Dovrebbe scontare in Italia la pena di quattro ergastoli. Incerta la sua estradizione dal Brasile. L’odissea dei due fucilieri prigionieri in India

Dal 1972 al 1974 Cesare Battisti effettuò rapine, espropri proletari, sequestri di persone, stupro di minorenni e atti di teppismo per obbedire all’ideologia dell’epoca. Azioni per le quali fu arrestato, condannato e messo in galera. Dove conobbe Arrigo Cavallina, ispiratore dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC), che lo fece iscrivere nell’organizzazione dove c’era anche Pietro Mutti, poi collaboratore di giustizia e fondamentale accusatore di Battisti.

Inserimento che gli permise di effettuare assassini “compiuti per porre fine alla loro squallida esistenza”. Impulso ideologico che lo spinse ad uccidere, nel 1977, Andrea Santoro, Sottufficiale dell’Esercito mentre svolgeva il servizio militare ad Udine. Poi assassinò un gioielliere milanese, un macellaio di Mestre iscritto all’Msi, ed un agente della Digos di Milano. Uccisioni che lo hanno fatto condannare all’ergastolo.

La pena non venne mai scontata in quanto latitante prima in Francia ed in Messico e, dal 2004, in Brasile, dove, tre anni dopo, fu messo in carcere per aver cercato di oltrepassare il confine tra il Brasile e la Bolivia. Vi rimase fino al 9 giugno 2011. Nel frattempo l’Italia ne aveva chiesto l’estradizione rifiutata (a dispetto del parere favorevole dell’avvocatura dello Stato), dal Presidente Luiz Inácio Lula da Silva che gli concesse il diritto d’asilo. Decisione confermata dal nuovo Presidente brasiliano, Dilma Rousseff, perché in Italia avrebbe potuto subire “persecuzioni a cause delle sue idee”.

Ma il Governo italiano non ha mai mollato, convinto che ai parenti degli assassinati e a molti cittadini sembra giusto che sconti la condanna nel nostro Paese, come affermato dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, secondo cui “l’estradizione è possibile, l’Italia la chiede da tempo. Abbiamo fatto tutti i passi presso le autorità brasiliane e alla luce di questo nuovo fatto ne faremo altri”.

Cioè mettendo in atto il Trattato di estradizione tra la nostra Repubblica e quella federativa del Brasile. Accordo, firmato a Roma il 17 ottobre 1989, approvato dal Parlamento il 23 aprile 1991 ed entrato in vigore nel 1993, che disciplina lo scambio di detenuti e l’estradizione, se la pena, prevista per reati punibili con più di un anno d’incarcerazione e ancora da espiare, sia superiore a nove mesi, o se i delitti sono più di uno. Alla domanda di rinvio in Patria la “Parte richiedente” deve “allegare una dettagliata descrizione del reato commesso e tutti gli atti giudiziari relativi”. Rimpatrio che può essere rifiutato qualora voluto solo per motivi politici o se richiesto esclusivamente “per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali”. Motivazioni che, nel 2009, ne fecero respingere la richiesta, ora rinnovata. Se accettata, l’Italia deve mandare qualcuno a prenderlo entro venti giorni e pagare la metà del costo dell’aereo. Altrettanto impegno da parte dell’Italia per il loro rientro meriterebbero i due fucilieri della Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dall’India tenuti prigionieri in quanto accusati di omicidio. Da molto tempo aspettano la sentenza che sarà emanata, forse, nel 2018.

Forse basterebbe chiederne l’estradizione promettendo di metterli in prigione, qualora fossero ritenuti colpevoli di omicidio. Cosa che i Governi italiani non hanno mai fatta, benché convinti della loro innocenza, lasciandoli lontani dal proprio Paese cui avevano dedicato la vita. E dove desiderano rientrare, al contrario di quel vero assassino che non vuole “essere estradato in Italia” e gode del decreto dell’ex Presidente, Luiz Ignacio Lula da Silva, che nel 2010 gli concesse “un visto permanente da immigrato”.

Ora revocato dal Presidente Michel Temer in quanto, secondo il Ministro della Giustizia, “Battisti ha rotto il rapporto di fiducia che aveva per rimanere da noi”. Una revoca dello status di rifugiato politico che non gli permetterebbe più di divertirsi, di “pescare e fare shopping”. Soprattutto di deridere l’Italia, gli Italiani ed i tentativi governativi di metterlo in prigione.

Il giudice Fux, incaricato del caso presso la Corte Suprema del Brasile, favorevole all’asilo, si dichiara invece contrario all’estradizione. C’è da augurarsi che sia presa una decisione favorevole al rimpatrio. I parenti degli assassinati vorrebbero finalmente vederlo in galera.

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