L’Assemblea del Senato, con 232 voti a favore, 18 contro e 30 astenuti, ha approvato il ddl 3305 di conversione del decreto-legge n. 63 recante “disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale”.
Ora il provvedimento passa all’esame della Camera.  In sede di votazione l’Aula ha detto sì anche ad un emendamento relativo a “contributi a favore di giornali e riviste italiani pubblicati all’estero” presentato da Vincenzo Vita (Pd) e, tra gli altri, anche dai senatori eletti per il Pd nella circoscrizione Estero Claudio Micheloni (ripartizione Europa) e Nino Randazzo (ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide). Un emendamento di cui però al momento, essendo stato riformulato più volte, non abbiamo il testo definitivo. “Questo emendamento si applica alla stampa prodotta e diffusa all’estero e alla stampa prodotta in Italia per l’estero, categorie i cui contributi sono regolati dalle legge n.416 del 1981 e successive modifiche – ha comunque precisato il senatore Randazzo illustrando la proposta emendativa.
“Non si pone quindi la questione dei quotidiani editi all’estero – prosegue, – ai quali si applica la stessa regolamentazione d’accesso ai contributi pubblici vigente per i quotidiani in Italia”. “Per i periodici italiani all’estero, il contributo è ancora oggi quello del lontano 2001: 2 milioni di euro da ripartire fra circa 300 testate esclusivamente di media cartacei, proseguendo quindi nell’assurdità di ignorare radio e televisione con milioni di ore d’informazione italiana nel mondo, e ignorando anche – aggiunge Randazzo – l’esplosione qualitativa e quantitativa dell’informazione on line”.
Tre le direzioni che animano il contenuto dell’emendamento indicate dell’esponente democratico: “nuovi e più stringenti criteri per l’erogazione dei contributi alle singole testate; l’innalzamento a 4 milioni di euro dell’odierno, insignificante contributo, fermo dal 2001 a 2 milioni; l’inclusione, fra le testate dell’informazione italiana all’estero o per l’estero, oltre al tradizionale supporto cartaceo, anche quello elettronico, l’on line e l’informazione digitale”. Prevista inoltre l’istituzione di una commissione incaricata di accertare la sussistenza dei requisiti di ammissione ai contributi composta da rappresentati dal Mae e della Presidenza del Consiglio dei ministri – in pari numero – e di rappresentanti del Consiglio generale degli Italiani all’estero, della Federazione unitaria stampa italiana all’estero, della Federazione nazionale della stampa italiana e della Consulta nazionale delle associazioni d’emigrazione.
In vista degli importanti mutamenti previsti nel 2014, viene proposto anche “l’insieme più chiaro ed efficace possibile di criteri e modalità per stabilire la rete di testate a carattere comunitario che esprimano specificità ed appartenenze sociali, politiche, culturali e religiose”, così da riconoscerne la specificità “in un dibattito che ci consenta di essere rappresentati – rileva il parlamentare democratico – dentro la riforma del settore dell’editoria prevista”. Randazzo evidenzia così come l’emendamento colmi una “lacuna del decreto legge in esame”, in cui “la stampa italiana all’estero non viene presa in considerazione” e come sia teso anche a rafforzare “l’importanza e la necessità dell’informazione italiana all’estero per il mantenimento e la trasmissione della lingua e della cultura, per il ruolo di collante tra milioni di italiani nel mondo e la realtà italiana, per la promozione del made in Italy e per l’alimentazione del dibattito sul valore, sulle esigenze e sulle speranze delle collettività italiane sparse nel mondo”.
Messa in luce infine l’importanza dell’informazione di ritorno, che consente all’Italia di conoscere le diverse realtà di connazionali presenti all’estero. “L’informazione italiana all’estero merita altrettanto riconoscimento e sostegno di quella in Italia: ambedue i generi d’informazione, pur nelle loro distinte tipologie, operano per l’Italia, – conclude Randazzo, – un Paese la cui immagine, la cui presenza ed i cui interessi travalicano i confini nazionali”.  I disegni legge in materia di editoria – uno presentato da Vincenzo Vita (Pd) ed il secondo predisposto per la conversione in legge del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, sul riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale – erano stati presentati in Aula ieri pomeriggio dai relatori Marilena Adamo (Pd) e Lucio Malan (Pdl).
