Ultimamente c’è una ripresa dei discorsi riguardo la Massoneria, tant’è che il procuratore nazionale antimafia italiano Federico Cafiero De Raho ha detto: “È la massoneria che comanda, che ha la forza di andare avanti e sviluppare la nostra economia. È ormai documentato attraverso numerose indagini che Cosa Nostra e la ‘Ndrangheta sono cresciute proprio grazie alla Massoneria”; che ha descritto la massoneria come “quella camera in cui le varie forze condividono progetti. Ci sono la politica, la ‘Ndrangheta, Cosa Nostra, professionisti, magistrati, imprenditori. Ci sono tutte le categorie”. “L’economia e la politica – ha aggiunto – si sono incontrate con le mafie in quei salotti ed è lì che hanno dato corpo, che hanno effettivamente costituito quel comitato d’affari che ha poi determinato infiltrazioni negli appalti, acquisizioni di vari settori e l’esclusione di chi si muove nel rispetto delle regole e oggi – ha concluso – ci troviamo di fronte a una situazione in cui dobbiamo stare molto attenti”. “Rispettiamo il dottor Cafiero De Raho e siamo completamente vicini a lui sul piano della legalità e della lotta alle mafie ed al malaffare, ma crediamo che certe sue dichiarazioni, rilasciate a Napoli, risultino particolarmente pesanti e siano andate ben oltre ogni ragionevole limite e dubbio”, ha spiegato Stefano Bisi Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, commentando le parole del procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho. “Ci dispiace – ha aggiunto Bisi – che un così alto ed apprezzato magistrato, tra l’altro nella sua delicata funzione di Procuratore nazionale Antimafia, si lasci andare a esternazioni così gravi e generiche. Addirittura si è passati dalla Massoneria infiltrata da forze e comitati di affari con fini illegali a quella che ‘comanda’ queste forze. Il Grande Oriente d’Italia non può accettare che si spari pericolosamente nel mucchio e si scateni l’ennesima ingiusta e inqualificabile caccia al massone”. “Il procuratore nazionale antimafia sa bene che la responsabilità è sempre personale e che questo principio giuridico vale per tutti – ha concluso Bisi -. Ribadiamo la nostra estraneità al quadro da lui descritto e lo esortiamo a evitare facili sentenze mediatiche che possono portare grave danno all’immagine e pericolo per l’incolumità di tanti onesti cittadini liberi muratori”. Andando un po’ indietro nel tempo, visto che ci sono fedeli laici che appartengono alla Massoneria e si interrogano anche su quanto la Chiesa dica a tal proposito, che il 26 novembre 1983 la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicava una dichiarazione sulle associazioni massoniche (cfr AAS LXXVI [1984] 300). Allora può essere utile illustrare brevemente il significato di questo documento. Da quando la Chiesa ha iniziato a pronunciarsi nei riguardi della massoneria il suo giudizio negativo è stato ispirato da molteplici ragioni, pratiche e dottrinali. Essa non ha giudicato la massoneria responsabile soltanto di attività sovversiva nei suoi confronti, ma fin dai primi documenti pontifici in materia e in particolare nella Enciclica “Humanum Genus” di Leone XIII (20 aprile 1884), il Magistero della Chiesa ha denunciato nella Massoneria idee filosofiche e concezioni morali opposte alla dottrina cattolica. Per Leone XIII esse si riconducevano essenzialmente a un naturalismo razionalista, ispiratore dei suoi piani e delle sue attività contro la Chiesa. Nella sua Lettera al Popolo Italiano “Custodi” (8 dicembre 1892) egli scriveva: “Ricordiamoci che il cristianesimo e la massoneria sono essenzialmente inconciliabili, così che iscriversi all’una significa separarsi dall’altra”. Non si poteva pertanto tralasciare di prendere in considerazione le posizioni della Massoneria dal punto di vista dottrinale, quando negli anni 1970 1980 la S. Congregazione era in corrispondenza con alcune Conferenze Episcopali particolarmente interessate a questo problema, a motivo del dialogo intrapreso da parte di personalità cattoliche con rappresentanti di alcune logge che si dichiaravano non ostili o perfino favorevoli alla Chiesa. Ora lo studio più approfondito ha condotto la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede a confermarsi nella convinzione dell’inconciliabilità di fondo fra i principi della massoneria e quelli della fede cristiana. Nel fare questa Dichiarazione, la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede non ha inteso disconoscere gli sforzi compiuti da coloro che, con la debita autorizzazione di questo Dicastero, hanno cercato di stabilire un dialogo con rappresentanti della Massoneria. Ma, dal momento che vi era la possibilità che si diffondesse fra i fedeli l’errata opinione secondo cui ormai la adesione a una loggia massonica era lecita, essa ha ritenuto suo dovere far loro conoscere il pensiero autentico della Chiesa in proposito e metterli in guardia nei confronti di un’appartenenza incompatibile con la fede cattolica. Solo Gesù Cristo è, infatti, il Maestro della Verità e solo in Lui i cristiani possono trovare la luce e la forza per vivere secondo il disegno di Dio, lavorando al vero bene dei loro fratelli. Ma per certi versi vi è una sorta di contraddizione all’interno della stessa Chiesa proprio perché il tutto nasce in merito all’ex can.2335 del CJC del 1917, nel nuovo CJC del 1983 non vi è più la scomunica di chi appartiene alla massoneria ma si ritiene valida l’opinione secondo cui il can. 2335 riguarda solo coloro che operano contro la Chiesa, come attesta la Notificatio della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) del 18 luglio 1974.

