C’è da chiedersi: è solo sciattezza o esiste proprio un disegno mirato a renderci irrimediabilmente antipatici agli occhi di quei politici tedeschi che esprimono le loro perplessità contro la chiusura dei consolati italiani in Germania?
Procediamo per ordine nel porci questa domanda. Tutto comincia l’estate scorsa con due lettere del governatore del Saarland Peter Müller indirizzate al nostro ministro per gli affari esteri Franco Frattini, con le quali si scongiura ogni piano di chiusura del Consolato d’Italia a Saarbrücken con la disponibilità di ospitarlo gratuitamente nei locali della cancelleria di Stato. Le due lettere di Peter Müller, che in quel periodo ricopre la seconda carica dello Stato tedesco con la presidenza di turno del Bundesrat, restano a lungo senza risposta. Trascorrono due mesi d’imbarazzante silenzio, da parte del ministro Frattini Franco. Solo quando la stampa tedesca annuncia “ Il Ministro italiano ignora le lettere di Peter Müller” giunge a Saarbrücken una letterina di risposta dell’atteso ministro Frattini, tanto scialba quanto scostumata, visto che non contiene nemmeno un rigo di ringraziamento per la disponibilità offerta.
Il colmo dell’antipatia e dell’arroganza? No. Il bello deve ancora venire. Risale a pochi giorni fa, il 13 e 14 gennaio, la visita a Palazzo Montecitorio di una delegazione tedesca guidata da Berndt Röder, il Presidente dell’assemblea regionale di Amburgo, una delle maggiori “città stato” della Repubblica federale. Al suo seguito i rappresentanti dei gruppi parlamentari, dei comitati e della camere di commercio. Vogliamo provare ad immaginare la faccia del Presidente Berndt Röder nei corridoi della Farnesina e di Montecitorio al cospetto d’interlocutori a cui spiegare quanto è importante la presenza consolare nella città anseatica? No, sarebbe tempo perso perché d’interlocutori nessuna traccia.
Possiamo solo immaginare i pensieri del politico amburghese, quando né Frattini, né Mantica e tanto meno l’ambasciatore Gianpiero Massolo ha trovato qualche minuto di tempo per riceverlo. Solo grazie agli sforzi dei membri italiani della delegazione, si è evitato lo scandalo vero e proprio. È stato possibile, infatti, rimediare qualche interlocutore ma si è trattato di una chiacchierata tra persone della stessa opinione. Per i tedeschi, infatti, spiegare all’onorevole Di Biagio o all’onorevole Narducci quanto sia importante evitare la chiusura selvaggia dei Consolati in Germania, si è rivelato del tutto inutile dal punto di vista strategico. L’effetto positivo di questa missione è però innegabile sotto l’aspetto del sostegno alla lotta di quei parlamentari di destra e di sinistra, di quei consiglieri CGIE e di quei senatori che si battono per una riforma della rete consolare che non sia a scapito degli italiani all’estero. Lo stesso colloquio rimediato con Lamberto Dini ha avuto l’effetto dello sfondamento di una porta spalancata. Quello che è mancato è stato lo scambio d’idee tra i promotori del piano di chiusura e gli ospiti tedeschi che vedono ledere con questa chiusura gli interessi bilaterali di natura economica, culturale e storica.
Qualcuno avrebbe intravisto nei corridoi il senatore Mantica e giura che stava entrando in biblioteca, quando deve essersi accorto della delegazione tedesca. Perché non si è fermato? Perché nemmeno una stretta di mano ed un grazie a degli ospiti che vengono dall’estero per salvaguardare il prestigio del nostro Tricolore nelle loro città? Il nostro Tricolore, caro senatore Mantica, il nostro e non certo il loro.