Una settimana dopo il 70° anniversario della nascita di Fabrizio De André, arriva a Roma l’esposizione multimediale e interattiva ideata da Studio Azzurro che racconta la vita, la musica, le esperienze e le passioni che hanno reso "Faber" unico e universale. Anche Roma, dopo Genova e Nuoro, rende omaggio a De André ospitando negli spazi espositivi del Museo dell’Ara Pacis, fino al 30 maggio, "Fabrizio De André. La mostra".
Attraverso la narrazione virtuale, multimediale e interattiva viene proposta al pubblico un’esperienza emozionale, attraverso cui ognuno potrà mettersi in relazione con l’universo di "Faber". Il racconto e la rappresentazione visiva, testuale e musicale si offrono dense di suggestioni ed emozioni e il pubblico, potrà di volta in volta scegliere quale immagine di "Faber" sviluppare per sé, in relazione con il proprio vissuto. La mostra affronta i grandi temi della poetica di De André: la società del benessere e il boom economico degli anni ’60, gli emarginati e i vinti, la libertà, l’anarchia e l’etica, gli scrittori e gli chansonniers, le donne e l’amore, la ricerca musicale e linguistica, l’attualità nella cronaca, i luoghi rappresentativi della sua vita.
"Questo omaggio a Fabrizio De André – afferma in una nota Umberto Croppi, assessore alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma – rappresenta un vero e proprio atto di riconoscenza che Roma dedica a un poeta sinceramente amato. Il pubblico della nostra città lo adorava, i suoi pochi concerti erano sempre gremiti di spettatori di ogni età, come se la memoria e l’utopia, che magicamente coabitavano nelle sue canzoni, riuscissero a restituire a nostri luoghi la loro simbolica perennità".
"Come tutti gli artisti che, per loro stessa natura, erano incapaci di aderire pienamente a un’idea e men che meno di riconoscere forme di potere e di autorità – prosegue Croppi – il postumo destino di Fabrizio De André è stato quello di appartenere, senza distinzioni, alla gente comune. Ma se proprio volessimo discernere da essa un ristretto gruppo di privilegiati, ebbene senz’altro penseremmo a quel mondo degli esclusi, dei diversi e dei diseredati che egli, quant’altri mai, seppe raccontare con la potenza dei suoi versi".
"Anarchico senza cedimenti – aggiunge Croppi – solidale e mai ipocrita (‚I veri sequestrati sono loro!‘ disse dei suoi stessi rapitori sardi il giorno dopo la liberazione), eterogeneo e irriducibile, mai omologato ad alcun sistema di pensiero, De André ha saputo illustrare la nostra letteratura novecentesca perché la sua voce seppe cantare la libertà intesa come eterno desiderio, come rivolta interiore, come voglia di credere in altre idee, ancora da concepire". "In un periodo in cui la famiglia e la comunità conoscevano una crisi senza precedenti, Fabrizio – sottolinea Croppi – riuscì non soltanto a conciliare la sua generosa umanità con la filosofia dell’oro di un padre importante ma anche a formare con Dori Ghezzi un sodalizio sentimentale e artistico di solida dolcezza, al quale noi estimatori siamo riconoscenti, visto che ci permette tuttora di godere della creatività di questo protagonista della poesie e della canzone italiane. Anche grazie a questo lascito, così amorevolmente custodito, nell’animo di ciascuno di noi almeno una strofa di una sua canzone resta impressa come il segno incancellabile di un’affezione, di una vicinanza reale, di uno scatto emotivo che gli dobbiamo.
Ed è conseguenza – conclude – che ci manchi e che non lo dimenticheremo mai". L’esposizione, a cura di Vittorio Bo, Guido Harari, Vincenzo Mollica e Pepi Morgia, è promossa da Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali, Fondazione Fabrizio De André onlus, Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Zètema Progetto Cultura.