Nella foto: Antonio Pacifico. Foto ©privat

Antonio Pacifico, imprenditore di successo con un cuore radicato nei valori della famiglia, della comunità e della fede, racconta nel suo libro „Io sono Tonino“ la sua infanzia difficile, l’esperienza di vita tra Italia e Germania e il percorso che l’ha portato a trasformare le cicatrici in forza, resilienza e speranza per gli altri.

Antonio, nel suo libro “io sono Tonino” racconta un’infanzia difficile, segnata dall’abbandono. Qual è il ricordo che più di tutti l’ha segnata e che ancora oggi porta con sé?

Il ricordo che più mi ha segnato è stato il periodo trascorso in collegio. È stato un anno davvero difficile, pieno di paura e sensazioni di abbandono che hanno lasciato un’impronta profonda dentro di me. Quel tempo mi ha fatto sentire solo e spaesato, ma allo stesso tempo ha rappresentato un momento di grande crescita interiore. Ancora oggi porto con me le emozioni di quel periodo, ma le guardo con una prospettiva diversa, cercando di trasformare quelle esperienze dolorose in qualcosa di positivo. Il collegio è stato un luogo dove ho imparato a contare su me stesso, a essere forte nonostante la fragilità che sentivo. È un ricordo che mi ha insegnato la resilienza e mi ha fatto capire l’importanza di non arrendersi mai.

Lei ha vissuto parte della sua infanzia a Wuppertal, in Germania: che cosa ha significato crescere in un contesto diverso da quello delle sue radici italiane?

Crescere in Germania, a Wuppertal, è stata un’esperienza molto particolare e formativa. Mi ha fatto sentire diverso, come se fossi sospeso tra due mondi: quello italiano delle mie origini e quello tedesco della mia vita quotidiana. Non avevo radici stabili in Italia e questo ha influenzato la mia vita in modo significativo. La Germania mi ha insegnato la disciplina e l’organizzazione tipiche della cultura tedesca, ma allo stesso tempo mi ha fatto capire cosa vuol dire sentirsi un po‘ estraneo in un luogo. È stata una sorta di scuola di vita che mi ha aiutato a capire meglio chi sono e cosa voglio. Vivere in un contesto diverso mi ha aperto gli occhi su culture e modi di pensare differenti, arricchendo la mia prospettiva sul mondo.

Se oggi potesse rivolgersi al “Tonino bambino”, che parole userebbe per incoraggiarlo?

Se oggi potessi parlare a Tonino bambino, gli direi di avere fiducia, molta fiducia. Gli direi che il dolore che sta provando passerà, che il tempo è un grande guaritore e che c’è un futuro migliore che lo aspetta. Gli direi di non arrendersi, di tenere duro e di credere in se stesso perché dentro di lui c’è una forza incredibile, una luce che può illuminare la sua strada anche nei momenti più bui. E gli direi di non avere paura di sognare, perché i sogni sono il motore della vita. Gli direi che le difficoltà sono parte del percorso, ma che ogni ostacolo può diventare un’opportunità di crescita. Gli direi di essere forte, di amare se stesso e di avere fede nel cammino che sta facendo.

Guardando indietro, quali sono i valori che hanno forgiato il suo carattere e che l’hanno accompagnata lungo il percorso della vita?

Guardando indietro, posso dire che i valori chiave che hanno forgiato il mio carattere sono stati la fede in Dio, la perseveranza e l’educazione che ho ricevuto dalla mia famiglia. La fede mi ha dato una bussola interiore, una direzione da seguire nei momenti difficili. La perseveranza mi ha insegnato a non arrendermi mai, a continuare a lottare anche quando le cose sembravano impossibili. E l’educazione familiare mi ha trasmesso valori importanti come l’onestà, la gratitudine e il rispetto per gli altri. Questi valori sono stati il fondamento su cui ho costruito la mia vita, aiutandomi a prendere decisioni e a affrontare le sfide con integrità e determinazione.

Copertina del libro

Crede che siano state più le difficoltà o le opportunità a renderla l’uomo che è oggi?