Il canone 1374 del C.I.C. del 1983, tuttora vigente, afferma: “Colui che dà il nome a un’associazione che macchina contro la Chiesa, sia punito con giusta pena; colui invece che promuove simile associazione o la modera sia punito da interdetto”. Riporto di seguito il commento al can. 1374, secondo il volume edito da S.E. Mons. Pinto decano della Rota Romana (LEV, 2001). L’autore sbaglia il numero del canone: è il 2335, non il 2235: “Il problema della affiliazione ad una società contro la Chiesa non sembrava ormai che dovesse essere affrontato con sanzioni penali, tanto che lo schema aveva previsto l’abrogazione del can. 2235 del CIC 17, che nominava specificamente le sette massoniche ed altre associazioni simili. Anche in fase di riesame, dopo la consultazione, erano venuti dei suggerimenti per supplire alla omissione; e poiché da più parti veniva considerato come abrogato il can. 2235, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva dovuto emanare il 17 febbraio 1981 una Dichiarazione, in cui si affermava che la disciplina del CIC 17 sulle sette proibite restava quella del can. 2235, finché non fosse stato promulgato il Codice. Si deve a questo intervento se nel Codice sia stata conservata la norma penale, anche se attenuata, che proibisce l’iscrizione a sette che tramano contro la Chiesa. È scomparso il riferimento esplicito alle sette massoniche, che erano considerate come il prototipo di tali associazioni ed è stata mutata la scomunica l.s., riservata semplicemente alla Santa Sede, con una pena precettiva indeterminata, per quelli che solo si iscrivono, e con l’interdetto f.s. per coloro che promuovono o dirigono tali associazioni. La norma è troppo generica e non sarà di facile applicazione; infatti stabilire quale e quanta sia la pericolosità di una setta nei confronti della Chiesa, praticamente non sarà facile, salvo i casi in cui nominativamente venissero comprese sotto il can., dalle competenti autorità ecclesiastiche sia a livello universale che particolare” (Commento al Codice di Diritto Canonico, A cura di Mons. Pio Vito Pinto, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 20012, p. 814). Premesso tutto ciò bisogna ricordare che la Congregazione Plenaria della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico dal 20 al 29 Ottobre 1981, dove prevalse la posizione maggioritaria (P. Esteban Gomez OP docente all’Angelicum di Roma – Card. Rosalio José Castillo Lara SDB – Card. Franz König (Austria) – Mons. José Vicente Andueza Henriquez (Venezuela), Mons. Roman Arrieta Villalobos, Presidente della Conferenza Episcopale del Costa Rica) su quella minoritaria (Card. Giuseppe Siri – Card. Joseph Ratzinger – Card. Pietro Palazzini) ha stabilito che quel canone sia eliminato e che non vi sia più scomunica ai massoni. Sembrerebbe esserci quindi un pensiero diverso ma alla fine la scomunica non ci sta, il Codice di Diritto Canonico parla chiaro, se poi il Ratzinger che era della posizione minoritaria e da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato quel documento, indubbiamente approvato dal papa, porta comunque a pensare che vi era ancora una sorta di conflitto tra le posizioni. Pertanto se ci si rifà a questo documento la scomunica rimarrebbe, ma se invece ci si rifà a quanto stabilisce il Codice allora questa non ci sta. Inoltre una cosa molto strana da notare è che il nuovo CIC è stato promulgato da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983 ed è entrato in vigore il 27 novembre dello stesso anno, mentre la dichiarazione sulla massoneria “Quaesitum est” è stata redatta il 26 novembre 1983 ed approvata da papa Giovanni Paolo II….il giorno prima dell’entrata in vigore del Nuovo Codice (misteri della fede….)!

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