Qui i pazienti dell’hinterland (quasi 50 km di costa) avrebbero dovuto godere non solo del panorama speciale e dell’aria salubre ma anche delle cure specialistiche di un ospedale. Da almeno 40 anni. Cinque piani e una struttura faraonica che domina tutta l’insenatura. Dovevano essere allocati qui tutti i reparti di un ospedale cittadino che però d’estate sarebbe stato assalito da migliaia di turisti (si stimano circa 700.000 presenze).
Quarant’anni, le solite vicissitudini burocratiche, i soldi della Cassa del Mezzogiorno che in questi casi non mancano mai (20 miliardi di vecchie lire a cui vanno aggiunti quelli spesi per i vari tentativi di recupero della struttura). E l’ospedale non c’è. Cioè esiste la struttura ma è devastata, depredata. Neanche il tempo di dargli un nome. Nel cosentino lo chiamano tutti «l’ospedale fantasma». A metà degli anni ’80 i lavori erano quasi finiti. Un gran bell’ospedale, attrezzato con tutte le moderne apparecchiature. Erano stati previste attività specialistiche (dalla chirurgia a ostetricia), laboratorio di analisi, la guardai medica e un servizio di 118. Una manna dal cielo per i vacanzieri che su questa costa si affollano a migliaia.
Invece il sogno ha lasciato il posto alla devastazione. Persino i controsoffitti sono stati divelti assieme alle finestre, le porte, i bagni, i lavandini. Un gruppo elettrogeno fu smontato quasi 20 anni fa, di notte. Con tutta la calma di questo mondo arrivarono con un camioncino e smontarono l’intera centralina elettronica, compresi i quadri e gli accessori.
Dopo di loro nessuno ci è più entrato. Piano per piano lo visitiamo tutto. Nel nostro tour dell’incredibile ci imbattiamo in stanze ingolfate di cartoni. Sono sistemati alla rinfusa come durante un trasloco. Ne apriamo qualcuno e troviamo attrezzature di ogni genere: dalle apparecchiature per la spirometria ai misuratori dell’insulina passando per cardiofrequenzimetri e decine di stetoscopi. Tutti nuovi, ancora imballati nelle loro valigette di alluminio.
In altre scatole c’è il necessario per i malati di diabete. E poi farmaci per l’infarto, spray per l’elettrocardiogramma, aghi e siringhe di ogni tipo. Saliamo al piano superiore ed ecco i suppellettili: letti, armadietti, comodini, appendipanni, cassettiere, condizionatori, scrivanie con tanto di stampanti intonse, macchine da scrivere, toner ancora nel cellophane, prese usb, hard disk esterni sigillati nella confezione originale. Ancora un’altra stanza: c’è materiale da cancelleria che potrebbe bastare per un anno interno: buste, pacchi di fogli bianchi, ricettari, timbri, carta intestata, penne…
Da poco è crollata anche la strada che porta al nosocomio. Una voragine di quasi tre metri ha inghiottito parte dell’arteria che avrebbe dovuto portare al Pronto Soccorso. Oggi, per dare una parvenza di utilità, è stato utilizzato il piano terra dello stabile per un poliambulatorio, un centro psichiatrico e un Sert. Forse così si riesce a sfruttare il 10% dell’immenso ospedale. Il resto è fermo tra stop & go periodici, tra promesse elettorali e annunci della politica.
Già, la politica. Da qualche giorno sono in cella sindaco e giunta. L’accusa è quella di essere stati referenti amministrativi delle ndrine di Cetraro. Avrebbero favorito speculazioni sul territorio a favore del clan Muto. Ma non da oggi, non solo loro, non l’unica amministrazione. Da anni. Nel frattempo il vero paradosso lo vivono i calabresi di queste zone. Dopo la chiusura di quello di Praia a Mare, l’ospedale più vicino si trova a 41 km, a Cetraro. Gli altri sono ospedali privati. E non sono fantasma.