La prima aveva ricordato come le indicazioni previste nel decreto legge debbano considerarsi “norme transitorie in attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all’editoria demandate al disegno di legge delega, che il Consiglio dei ministri ha adottato l’11 maggio scorso e che è stato assegnato alla Camera dei deputati”. Un ddl “i cui criteri e principi ispiratori – ha aggiunto la relatrice – sono l’incentivazione calibrata alla situazione attuale del mercato editoriale, il sostegno all’innovazione, in particolare alle startup e alla multimedialità, l’istituzione di una commissione per definire i soggetti editoriali meritevoli di sostegno pubblico e di un registro delle riviste di alta cultura, la promozione della lettura”.
Adamo si era soffermata dunque sull’obiettivo del provvedimento in esame: “aiutare i soggetti di mercato sani ad arrivare alla modifica del sistema degli incentivi pubblici con gradualità e capacità di trasformazione, togliendo il sostegno a realtà prive di consistenza”. Parte dei risparmi ottenuta sarà destinata in particolare “per la valorizzazione dell’editoria digitale”, mentre “vengono individuati nuovi criteri di selezione ed accesso ai fondi, sono limitati i costi ammissibili ed il contributo sarà ancorato alle copie vendute e non a quelle distribuite”. “Scompare quindi – concludeva Adamo – il diritto soggettivo al contributo pubblico, che in passato aveva determinato l’aumento dei costi a carico pubblico”. “Contemperare il risparmio di risorse pubbliche,senza far mancare improvvisamente il sostegno dato per molti anni all’editoria” la finalità del provvedimento evidenziata da Malan, che rilevava la necessità di “razionalizzare tali provvidenze per evitare il ripetersi degli abusi che si sono verificati”.
Il relatore aveva parlato inoltre di una forte riduzione dei contributi pubblici all’editoria registrata negli ultimi anni: “è stato soppresso il contributo per la carta, che consisteva nell’erogazione di somme elevate – aveva spiegato, rilevando criticamente come tale soppressione “abbia coinciso con l’avvio della campagna di stampa contro le istituzioni e soprattutto contro il Parlamento”. “I contributi vengono riservati soltanto a determinate categorie di testate e sono state limitate le voci ammissibili a rimborso, individuando i costi intrinseci all’attività di un periodico, quali l’assunzione di giornalisti e poligrafici e le spese per la stampa e la distribuzione – ha sottolineato Malan, evidenziando come il provvedimento preveda anche “un sostegno per il passaggio all’editoria digitale” e stabilisca che “per la pubblicità istituzionale sia praticato il prezzo più basso stabilito per la pubblicità ordinaria”. Pur comprendendo la posizione di chi sostiene che le imprese editoriali dovrebbero reggersi sulle proprie forze, una cessazione immediata del sostegno pubblico “causerebbe – avverte il relatore – una perdita di posti di lavoro oltre che di un patrimonio culturale ed informativo importante per il Paese”.
A ribadire le ragioni del provvedimento nella seduta di ieri anche Paolo Peluffo, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha chiarito come il lavoro fatto dal Parlamento sul decreto in esame anticipi “le linee guida per la delega, che il Governo si impegna a rispettare scrupolosamente” e come entro l’anno sia indispensabile definire “un nuovo sistema di sostegno all’editoria, poiché dal 2014 non si avranno più i contributi diretti”. “Il decreto in esame si è reso necessario perché le risorse stanziate per l’anno in corso (47 milioni di euro) rappresentano un taglio del 76% rispetto al 2011, che interverrebbe retroattivamente su bilanci ormai chiusi di imprese esposte con le banche – ha rilevato il sottosegretario, spiegando quindi le ragioni di un aumento del fondo deciso dal governo “solo per quest’anno” a 120 milioni di euro.
“Per i prossimi due anni le risorse sono fissate in 56 e 64 milioni di euro – ha aggiunto Peluffo, chiarendo come siano oggi ammessi al contributo diretto 260 tra quotidiani e i periodici, 11 di essi politici. Peluffo ha infine richiamato il “grande passo avanti” compiuto nella materia due anni fa “quando è stato chiarito che il diritto soggettivo doveva essere esercitato all’interno di un ammontare predefinito di risorse”.