La sua scomparsa nel giorno del Lunedì dell’Angelo è stata improvvisa seppur non inaspettata. Lo abbiamo visto a Pasqua dare la benedizione Urbi et orbi. Lo abbiamo visto provato ma lui non si è risparmiato, ha vissuto con pienezza anche i suoi ultimi deboli giorni dopo la lunga degenza in ospedale fra febbraio e marzo.
- Paola Colombo (Udep)
La tristezza per la sua morte si accompagna alla gratitudine per il suo operato, per il suo stile umile, coraggioso, fuori dagli schemi. Un papa vicino ai poveri, ai migranti, ai detenuti, un pastore vicino a tutte le esistenze fragili (quali non lo sono?): Chiesa, ospedale da campo; papa del dialogo interreligioso, della pace, del disarmo, dell’ecologia integrale, per la cura della casa comune. Papa del rinnovamento della Chiesa di cui il sinodo sulla sinodalità è il segno più tangibile, per una Chiesa in uscita, Chiesa dell’accoglienza, aperta per tutte e tutti.

Molti sono i suoi gesti, le sue azioni che hanno portato uno stile nuovo, un modo di essere Papa, che rinuncia alla sovranità per farsi fratello. Abbiamo visto le foto delle sue scarpe nella bara, le sue scarpe nere, ortopediche, segnate, usate. Lungi dall’essere un particolare macabro o voyeuristico sono il segno di un Papa che è andato fuori nel mondo a incontrare uomini e donne, che ha lavato i piedi ai detenuti. Anche per chi non crede questi sono testimonianze potenti della carità che esiste, che unisce, della speranza da coltivare e vivere insieme.
Molti sono i suoi testi che hanno portato a cambiamenti, un rinnovamento nel solco della tradizione della Chiesa, raccogliendo il grande lascito del Concilio Vaticano II. Come non allora citare la prima esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium, la sua „magna carta“, e poi quella uscita dal sinodo sulle famiglie Amoris laetitia. La scelta delle parole è significativa: gaudium, laetitia, gioia appunto. Ma anche la gioia che si unisce alla lode a Dio nella enciclica Laudato si‘ sulla cura del creato, casa comune della famiglia umana (Fratelli tutti, appunto), e nell’esortazione Laudate Deum. Una lode a Dio che ci ama come è nell’ultima enciclica Dilexit nos.
Nello scandalo degli abusi sessuali e di potere che ha scosso la Chiesa negli ultimi 15 anni, papa Francesco fece appello a tutto il popolo di Dio per il rinnovamento, per la conversione spirituale della Chiesa, indicando nel clericalismo un male che distoglie la Chiesa dalla sua missione, portare il messaggio di salvezza. Da quella lettera al popolo di Dio dell’agosto 2018 nacque l’idea di un sinodo sulla sinodalità (2021 – 2024), un processo di rinnovamento della Chiesa dal suo interno, a partire dal basso, dalle comunità ecclesiali, un processo per portare a uno stile sinodale nella Chiesa. Un processo in atto, non concluso. Lo stile sinodale peraltro non è un’invenzione di papa Francesco, ma è insita nell’essere stesso di Chiesa, ecclesia, fin dal prime comunità cristiane (Ci siamo occupati molto di questo, p.e. con l‘intervista al prete domenicano francese Hervé Legrand).
Ebbene, in questi giorni di lutto e in cui si scrive molto, giustamente, è passato in secondo piano il tema della sinodalità, avviato con un sinodo impegnativo, articolato in diverse fasi. Nel processo sinodale si è incontrata, parlata e ascoltata la Chiesa di tutto il mondo. Di questo si è detto troppo poco. Si è letto che papa Francesco ha diviso la Chiesa. Quello che ha fatto invece è far parlare la Chiesa e ascoltarla, nella dinamica sinodale di parola e ascolto (conversazione spirituale), a partire dalle comunità ecclesiali di base, mentre il sinodo dei vescovi (ottobre 2023 e ottobre 2024), composto anche da non vescovi, ha discusso di tutto questo, lo ha elaborato trovando la sintesi in un documento che è un impegno per tutta la Chiesa, universale, cioè per tutte le chiese locali.
Un sinodo che tiene conto delle diversità ma che ha nella figura del Papa il garante dell’unità della Chiesa: comunione, partecipazione e missione. Papa Francesco, lo scorso ottobre, a chiusura della celebrazione del sinodo, prese il documento finale e fece pubblicare senza un suo intervento aggiuntivo o di revisione. Questo è esempio di sinodalità. Su questioni importanti, diaconato per le donne, celibato dei preti e altro ancora, papa Francesco non si è definitivamente espresso, né ha imposto soluzioni di magistero. Alcuni gruppi di lavoro stanno valutando queste questioni dal punto di vista teologico e pastorale.
