6. Internationale Opernwerkstatt Waiblingen. Foto di ©Peter Oppenländer

La Germania rappresenta per molti musicisti lirici un punto di riferimento imprescindibile: tradizione, scuole d’eccellenza, teatri prestigiosi e un pubblico attento ne fanno un terreno fertile per chi sogna una carriera internazionale.

Questa intervista è stata realizzata durante la partecipazione di Taku Hayasaka all’Opernwerkstatt di Waiblingen, un laboratorio che unisce giovani talenti e professionisti del settore, offrendo l’occasione di esibirsi con orchestra e di stringere contatti preziosi. In questo dialogo esclusivo, Hayasaka racconta come il suo percorso artistico lo abbia portato dal Giappone alle città tedesche e austriache, soffermandosi sull’impatto che il mondo operistico germanico ha avuto sulla sua crescita personale e professionale.

Lei ha completato i suoi studi universitari in Giappone ma poi ha deciso di trasferirsi in Germania e Austria. Cosa l’ha spinta a compiere questo passo così importante?
Ho conseguito il bachelor in una città del sud del Giappone con un professore tedesco, concentrandomi sul repertorio tedesco. Già durante gli studi sentivo che per crescere avrei dovuto approfondire quella tradizione proprio nei Paesi di origine. Prima della pandemia il mio docente organizzò audizioni a Berlino, Monaco, Düsseldorf e Salisburgo; il Covid ha poi rallentato tutto e ho dovuto attendere due anni. Alla fine ho concluso il master in Austria.

Quali differenze culturali e musicali ha notato tra Giappone ed Europa?
In Giappone il pubblico è molto composto e silenzioso, mentre in Europa, e in particolare in Germania e Austria, le reazioni sono immediate e calorose. Dal punto di vista professionale, in Europa esistono più teatri stabili e possibilità di carriera, mentre in Giappone ci sono meno strutture fisse e questo rende difficile lavorare come solista.

La lingua tedesca e il repertorio classico hanno influito sul suo modo di cantare?
Sì, certamente. Cantare in tedesco richiede una precisione particolare nell’articolazione e un controllo del respiro diverso rispetto all’italiano. Questi aspetti mi hanno reso più consapevole della tecnica e del fraseggio.

Ha partecipato alla Opernwerkstatt di Waiblingen. Che tipo di esperienza è stata?
Straordinaria. Lì i giovani cantanti hanno la possibilità di cantare con un’orchestra durante il concerto finale, cosa non comune nei corsi tradizionali. È un’occasione preziosa per creare contatti, fare pratica e crescere professionalmente.

C’è un momento di quella esperienza che ricorda con particolare emozione?
Sì, quando ho potuto eseguire per la prima volta con orchestra l’aria “Rivolgete a lui lo sguardo” da Così fan tutte, normalmente tagliata. L’avevo già interpretata in scena ma senza quell’aria: è stato davvero speciale.

Vivere e studiare in Austria durante la pandemia deve essere stato impegnativo. Come ha affrontato le difficoltà?
È stato stressante: non conoscevo nessuno, dovevo imparare il tedesco e affrontare le audizioni. Ma ho avuto anche fortuna e ho trovato persone e opportunità che mi hanno sostenuto.

Che consigli darebbe a un giovane che desidera intraprendere una carriera in Europa?
Serve perseveranza: bisogna studiare vari generi, dai Lieder alla musica sacra, e non scoraggiarsi di fronte ai rifiuti. In Europa la formazione è fondamentale, perciò consiglio di studiare qui se si vuole intraprendere una carriera internazionale.

Quali sono i suoi progetti futuri in ambito tedesco-austriaco?
Attualmente lavoro alla Wiener Staatsoper nella Chor Akademie e da ottobre frequenterò l’Università per la Musica e le Arti Performative di Vienna. Vorrei accedere a un corso specifico di opera per consolidare la mia carriera da solista.