Sono convinto che siano state le difficoltà al 100% a formare l’uomo che sono oggi. Le difficoltà mi hanno insegnato a essere forte, a reagire e a non arrendermi. Sono state come un fuoco che ha temprato il mio carattere, che mi ha reso più resiliente e capace di affrontare le sfide della vita. Le opportunità sono arrivate dopo, quando ero già pronto a coglierle, ma sono state le difficoltà a prepararmi per esse. Ogni ostacolo superato mi ha reso più consapevole delle mie capacità e più determinato a raggiungere i miei

Dopo un’importante esperienza come direttore alla Knipex, ha deciso di fondare una sua impresa nel settore automobilistico: cosa l’ha spinta a intraprendere questo passo?

Dopo 19 anni di aver realizzato i sogni per altri, di aver lavorato con grande impegno e dedizione per raggiungere obiettivi di aziende in cui credevo, era arrivato il momento di realizzare i miei sogni. Volevo creare qualcosa di mio, un’impresa che portasse il mio marchio e riflettesse la mia visione delle cose. Il settore automobilistico mi appassiona e ho visto un’opportunità di fare qualcosa di innovativo e utile. Così ho deciso di fondare la mia impresa, con l’idea di creare valore non solo per me stesso, ma anche per i clienti e per le persone che vi lavorano. È stata una scelta che ha richiesto coraggio e determinazione, ma che mi ha permesso di esprimere la mia creatività e di perseguire obiettivi personali. Oggi sono orgoglioso di ciò che ho costruito e di come questo abbia contribuito a dare forma al mio percorso professionale.

Qual è stato il momento più difficile che ha dovuto affrontare nella sua carriera e quale invece quello di maggiore soddisfazione?

Il momento più difficile è stato quando ho dovuto fare una formazione senza avere basi solide su cui appoggiarmi. È stato un periodo di grande incertezza e di sfida, dove ho dovuto imparare molto e mettere alla prova le mie capacità di adattamento. Mi sono trovato in una situazione dove dovevo crescere rapidamente e dove l’apprendimento continuo era fondamentale per superare gli ostacoli. La soddisfazione più grande è vedere ogni giorno il quadro più completo del mio lavoro, vedere come le cose che ho costruito e le decisioni che ho preso stanno dando risultati positivi. È gratificante vedere come il mio impegno e la mia passione stiano portando frutti, sia in termini professionali che personali. Ogni giorno mi dà nuove opportunità di vedere come il mio lavoro abbia un impatto e questo è estremamente motivante.

C’è un principio o un insegnamento che non ha mai tradito nelle sue scelte professionali?

Il mio principio è non danneggiare mai nessuno, fare sempre alla pari. Credo fermamente nell’importanza di trattare gli altri con rispetto e equità, sia nei rapporti di lavoro che nelle relazioni personali. Questo principio mi guida nelle mie decisioni e mi aiuta a mantenere un approccio etico nel mio agire professionale. Per me è fondamentale agire con integrità e onestà, cercando sempre di creare valore per tutti coloro che sono coinvolti nelle mie attività. Questo approccio mi ha aiutato a costruire relazioni solide e a mantenere una coerenza nei miei comportamenti professionali.

È conosciuto come un uomo generoso, che sostiene progetti di beneficenza. Da dove nasce questa spinta ad aiutare gli altri?

Nasce dagli insegnamenti della parola di Dio, amare il prossimo e capire che dare è più bello che ricevere. La mia fede mi ha insegnato l’importanza di essere generoso e di aiutare coloro che sono in difficoltà. Credo che la generosità sia una parte fondamentale della vita e che attraverso l’aiuto agli altri possiamo creare un mondo più solidale e più giusto. Per me, aiutare gli altri non è solo un dovere, ma è anche una grande fonte di gioia e di realizzazione personale. Vedo la beneficenza come un modo per esprimere gratitudine per ciò che ho ricevuto e per contribuire al benessere della comunità.

Pensa che il suo vissuto personale, fatto di ostacoli e rinascita, abbia alimentato questo desiderio di restituire qualcosa?

Sì, sicuramente gli ostacoli e il bisogno mi hanno fatto capire l’importanza di aiutare gli altri come avrei voluto essere aiutato io. Le difficoltà che ho vissuto mi hanno reso più sensibile alle esigenze degli altri e mi hanno insegnato a valorizzare il sostegno e la solidarietà che si può ricevere in momenti di bisogno. La mia esperienza personale mi ha fatto capire quanto sia importante poter contare sull’aiuto degli altri e questo mi ha spinto a voler essere una fonte di aiuto e di supporto per gli altri. Credo che condividere e restituire sia un modo per chiudere un cerchio positivo e per contribuire a creare un ambiente più accogliente e più umano.