Francesco è stato un Papa che cercava, che ha posto domande, e anche per questo è molto amato e apprezzato come autorità morale anche dai non cattolici. Ha celebrato la Pasqua, festa della vita, oggi troppo spesso calpestata e vilipesa, e se n’e andato nei giorni del mistero pasquale.

Alcuni articoli su papa Francesco pubblicati su questo sito:
Alcuni articoli su papa Francesco pubblicati su questo sito:
In ricordo di lui | Delegazione-mci
Omelia del cardinale Re nella messa esequiale per papa Francesco | Delegazione-mci
Francesco – La teologia di Francesco e il suo stile di audacia e di immaginazione | Delegazione-mci
Francesco – Le donne. Una Chiesa femmina non solo nell’amore di Maria | Delegazione-mci
Dodici anni dopo | Delegazione-mci
L’autobiografia di papa Francesco: Life. La mia storia nella Storia | Delegazione-mci
Laudate Deum – Esortazione apostolica di papa Francesco | Delegazione-mci
Il nuovo che sta portando papa Francesco – 10 anni di pontificato | Delegazione-mci
L’Enciclica „Dilexit nos“ | Delegazione-mci
Campagna di sostegno dalla Spagna: “Io sto con Francesco” | Delegazione-mci
Perché il papa ha dedicato il 2021 a San Giuseppe | Delegazione-mci
Ma che cos’è questo sinodo? | Delegazione-mci
Breve rassegna stampa:
da Migrantes online, mons. Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes:
“Fino all’ultimo giorno della sua vita – ha dichiarato il presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione episcopale per le migrazioni (CEMi), S.E. mons. Gian Carlo Perego – papa Francesco ha avuto nel suo cuore e nella sua mente il ricordo dei migranti. Da figlio di emigranti ha compreso nella sua vita cosa significa lasciare tutto e partire, soprattutto se costretti dalla fame, dalle guerre e dalle persecuzioni. Il suo impegno e il suo magistero per la tutela della dignità dei migranti ci accompagneranno nel lavoro quotidiano”.
Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana: „Per tutti misericordia e indulgenza, quella chiave che sempre lo ha accompagnato in tutti gli anni del suo ministero. Quel tutti che papa Francesco ha insegnato e ha vissuto, potremmo dire, fisicamente fino alla fine“.
Il vescovo di Georg Bätzing, presidente della conferenza episcopale tedesca: „Papa Francesco ha posto forti accenti nella Chiesa e ha aperto nuovi modi di essere insieme. Le sue encicliche e lettere apostoliche, soprattutto dopo i coraggiosi e innovativi sinodi dei vescovi a Roma sui temi della famiglia, dei giovani e della regione amazzonica, continueranno a essere la nostra missione e il nostro impegno. Il cammino di una Chiesa sinodale da lui avviato è e rimarrà irreversibile con le due Assemblee generali del Sinodo mondiale del 2023 e del 2024. In quest’ora di lutto e di addio, siamo grati per un Papa esempio di una fede viva e ha trasmesso una nuova consapevolezza della misericordia – anche nella Chiesa. Papa Francesco è stato un costruttore di ponti che ha unito le persone.
Con gratitudine, salutiamo Papa Francesco, amico della gente e pescatore di uomini”.
Antonio Spadaro, teologo gesuita, su Repubblica mette in evidenza la missione si papa Francesco sotto il segno di Ignazio di Loyola: „Il gesuita sa che il suo compito non è quello di pascolare il gregge, tosare le pecore e pettinarle, ma quello di andare alla ricerca della pecorella perduta. Con la realistica precisazione bergogliana che ormai nel recinto c’è rimasta una pecora m, mentre sembra che le altre novantanove se ne sono uscite. La sua è sempre stata una chiesa in uscita. Per questo ha predicato una Chiesa inclusiva: per questo si è estroflesso comunicativamente con i giornalisti di testate laiche più che con quelle religiose“.
Vito Mancuso, teologo, su La Stampa: „Papa Francesco non è stato un filosofo, neppure un teologo, ma un profeta e penso che con il suo volersi mostrare in carrozzella con il poncho argentino dei campesinos qualche giorno prima abbia voluto dare questo messaggio: eccomi qui, uomo come voi… è morto il Lunedì dell’angelo, e il termine „angelo“ nel greco da cui proviene significa messaggero. Il messaggio da lui portato al mondo si può condensare a mio avviso in una sola parola: misericordia“.
Don Luigi Ciotti su La Stampa: „Il suo messaggio si è sempre espresso in queste due forme: vicinanza a chi soffre e denuncia di ciò che causa la sofferenza. E una grande spinta a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per cambiare le cose(…). Ma suscita invece dolore constatare che alcuni di coloro che lo celebrano in morte, non hanno mai raccolto le sue raccomandazioni da vivo!“.