Il bilancio finale della 77ma fiera del libro a Francoforte mostra segni di leggera ma costante ripresa dopo il disastro del Covid. Secondo i dati ufficiali, erano presenti 4.350 espositori da 131 paesi diversi, e il numero totale die visitatori è salito as 238.000. Anche l’Italia era presente in gran forma, con 144 espositori, concentrati principalmente nel salone 5.0 come tutti gli anni. La parte del leone era fatta dallo Spazio Italia, un grande stand collettivo organizzato dall’ICE (Istituto Promozione Estero) in collaborazione con l’AIE (Associazione Italiana Editori) che riuniva ben 67 espositori; ma c’erano pure piccoli stand individuali come Adelphi, Laterza, Sellerio, ecc. dove l’accoglienza dei visitatori era più personale. Una sorpresa è stata l’Editrice Vaticana, che negli anni precedenti si era sempre presentata con un sontuoso padiglione, stavolta ha fatto mostra di francescana povertà.
Ospite d’onore, quest’anno, erano le Filippine, una nazione che a buon titolo si può considerare un foglio bianco, se si considera che dal dopoguerra a oggi, nel vastissimo campo dell’editoria tedesca, si erano pubblicati solo due libri 2 di autori di quel paese. Non conosco dati analoghi riguardanti l’editoria italiana, nel nostro paese dove si legge così poco e le filippine sono specialmente note alle padrone di casa. L’area espositiva riservata agli ospiti d’onore era comunque organizzata in maniera sobria ed elegante: un grande spazio vuoto in cui spuntavano come isole diversi padiglioni in materiale grezzo, con travi di legno e sedie di vimini, che sembravano alludere alle caratteristiche vecchie capanne locali.
Le Filippine sono l’unica nazione asiatica di stampo cristiano. Questa singolarità ha radici storiche: mentre le grandi nazioni asiatiche hanno sviluppato autonomamente una civiltà antichissima (si pensi alla Cina, all’India, alla Persia…) le Filippine invece sono entrate nella storia solo a partire dal 1521, quando vi sbarcò la spedizione di Magellano che, secondo quanto racconta il suo cronista italiano Antonio Pigafetta, ci era finito per sbaglio, mentre era diretto alle Molucche. Non vi trovò niente altro che una serie di primitivi villaggi sparsi per la foresta tropicale. E mal gliene venne, perché di lì a poco Magellano cadde in un’imboscata degli indigeni mandati dal grande capo Lapu- Lapu, e ci lasciò la vita. Pigafetta, nella sua famosa Relazione del primo viaggio intorno al mondo, descrive questi bellicosi indigeni nudi che portavano una specie di piercing sul glande anziché sulle orecchie.
In seguito quelle isole selvagge divennero una colonia della Spagna, che vi impresse il proprio sigillo culturale insieme al nome, in onore al più tetro dei suoi monarchi, Filippo II. Nei secoli seguenti le isole rimasero sotto il giogo spagnolo, sia economico che militare e culturale; e vi rimasero fino al 1898, quando si „liberarono“ diventando una colonia degli Stati Uniti. Soltanto nel 1946 le Filippine, avendo raggiunto una popolazione di 19 milioni di abitanti, divennero ufficialmente un paese indipendente, per così dire, perché quasi subito finirono sotto la dittatura del loro connazionale Ferdinand Marcos, che era inufficialmente in combutta con gli Stati Uniti. Nel 1986 Marcos fu scacciato a furor di popolo e si rifugiò alle Hawaii lasciandosi dietro la favolosa collezione di scarpe di lusso di sua moglie, degna di un’esposizione al Musée d’Orsay, e la sua brutale polizia militare. Questa passò agli ordini del dittatore successivo, Rodrigo Duterte, che attualmente si trova imprigionato all’Aia, poiché la Corte Internazionale di Giustizia lo ha incriminato per delitti contro l’umanità. Ciò non ha impedito al popolo filippino di eleggerlo nel frattempo a sindaco di Davao City (1,6 milioni di abitanti) con una maggioranza schiacciante di voti. Oggi le Filippine contano ben 118 milioni di abitanti, il che significa che la sua popolazione si è più che sestuplicata dall’anno dell’indipendenza. Il che significa che se l’Italia avesse avuto un pari incremento della popolazione, oggi vanterebbe 280 milioni di abitanti. Per la gioia degli ambientalisti.
I dati statistici riguardanti l’editoria italiana non sono confortanti. Secondo le fonti ufficiali, mentre nel 2024 (quando l’Italia era ospite d’onore a Francoforte) si era registrato un incremento del +8%
nella vendita dei diritti di traduzione di libri italiani all’estero, nei primi 9 mesi del 2025 si è verificato un calo pari al -2%. Il presidente dell’AIE, Innocenzo Cipolletta, ha così stigmatizzato la situazione: „Ci presentiamo a Francoforte ancora in frenata. Il mercato sconta ora la mancanza delle misure di sostegno […] Confidiamo però che continui il parziale recupero iniziato a luglio.“
A parte i discorsi ufficiali, tutte le manifestazioni culturali italiane connesse con la fiera si sono svolte esternamente al suo areale, principalmente presso la Deutsch-Italienische Vereinigung nel Westend o nel Gallus-Theater, con incontri dal vivo con giovani autori come Maddalena Fingerle, Alice Urciuolo, Fabio Stassi, Claudia Lanteri, Arianna Cecconi, Viola Di Grado, Andrea Bajani. Sempre connessa con la Buchmesse, a Darmstadt è stata inaugurata un’esposizione della fotografia italiana dagli anni ’80 a oggi, sotto l’italianissimo titolo di No Place Like Home.



























