Niente mensa per gli immigrati
Da qualche tempo la cittadina di Adro è balzata ai disonori della cronaca nazionale per vicende inquietanti. Mesi fa esplose la questione delle mensa scolastica: ai bambini le cui famiglie erano in ritardo col pagamento delle rette fu negato da un giorno all’altro il diritto di ricevere il pranzo insieme con gli altri scolari. Guarda caso quei bambini erano figli di extracomunitari, i cui genitori evidentemente non avevano soldi sufficienti per pagare il contributo dovuto. Ora, sul piano strettamente formale può darsi che l’amministrazione comunale abbia agito in modo ineccepibile; ma era proprio il caso di umiliare in quel modo, per una somma di pochi spiccioli, quei poveri bambini costretti a restare a digiuno fuori dalla mensa in attesa che gli altri consumassero il pasto? Suvvia, è una cosa disumana. Il sindaco leghista di Adro, tale Oscar Lancini, forte del 60% che la Lega ha ottenuto alle elezioni, ha preferito la via dell’apartheid alla soluzione morbida e indolore di una deroga che certo non avrebbe mandato in rovina le casse del comune. E in compenso avrebbe preservato la dignità di quei bambini che fino a prova contraria non hanno nessuna colpa se non quella di essere figli di genitori immigrati e con scarsi mezzi economici.

Il polo scolastico “Gianfranco Miglio”
In tempi più recenti si è tornati a parlare di Adro sui giornali e in tv, di nuovo per una faccenda di tipo scolastico. Lo scorso settembre è stata inaugurata un nuovo istituto, un edificio moderno e all’avanguardia per le tecniche edilizie impiegate nella costruzione, un complesso con aule spaziose, aree verdi, spazi per le attività sportive. Il primo fattore di inquietudine è dovuto all’intestazione di questa nuova scuola: il Polo scolastico di Adro è stato intestato infatti a Gianfranco Miglio, un illustre politologo, professore di dottrine politiche all’Università Cattolica di Milano, deceduto una decina d’anni orsono. Sul valore scientifico degli scritti e delle teorie di Miglio non c’è nulla da ridire. Però la tradizione vuole che le scuole elementari vengano dedicate a personaggi celebri della storia politica e culturale della nazione, o a qualche gloria locale. Cosa c’entra il comasco Miglio con Adro? Dubito che il sindaco Lancini (titolo di studio: terza media) abbia letto i suoi libri. Il vero ed unico “merito” di Gianfranco Miglio è di aver aderito ad un certo punto della sua vita alla Lega Nord di Bossi fino al punto di esserne stato considerato addirittura l’ideologo. Si dedica la scuola del paese ad una figura ritenuta evidentemente rappresentativa del pensiero politico dominante, in attesa magari di dedicarla in un prossimo futuro a Umberto Bossi in persona.

Una scuola targata Lega
Ma l’aspetto più clamoroso del Polo scolastico Gianfranco Miglio di Adro è la decorazione onnipresente del cosiddetto “Sole delle Alpi”, uno dei simboli ufficiali (accanto al Carroccio e a alla sagoma di Alberto da Giussano) della Lega Nord. L’hanno messo dappertutto. Uno gigantesco sul tetto, un altro sul pavimento dell’ingresso, e poi ovunque sui banchi, sulla lavagne, sulle cattedre, sui muri. Insomma hanno bollato una scuola pubblica con il logo di una forza politica. Hanno pensato che il 60% dei voti ricevuti li autorizzasse a trasformare uno spazio “comune” in un’area di propaganda partitica.
Ora, proviamo ad immaginare cosa succederebbe se tutti ragionassero come l’ineffabile Oscar Lancini da Adro e i suoi seguaci leghisti del tutto privi del senso delle istituzioni e dello stato. Immaginiamo che per esempio a Livorno, città dove la sinistra ottiene dal dopoguerra ad oggi maggioranze amplissime, facessero decorare le scuole pubbliche col simbolo della falce e martello. O che a Latina un sindaco che coltiva nostalgie mussoliniane decidesse di decorare la scuola comunale con fasci littori e busti del duce. Che succederebbe? Ci sarebbe un putiferio indescrivibile, si scatenerebbero polemiche senza fine, manifestazioni di piazza. Soprattutto ci sarebbe l’intervento immediato del prefetto che farebbe rimuovere i simboli di partito restituendo la necessaria neutralità alle scuole e ai suoi utenti. Nel caso di Adro invece la reazione è stata a dir poco blanda. Il ministro della Pubblica Istruzione Gelmini ha minimizzato, il prefetto non si è mosso, l’opposizione ha sussurrato qualche parola di protesta, il premier non ha avuto niente da obiettare. Il presidente della Repubblica ha invitato ad abbassare i toni. Qualcuno ha fatto notare che la rimozione dei simboli leghisti costerebbe un sacco di soldi per cui a questo punto è meglio lasciarli dove sono.
È questa l’Italia di oggi? Abbiamo dimenticato che la scuola è di tutti, che a scuola si va per imparare il pluralismo delle idee e delle opinioni, che nessun partito politico ha il diritto di appiccicare i propri simboli con l’evidente proposito di plagiare i ragazzi? Come è possibile che questo ennesimo e inaudito atto di provocazione sia passato tanto facilmente? La verità è che il virus della xenofobia, del particolarismo e dell’intolleranza, inoculato fin dal suo apparire dalla Lega Nord di Bossi nella società italiana, si è propagato e rafforzato in una misura tale per cui forse non c’è più nessun vaccino utile per la guarigione. Il sindaco di Adro, un’autorità amministrativa di un comune italiano, prima si è difeso dicendo che il “Sole delle Alpi” non è un simbolo leghista, ma un antico simbolo della Padania.
Poi ha dichiarato che farà rimuovere i simboli dalla scuola solo se glielo
ordinerà la Lega Nord, in quanto lui «prende ordini solo e soltanto da
Umberto Bossi». È degno un uomo politico che ragiona in questo modo di
occupare la carica di sindaco di una città italiana?