Nella foto: Il presidente del consiglio Giorgia Meloni. Foto di ©gov.it

Giorgia Meloni la prima donna a guidare l’Italia

Insediato il nuovo Parlamento, Giorgia Meloni è stata nominata Presidente del Consiglio e ci si augura che sia soprattutto sé stessa e non tema di rompere qualche schema senza lasciarsi distrarre da più o meno interessati “consigliori”.

Attraversa un momento positivo in termini di popolarità e quindi un (breve) periodo politico di relativa tranquillità, ma all’interno di una coalizione insoddisfatta e soprattutto in una situazione economica che esploderà – temiamo – a tempi brevi.

Costituito il suo nuovo e primo governo non deve aver paura di rompere anche con il passato, perché se la continuità è importante lo è anche la diversità visibile su alcune scelte, il che passa anche attraverso i volti che le declinano. Crediamo che la maggior parte degli elettori che l’hanno votata chieda infatti freschezza, cambio, volti nuovi coniugati alla competenza, non importa se siano persone più o meno gradite agli apparati (o “nipotine” del Cavaliere).

Il momento è economicamente difficile, la “tempesta perfetta” più che essere in agguato è già ben netta all’orizzonte, visto che ci stiamo infilando a testa bassa in un periodo turbolento e che per l’Italia rischia di diventare critico non solo perché il “sistema paese” è logorato e sarà messo alla prova, quanto perché molti saranno tentati – all’interno e all’esterno – di sparare da subito a palle incrociate sul capo del governo e la sua nuova maggioranza sperando di abbatterla il più presto possibile.

Al di là dei sorrisini, Giorgia Meloni non può risultare molto gradita agli apparati speculativi, alle solide (e a volte torbide) alleanze politica-potere incrostatesi nel tempo a Roma come a Bruxelles.

Dall’altra parte, la gente l’ha votata perché spera, magari considerandola come ultima spiaggia, oppure per protesta, o “perché il resto è anche peggio”. In definitiva tutti hanno un grande senso di aspettativa.

Vale sul fronte interno dove avrà ostili la maggior parte delle fonti di stampa, i partiti avversari, sicuramente la struttura “alta” della piramide che la politica ha messo in piedi nei decenni e che teme di essere a rischio di emarginazione, come è avvenuto durante la campagna elettorale.

All’esterno, il “boccone Italia” è già stato abbondantemente spolpato, ma un po’ di buono c’è ancora e il forte richiamo ai valori nazionali non è stato da subito una bella musica per chi è abituato a considerare l’Italia una realtà debole, piagnucolosa, indebitata e quindi nella “fascia bassa” tra i partner europei più credibili, certamente non tra i VIP dell’Unione.

La Meloni è troppo furba per cadere invece nel tranello del fascismo-antifascismo anche perché è la dimostrazione pratica di una problematica politicamente superata, che non “tira” più alla vigilia del centenario della Marcia su Roma, anche se qualcuno (per ora tacitato) faceva finta di temerlo in campagna elettorale.

Le prime settimane saranno quindi delicate e pericolose, ma necessarie per impostare un nuovo ritmo, se il nuovo Presidente del Consiglio sarà capace di darlo al paese a cominciare dal timing di governo.

Mille i problemi, a cominciare dal PRNN che non è a posto e comunque siamo ancora agli acconti, non alle verifiche di conformità che libereranno il grosso delle risorse.

Nell’infinita serie delle priorità ci sarà infine la scelta degli amici internazionali e il mercato non offre molto all’Italia, ma già il fatto che il passaggio con Draghi è stato importante nel colloquio di più di un’ora al termine della cerimonia della campanella, cosa che non è avvenuto con i governi passati, e subito l’incontro con Macron, fanno ben sperare. Scontate le distanze da Orban gli eventuali alleati europei di prima fascia sono tutti da ritrovare. Per schivare le imboscate l’unico vantaggio potrebbe essere allora la velocità nel fissare dei paletti, avere dalla propria parte (almeno) il Quirinale, così come pare ci sia, ma senza perdere in ogni caso la propria identità, con i fatti ed eliminando le questioni di lana caprina che certi personaggi hanno cercato di introdurre.

Da anni alcuni personaggi si riempiono la bocca con il tema delle pari opportunità, eppure… la prima donna installatasi a Palazzo Chigi è una donna di centrodestra e la cosa dà molto fastidio, ed a tal proposito si nota come una certa parte politica mostra di amare molto più l’ideologia che la realtà. E infatti, nonostante tutto, continuano a sostenere che la Meloni è una minaccia per le donne, che la sua designazione a Presidente del Consiglio è un passo indietro rispetto alle conquiste del femminismo e altre amenità del genere.

Il Presidente del Consiglio ha subito messo in chiaro alcune cose come quella di usare la formula “il presidente” del Consiglio in occasione delle comunicazioni ufficiali. Apriti cielo! L’ex Presidente della Camera Laura Boldrini, “la signora della crusca” che, anziché pensare al lavoro quale terza carica dello stato, in maniera ossessiva è stata per anni a martellarci solo sull’importanza di declinare tutto al femminile per rispettare le donne, si è stracciata le vesti. Già la Casellati appena nominata Presidente del Senato disse chiaramente ai giornalisti che le chiedevano se chiamarla la presidente o la presidentessa, lei rispose: io sono il Presidente del Senato. Ed anche l’Accademia della Crusca, tramite il suo presidente Claudio Marazzini, si è espressa chiaramente: usare la formula al maschile anche per una donna è una preferenza linguistica e dunque chi la utilizza non può essere accusato di aver commesso un errore di grammatica. “Chi preferisce le forme tradizionali maschili ha diritto di farlo”, ha osservato.

Quindi la Boldrini può mettersi l’anima in pace, con lei tutti coloro che dovrebbero piuttosto fare un mea culpa e riconoscere che le quote rosa sono piuttosto offensive della dignità della donna oltre che essere una misura assolutamente ideologica e contraria al buon senso. Giorgia Meloni è arrivata dove è arrivata non per delle quote rosa, ma perché ha saputo farlo.

Pertanto, è preferibile che si obietti sui programmi, che si facciano discussioni su come poter far riprendere l’Italia e farla tornare la grande nazione quale era, cercando per quanto possibile di lavorare insieme, invece che continuare a fare discussioni inutili come inutili sono certi personaggi che fanno parte “dell’Arco Costituzionale” come si suol dire e che avrebbero fatto bene a rimanere a casa se non danno nessun apporto alla crescita del Paese Italia…ma secondo l’espressione di un famoso film sono: “solo chiacchiere e distintivo…solo chiacchiere e distintivo”.

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