Come vede oggi il ruolo degli italiani all’estero, rispetto a quando lei era bambino?

Oggi gli italiani in Germania accettano di più l’integrazione, si sono aperti maggiormente alla cultura locale e hanno trovato un equilibrio tra le loro radici italiane e la vita nel paese straniero. Quando ero bambino, c’era un forte desiderio di tornare in Italia, molti italiani all’estero guardavano al ritorno come un obiettivo importante. Era un periodo dove l’identità italiana era spesso vissuta con nostalgia e il legame con l’Italia era molto forte. Adesso vedo che c’è più apertura, gli italiani all’estero sono più propensi a costruire ponti tra le culture, a integrarsi e a vedere le opportunità che il vivere in un altro paese può offrire. Questo cambiamento riflette una maggiore apertura globale e una diversa percezione dell’identità che oggi è più fluida e multiculturale. Gli italiani all’estero oggi contribuiscono in modo significativo alle società in cui vivono, mantenendo un legame forte con le loro origini.

Quando ha capito che era arrivato il momento di raccontare la sua storia in un libro?

Dopo 22 anni di esperienze e dopo essere stato „all’università di Dio“ (deserto), ho sentito di dover raccontare le mie esperienze per aiutare altri. Quel periodo di riflessione e di crescita spirituale mi ha fatto capire che la mia storia poteva essere utile a qualcuno che stava attraversando difficoltà simili. Sentivo che c’era un messaggio da condividere, una testimonianza che poteva ispirare e portare speranza a chi si trova in momenti di sfida. Scrivere il libro è stato un modo per dare forma a ciò che avevo vissuto e per condividerlo con gli altri in maniera autentica. È stato un processo di condivisione e di introspezione che mi ha permesso di mettere nero su bianco le mie esperienze e di renderle accessibili a chi le vuole leggere.

Scrivere “io sono Tonino” è stato più un atto di liberazione personale o un dono per chi vive esperienze simili?

È stato al 100% un dono per chi vive esperienze simili, e questo ha portato anche una liberazione personale. Volevo condividere la mia storia per aiutare altri a capire che non sono soli nelle loro difficoltà, che ci sono percorsi di rinascita e di crescita anche nelle situazioni più complicate. Scrivendo il libro ho sentito di poter offrire qualcosa di prezioso a chi sta cercando risposte o ispirazione. Allo stesso tempo, il processo di scrittura è stato anche un percorso di liberazione per me, mi ha permesso di elaborare ulteriormente le mie esperienze e di trovare una forma di pace e di condivisione con gli altri. È stato un atto di generosità verso gli altri e verso me stesso.

Nel libro parla di “cicatrici luminose”: come è arrivato a trasformare il dolore in forza?

Le cicatrici vanno lavorate, non combattute. Sono una base per vincere e trovare forza. Credo che le ferite e le difficoltà, se elaborate e accettate, possano diventare fonte di crescita e di resilienza. Le „cicatrici luminose“ rappresentano per me il risultato di un processo di trasformazione dove il dolore è stato integrato e superato, diventando una parte di me che mi rende più forte. Non si tratta di dimenticare il dolore, ma di imparare da esso e di usarlo come una risorsa per andare avanti. Questo processo di trasformazione richiede consapevolezza, accettazione e la capacità di vedere oltre le difficoltà. Le cicatrici luminose sono un simbolo di come le esperienze dolorose possano illuminare il nostro cammino e renderci più capaci di affrontare le sfide future.

Se dovesse lasciare un messaggio ai giovani che oggi cercano di costruire la propria strada, quale sarebbe?

La vita è individuale, non copiare nessuno. Ascolta la voce della tua anima, ricorda i tuoi sogni e sii pronto a pagare il prezzo. Non esistono scale mobili, solo gradini che portano al successo. Direi ai giovani di essere autentici, di seguire la propria strada senza cercare di imitare gli altri. Ogni persona ha un percorso unico e la chiave è ascoltare se stessi e credere nei propri sogni. Costruire la propria strada richiede impegno, dedizione e la disponibilità a fare sacrifici. I risultati non arrivano facilmente, bisogna essere pronti a salire quei gradini, uno dopo l’altro, con determinazione e passione. E soprattutto, direi di avere fiducia in se stessi e di non aver paura di osare, perché è nel seguire la propria autenticità che si trovano le maggiori opportunità di realizzazione e di felicità.