Durante la nostra conversazione si distrae, si guarda intorno. Ammira il bellissimo salone del Frankfurter Hof. È attratto dalle signore: “Oddio! Quei capelli là mi fanno impazzire, di quella signora. Ma com’è possibile!…”Si rigira dall’altra parte e: “Ma come si vestono queste donne che vedo in giro qui!? C’è quella col cappello… Ho visto un’altra. Hai visto quella? Ma come mai? Ma sono spesso così?…”
Dopo trentacinque anni di vita trascorsi in Italia non ama domande del tipo: “Come ti trovi in Italia?” oppure “Come sono gli Italiani?” perché “Lo sguardo verso le persone non ha nazionalità, non ha confini per me. Qualche volta succedeva che mi chiedevano „Ma come trovi il nostro cibo?“. Io rispondevo „Boh!? Bene!…”
Anche in “Mine vaganti” si ritrova l’amore omosessuale…
C’è stato un critico in Turchia che ha scritto “Non pensate che sia un film sull’amore-sessualità, ma un film sui rapporti tra padri e figli.” Mi sono ricordato che al mio paese, un paesino della Turchia, c’era un uomo che picchiava la moglie spesso. Noi quando l’incontravamo facevamo finta di non vedere che lei era stata picchiata. Il film tocca questa parte. Dà quella sensazione di girare la testa dall’altra parte. Il film non si può ridurre all’accettazione della sessualità del figlio. Il film è accettazione delle persone. Nella vita il problema o la soluzione non è accettare la scelta dell’altra persona che tu ami e vuoi bene, ma soprattutto la condivisione. Questo è molto importante. Un genitore per esempio non dovrebbe mai chiedersi se a suo figlio piace mangiare gli spaghetti, la carne o cosa vuole fare nella sua vita. Deve chiedersi “Mio figlio è felice o no?” Questa è la cosa più importante. Ma tante volte però un genitore ha paura di chiedere a se stesso se è felice o no.
A Özpetek non piace la parola “omosessuale”…
Bisogna parlare della sessualità delle persone. A parte che non si può presentare una persona definendola con la sua sessualità, dalla cintura in giù. Non mi piace la definizione di una persona dicendo che lui è Marco, omosessuale, o lei è Elena eterosessuale. Non si può. Cioè, la persona è tante cose. Poi non sono nemmeno le scelte, uno lo è o non lo è. Non parlo della sessualità delle persone nei miei film. Io parlo della vita. Nel film prendo in giro l’atteggiamento di un padre in qualche modo però parlando sempre della vita, nel senso che non è nelle mie intenzioni quella di vedere il figlio come un problema, ma parlo di quello che dicono gli altri.
Il film è stato girato in Puglia. Cosa La affascina di questa regione?
La Puglia rappresenta intanto quell’Italia che quasi non c’è più nel senso che è quell’Italia che negli anni ’70 guardava al prossimo non con sospetto ma con curiosità. Che diceva „vediamo chi è questo, parliamo e poi decideremo se frequentarlo o no“. Oggi non è più così, ma non solo in Italia in tutto il mondo. Ma la Puglia ha una particolarità. Forse saranno le grandi invasioni nei secoli… Non so cos’è, ha un atteggiamento… . La mia esperienza è stata molto positiva in Puglia. Io dico sempre che ci può essere buonissimo cibo, il sole, il mare, bellissimi edifici, ma sono le persone che fanno il luogo. Lì è molto piacevole. Lecce è una delle più belle città del mondo. È come avere un attore bellissimo e bravissimo nel film. È una città che mi ha dato molto e a cui ho dato molto. Infatti mi hanno dato la cittadinanza onoraria due mesi fa. Finalmente non sono più né regista turco né italiano. Sono Leccese.
Si sa, il cinema è una bella pubblicità e la pubblicità è l’anima del commercio. Dopo il successo di “Männer al dente”, così la traduzione tedesca di “Mine vaganti”, è iniziata l’invasione tedesca a Lecce…
Mi ha chiamato l’amico dove abbiamo girato la scena della mamma e la zia che vanno nel negozio di valigie. Il proprietario è un amico mio e mi ha detto: “Questi tedeschi riempono, parlano in continuazione, fanno domande sul film, fanno foto, non ne posso più”. Poi un giorno mi ha chiamato: “Senti, ho venduto tutto”. A Lecce hanno organizzato addirittura l’itinerario di dove abbiamo girato il film perché la gente era curiosa.
Il titolo del film che vedremo questa sera è “Mine vaganti”. Perché questo titolo?
Perché siamo un po’ tutti in qualche modo mine vaganti nella nostra vita. In alcuni momenti dove è tutto in ordine, tutto funziona, tutto è molto limpido, la mina mette sottosopra le cose e quindi fa sempre bene alla vita.
I tedeschi lo hanno chiamato “Uomini al dente”. Che Le sembra?
Stavo a New York quando Procacci mi ha chiamato. Mi ha detto: “Guarda i tedeschi vogliono dare un titolo, assolutamente no…” Ho chiamato qualche amico tedesco e questi si sono messi a ridere. Ha funzionato perché il film ha fatto quasi 250.000 spettatori. Dal 2000 fino adesso è quello che ha incassato di più tra i film italiani. Ha avuto un passa-parola stupendo. Nella seconda settimana ha fatto il 32% in più che è una cosa che non succede mai”.