C’è un’energia particolare che attraversa i concerti degli ONE OK ROCK, un filo che lega fan di ogni età, lingua e provenienza. Il 25 ottobre, allo Zenith di Monaco di Baviera, questa energia ha raggiunto un nuovo apice.
La location – parte del complesso Motorworld München, ex fabbrica di acciaio e oggi spazio culturale dinamico – è perfetta per una band che ha fatto della potenza e della trasformazione il proprio marchio. Le travi in ferro e l’eco industriale sembravano rispondere al ritmo dei brani, amplificando l’impatto sonoro di ogni nota.
Gli ONE OK ROCK nascono a Tokyo nel 2005, da un gruppo di ragazzi accomunati dal sogno di portare la propria musica oltre i confini del Giappone. Il nome della band deriva da “one o’clock”, l’orario delle loro prime prove del sabato, pronunciato con accento giapponese: “one ok rock”. Una curiosità che racchiude già la loro identità ibrida, sospesa tra cultura nipponica e influenza occidentale.
Guidati dal carismatico Takahiro “Taka” Moriuchi, ex membro della boy band NEWS, la band ha trovato sin da subito una voce potente e riconoscibile. Al suo fianco Toru Yamashita (chitarra), Ryota Kohama (basso) e Tomoya Kanki (batteria): una formazione solida, rimasta invariata da oltre quindici anni, capace di crescere insieme.
In Giappone, il successo è arrivato rapidamente. Album come “Zankyo Reference” (2011) e “Jinsei×Boku=” (2013) hanno conquistato le classifiche, e i loro tour nazionali registrano regolarmente il tutto esaurito in arene da decine di migliaia di spettatori. Il salto internazionale è avvenuto con “35xxxv” (2015), pubblicato anche in versione inglese: da quel momento, la loro musica – a metà strada tra post-hardcore, alternative e pop-rock – ha cominciato a parlare al mondo.
Il pubblico a Monaco era in fila già dal mattino, incurante della pioggia e del vento. Una folla internazionale, ma con una forte presenza tedesca, che da anni segue il gruppo con affetto crescente. Non è un caso: la Germania è una delle tappe più calorose del tour europeo dei ONE OK ROCK, e Monaco rappresenta un punto d’incontro ideale tra la scena europea e quella asiatica.
Il “DETOX European Tour 2025”, che ha attraversato l’Europa da inizio ottobre, ha toccato città come Madrid, Parigi, Manchester, Colonia, Amburgo e Berlino, per poi approdare a Monaco il 25 ottobre e concludersi a Varsavia e Praga. Una tournée che testimonia la dimensione ormai globale della band, capace di riempire arene in ogni tappa.
Prima dei protagonisti, il palco è stato incendiato dai Paledusk, giovane band giapponese di metalcore che ha letteralmente scosso le pareti del Zenith. I loro riff affilati, la voce abrasiva e un’energia quasi fisica hanno catturato l’attenzione dei presenti. È stata una scarica di adrenalina, una preparazione perfetta al mondo sonoro dei ONE OK ROCK.
Quando Taka e compagni – Toru, Ryota e Tomoya – sono saliti sul palco, la sala è esplosa in un boato. “Save Yourself” ha aperto un set costruito come un racconto: brani recenti come “Vandalize” e “Let Me Let You Go” si alternavano a inni ormai storici come “Clock Strikes” e “The Beginning”.
Sul grande schermo dietro la band scorrevano parole e immagini, a volte in inglese, a volte in giapponese – un dialogo visivo che accompagnava quello musicale. Il momento più intenso è arrivato con “Wherever You Are”, cantato a piena voce da tutto il pubblico.
Durante il concerto, Taka ha ricordato come, vent’anni fa, nessuno credesse davvero che una band giapponese potesse fare un tour in Europa. “Ogni volta che torniamo,” ha detto, “vediamo sempre più persone. Ed è grazie a voi.”
La Germania è diventata per i ONE OK ROCK un punto fermo, un pubblico fedele e appassionato che ne comprende la sincerità. Nel cuore industriale dello Zenith, il gruppo ha celebrato non solo la musica, ma la strada percorsa: da outsider a protagonisti globali.
Il loro percorso è la prova che la passione e la perseveranza possono trasformare una band nata nei piccoli club di Tokyo in un fenomeno mondiale. E se l’acciaio del Motorworld rifletteva le luci del palco, anche i volti del pubblico riflettevano qualcosa di più profondo: la consapevolezza di far parte di una storia che unisce Oriente e Occidente, attraverso il linguaggio più universale che ci sia — la musica.





























