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Reintrodotta la visita di leva. Preparazione alla guerra nelle scuole tedesche

Il primo pensiero è brutale, disarticolato e forse anche sguaiato: ma questi stanno impazzendo?
Scusate tanto, ma cos’altro ci si può chiedere di fronte alla notizia che il Ministro dell’Interno tedesco Dobrindt ha proposto ai singoli Länder di “integrare il tema della preparazione alle crisi nella vita scolastica quotidiana”, preparando così gli studenti anche a una possibile guerra?

Questa linea di discorso è in sintonia con i toni oscillanti tra spavalderia e allarmismo già sentiti dal Ministro della Difesa Pistorius: “Non siamo in guerra, ma non siamo più in completa pace. Siamo sotto attacco. Anche con la disinformazione”.

Sotto attacco anche con i droni sugli aeroporti, la cui provenienza non è stata chiarita né dall’esercito tedesco né dai servizi segreti? Alla faccia dell’efficienza…
Sotto attacco con campagne di disinformazione? Senti chi parla…

Finora, a noi, ci è stata passata un’unica informazione ed è quella che la Germania debba sostenere l’Ucraina. Costi quel che costi. Il perché di questa fratellanza non è del tutto chiaro, dato che non si tratta di un Paese membro dell’Unione Europea, non appartiene alla Nato ed è stato per decenni legato mani e piedi all’Unione Sovietica.

E il cancelliere Merz? Il cancelliere introduce l’obbligo della visita militare per i giovani tedeschi. Si tratta di essere pronti a chiamare al fronte tutti i giovani abili al servizio armato.

Al fronte? Ma quale fronte? Quello che ci stanno suggerendo, insinuando che un attacco militare della Russia è tanto probabile quanto reale.

Ed eccoci allo strumento più antico della politica: la paura.

Infatti, come ti viene in mente di lamentarti che in Germania devi attendere cinque mesi per una tomografia? Come ti viene in mente di lamentarti delle pensioni minime che non bastano per vivere dignitosamente? Come osi protestare contro la povertà infantile, che in Germania è una realtà statistica vergognosa? Come ti viene in mente, se di notte hai paura che i russi con il colbacco ti sfondino la porta e ti violentino la moglie?

La paura fa comodo a chi vuole evitare domande scomode.

E torniamo alla distorsione dell’informazione. Ma i tedeschi hanno dimenticato che proprio i russi hanno regalato alla Germania la metà della Germania? Ma i tedeschi hanno dimenticato che Gorbatschov era la superstar degli anni Novanta?

E che cosa credevano, nel frattempo? Credevano che il terremoto del crollo dell’Unione sovietica non comportasse scosse di assestamento?

Che il crollo dell’Unione sovietica comportasse solo benefici e vantaggi?  

È dalla Prima guerra mondiale che Il mondo occidentale ha dovuto imparare a convivere con l’orso sovietico munito di artigli e denti affilati. Ogni tanto ci siamo sparati addosso per interposta persona come in Corea, in Vietnam ma poi alla fine si è giunti sempre a una comune conclusione: la guerra non è un’opzione.

Anche perché in guerra ci saranno pure i buoni e i cattivi, ma le cattiverie le fanno tutti. Ancora oggi non è chiaro cosa sia successo nel 2014 quando gli ucraini hanno brutalmente represso il separatismo nel Donbass e quarantadue separatisti furono bruciati vivi, non si sa ancora da chi, ma non sono stati certo i russi ad accendere il fiammifero. 

È, pertanto, da oltre un decennio che parecchi vedono negato a questa regione il diritto dell’autodeterminazione.

L’invasione dell’Ucraina è certamente una grande schifezza. Ma è anche il frutto di spudorati interessi. Vladimir Putin un cinico brutale? Ma lo era anche quando ci vendeva gas a buon mercato mentre faceva mettere il veleno nelle mutande dei suoi oppositori (e questa non è una metafora. È capitato realmente a quel poveretto di Navalny).

È ora tutto a un tratto si sveglia la coscienza della moralità? Ora sorge il problema dell’integrità del sacro suolo ucraino, della Patria e della bandiera? Lo ha detto Papa Francesco: bisogna avere il coraggio di alzare bandiera bianca! E gli ucraini lo possono fare con dignità e onore. Hanno resistito. Godono della simpatia del mondo intero. Possono contare su una ricostruzione florida, sempre che riescano a tenere a bada i loro corrotti e tendenze neofasciste mai domate.   

