Nella foto: Genitori italiani con figlio tedesco. Foto di ©CdI, creato con KI

Passano tutti col rosso?  Eliminiamo i semafori!

La nuova legge sulla cittadinanza comincia così: L’articolo 1, comma 1, stabilisce che i nati all’estero, in possesso di un’altra cittadinanza, non acquisiscano automaticamente quella italiana. Questa preclusione si applica anche a coloro che sono nati all’estero prima dell’entrata in vigore della disposizione.

La legge elenca poi una serie di eccezioni ma le domande restano e speriamo che qualcuno le chiarisca presto.

Si tratta di domande che ci riguardano da vicino. Quel “ci” si riferisce a noi italiani figli e nipoti di emigrati negli anni Cinquanta e Sessanta verso la Germania, Francia, Belgio e altri bacini industriali.

Cosa significa questo articolo 1 comma1?

Significa forse che un bambino nato in Francia, dove vige lo “Jus Soli”, ed è pertanto francese dalla nascita, perde il diritto alla cittadinanza italiana dei genitori?

 Significa forse che un figlio di italiani nato in Germania perde la cittadinanza giacché è tedesco dalla nascita se i genitori sono qui residenti da più di otto anni?

Mamma e papà italiani e bambini di altre nazionalità?

Il primo e secondo fratello italiani e il terzo appena nato solo tedesco?

Cosa accade se qualcuno non ha chiesto la registrazione del proprio figlio prima dell’entrata in vigore di questa legge, giacché recita all’art.1: “Questa preclusione si applica anche a coloro che sono nati all’estero prima dell’entrata in vigore della disposizione”?

E, peggio ancora, cosa succede se il comune tedesco ha inviato al consolato il certificato di nascita di un neonato italiano e il consolato lo ha semplicemente dimenticato in un cassetto, tralasciandone la trascrizione al comune italiano?

Comunque sia, la sensazione che aleggia nelle comunità italiane all’estero è univoca: arrivederci e grazie alla “cara e amata madrepatria”, quella del nodo alla gola quando senti l’Inno nazionale, quella di “Dagli Appennini alle Ande” per dirla in stile deamicisiano e con parole di altri tempi.

Negli Stati Uniti, la nuova legge ha scosso profondamente gli italoamericani. Il Financial Times titola: «Meloni fa arrabbiare gli italoamericani con le regole più severe sulla cittadinanza.»

Nel frattempo, gli italiani all’estero osservano come in Italia sia sempre più agevolato l’acquisto della cittadinanza italiana da parte degli immigrati.

Da qui scaturisce una pericolosissima domanda con il rischio di nuove spaccature in una società già disarmonizzata dai nostri governanti: cornuti e bastonati? La cittadinanza a loro sì e ai nostri nipoti no?  

Ma la domanda delle domande è un’altra: da cosa derivano tutta questa necessità e quest’urgenza da parte dei nostri governanti di mettere mano a una legge che scuote nel profondo l’emigrazione italiana?

Dal sito ufficiale della Camera dei deputati si apprende che: “La normativa attuale sulla cittadinanza è disciplinata dalla legge n. 91 del 1992, che si basa primariamente sul principio dello ius sanguinis (trasmissione della cittadinanza per discendenza). Il nuovo decreto non modifica questo principio fondamentale, ma, come riportato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione mira a temperarlo collegandolo alla sussistenza di vincoli effettivi e attuali con la comunità nazionale”.

Hai capito? Questi hanno voluto “temperare” (meglio dire annacquare) il principio della vecchia legge e lo hanno voluto collegare ai “vincoli effettivi e attuali” con la comunità nazionale.

Eh già! Perché negli ultimi vent’anni i vari governi italiani hanno fatto veramente di tutto per stringere questi nostri vincoli di emigrati con la “comunità nazionale”.

Ci hanno chiuso in faccia, per esempio, le porte dei consolati, sopprimendoli in massa e dove oggi, per ottenere un servizio, ti devi mettere in fila telematica per mesi e mesi.

