più a calcoli politici che a una visione di lungo periodo. I cittadini percepiscono sempre di più un distacco tra ciò che viene promesso in campagna elettorale e ciò che accade una volta arrivati al governo. In un clima di crescente sfiducia, il rischio non è solo il malcontento: è che intere fasce della popolazione smettano di credere nella politica come strumento di cambiamento.

E in un Paese che si vanta di essere un modello di stabilità e razionalità, questa perdita di fiducia potrebbe essere la crisi più profonda di tutte.