Mai vista tanta ipocrisia.

La guerra, infatti, serve anche per arricchirsi. Non necessariamente per comprare la tazza del cesso in oro massiccio ma è fuori discussione che intere branche stiano accumulando miliardi giacché, per dirla con Alberto Sordi, “Finché c’è guerra, c’è speranza”.

E, ripeto, l’aspetto morale? L’Unione Europea ha guardato alla televisione come venivano seppelliti vivi sotto le macerie decine di migliaia di bambini palestinesi. E l’unico strumento che ha usato è stato il telecomando per cambiare canale.

E poi, un ultimo terribile dubbio di fronte al fascino tedesco verso carrarmati e fucili d’assalto: ma vuoi vedere che il militarismo in Germania non è mai finito e che il pensiero di costruire in massa panzer e bombe, sotto, sotto corrisponde a una nostalgia tutta tedesca?

Il Cancelliere Kohl si dovette spolmonare per calmare i timori europei quando si riunificò “La Krande Cermania”.

Il dilemma della leadership militare e il ricordo della guerra

Il Cancelliere Schmidt, che aveva vissuto in prima persona l’orrore della guerra come ufficiale della Wehrmacht, metteva in guardia contro la leggerezza con cui alcuni politici contemporanei affrontano il tema dei conflitti armati. Secondo Schmidt, «gente che non ha vissuto la guerra ma che la provoca non sa di mettere in atto qualcosa di terribile». Proprio per questo motivo sosteneva con forza che fosse preferibile impegnarsi in «mille ore di trattative senza frutto che un solo minuto passato sparandoci addosso». Queste parole non rappresentano solo la saggezza di chi conosce direttamente le conseguenze della guerra, ma sono anche un monito contro l’ingenuità di chi, non avendo memoria storica o esperienza diretta, rischia di sottovalutare la drammaticità delle scelte militari.

Eppure, oggi, in un clima internazionale nuovamente segnato da tensioni crescenti, si assiste al riemergere di discorsi che propongono la Germania come guida militare dell’Unione Europea. Il Cancelliere Merz sembra ipotizzare un esercito tedesco alla guida e alla difesa dell’Europa, evocando così non solo la necessità di protezione, ma anche la volontà di «guidare—führen” il continente.

Questo scenario solleva inevitabilmente interrogativi e preoccupazioni, considerando la storia recente e il peso simbolico di una Germania che torna a proporsi come riferimento armato in Europa.

Non sembra bastare, infatti, che la Germania contribuisca già con il cinque per cento del proprio PIL alla NATO, un’alleanza che ha continuato a esistere anche dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia. La prospettiva di una Germania protagonista nella difesa europea riporta alla mente non solo vecchi timori, ma anche antichi dibattiti sulla legittimità e sulle conseguenze di una leadership militare tedesca in un’Europa ancora segnata dalle cicatrici del Novecento.

L’impatto della leva obbligatoria sulla gioventù tedesca

Attenzione però! Il Cancelliere non ha fatto i conti con la gioventù tedesca, che si è già mobilitata manifestando per le strade contro l’introduzione dell’obbligo di leva. Questo fermento sociale evidenzia come la decisione di reintrodurre la leva non venga accettata passivamente, ma susciti invece una reazione critica e attiva da parte delle nuove generazioni.

Per incentivare l’arruolamento volontario, le autorità tedesche offrono uno stipendio sicuro a tutti coloro che decidono di entrare nell’esercito. Tuttavia, questa misura non produce una partecipazione uniforme tra i giovani, ma rischia di coinvolgere principalmente gli appartenenti agli strati più bassi della società. In questo modo, la leva rischia di diventare uno strumento che attira chi cerca una sistemazione economica sicura, accentuando disparità e tensioni sociali all’interno del Paese.

Ma, evidentemente, la gioventù tedesca non è disposta a farsi comprare e, no, la domanda non è sguaiata: ma questi stanno impazzendo?

E vuoi vedere che ci tocca andare in cantina per togliere il vecchio Parker e i jeans dalla naftalina? E ci tocca scendere nuovamente in piazza come negli anni Ottanta e ricominciare nuovamente a gridare: Mai più la guerra, Nie wieder Krieg? La guerra è orrore e ce lo dobbiamo ancora dire? Chi lo avrebbe mai pensato.