Poi ci hanno imposto di pagare la tassa sulla prima casa, anche se vuota, mentre tutti gli altri, quelli della “comunità nazionale” ne sono felicemente esonerati.

E l’AIRE, l’anagrafe degli italiani all’estero? Grande invenzione l’A.I.R.E., grazie alla quale sei subito cancellato dal servizio sanitario nazionale e guai a te se non ti iscrivi, se no ti arriva pure la multa.

Nel frattempo, hanno pure ridotto all’osso l’insegnamento della lingua e della cultura italiana ai figli degli emigrati poiché soldi sprecati per gente che forse in Italia non metterà mai piede. 

L’ultima dimostrazione di legame alla “comunità nazionale”? I pensionati INPS all’estero sono stati esclusi dagli adeguamenti delle pensioni superiori al minimo.

Eppure, questi pensionati hanno versato per decenni contributi nelle casse nazionali, rafforzando la comunità nazionale. Ma ora niente aumenti. Vivi all’estero e non ricevi nulla, invece di dire grazie a questi pensionati che non appesantiscono il sistema sanitario nazionale, non importunano nessuno con i loro acciacchi e non occupano le panchine nei parchi cittadini…  

Però hanno fatto tanto per il “Turismo alle radici”, riconoscendo l’esistenza di radici, anche se solamente utili a far lasciare qualche migliaio di dollari in qualche albergo italiano al classico italoamericano nostalgico?     

Sembra proprio che il taglio del cordone ombelicale tra gente che ha dovuto lasciare l’Italia e l’Italia stessa non sia cosa nuova e che questa nuova legge ne sia solo una logica, se pur cinica, conseguenza.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha tentato qualche spiegazione, dichiarando che la nuova legge è anche necessaria per porre fine all’ondata di latinoamericani che ottengono passaporti italiani non per emigrare in Italia, ma per viaggiare più facilmente negli Stati Uniti e in Europa.

Il ministro è preoccupato per gli interessi degli Stati Uniti e di altri Paesi europei vittime di questo tsunami di italiani posticci.

Ministro altruista il nostro e anche generoso che aggiunge: «La concessione della cittadinanza è una questione seria» e poi «Non deve essere uno strumento per andare in viaggio a Miami o in altri luoghi con un passaporto europeo».

La cittadinanza una questione seria? Ma guarda un po’! Credevamo fosse una barzelletta.

Troppi italiani taroccati a Miami? Giusto! Era proprio ora che il nostro Governo si occupasse del sovraffollamento del comune di Miami invaso da pseudo italiani con la faccia latino-americana e il sigaro cubano in bocca stile Al Pacino-Scarface…

Ma il nostro Governo, oltre a preoccuparsi della sicurezza urbana di Miami, farà anche qualche considerazione sul concetto della famiglia considerata “unità giuridica” con eguali diritti e doveri verso lo stesso Stato?  

Questa legge è veramente costituzionale al momento in cui infrange questa unità di diritto (e di doveri) verso la stessa Costituzione all’interno di una famiglia?

La doppia cittadinanza consente il giuramento di fedeltà verso due stati.

Questa nuova legge Made in Italy mette invece genitori contro i figli, ora costretti a essere fedeli a due differenti ordinamenti statali.

Ma, sicuramente, riusciranno anche a “temperare” il concetto di unità di diritto, di cultura, di storia, di radici e di interessi in seno alla famiglia.

Del resto, hanno già dimostrato che per loro tutto è “temperabile”, addirittura il concetto civile e democratico di “antifascismo”.

E allora temperate, temperate pure come un politico che gli italiani all’estero (quelli autentici, fasulli e quelli senza vincoli con la comunità nazionale) hanno mandato in Senato, certo Marco Lisei di Fratelli d’Italia, il quale ha dichiarato al Financial Times: «La destra conservatrice ha sempre considerato gli italiani all’estero i migliori ambasciatori dell’Italia… una risorsa straordinaria. Ma poi è emerso un vero e proprio traffico di cittadinanze, che ha costretto il governo a intervenire».

Bravo Senatore Lisei! Vero e proprio traffico di cittadini e tutti passano col rosso. E allora: eliminiamo i semafori!