Foto di © Kjrstie su Pixabay

Una dichiarazione d’amore a un Paese degno di essere amato

Buon compleanno a Voi Signora Italia Repubblicana. Signora perché è come una Signora che Vi immagino e uso il “Voi” perché mi pare la forma più rispettosa, per i meridionali come me, pur se antiquata ma comunque meno asettica del “Lei”.

È proprio così che Vi immagino, come una bellissima signora affascinante, un poco austera ma sorridente quando non si sente osservata.

Perché Italia? Perché state di casa su un pezzo di terra da sempre così chiamato in mezzo al Mediterraneo e siete baciata dal mare, accarezzata da pianure infinite, decorata da montagne verdi, bianche, brune come quelle ciocche colorate nelle pettinature di quelle signore altolocate, quando vogliono darsi un tono meno formale.

Perché Repubblica?  Perché ancora una volta, e dopo tanti cambiamenti, il Vostro popolo, la gente che Vi abita e Vi dà vita, Vi ha voluto Repubblica come nei tempi antichi.

Certo la Vostra, cara Signora Repubblica, non è stata una nascita facile. Siete nata in mezzo alle macerie e non certo in una clinica di lusso. Le donne e gli uomini che Vi hanno voluta avevano addosso panni stracciati, la paura dei bombardamenti negli occhi e nelle orecchie l’eco delle sirene antiaereo.

Quanta sofferenza. La stessa sofferenza di quel periodo di tanti altri Paesi e popoli vicini e lontani, certamente. Ma alla sofferenza italiana si aggiungeva la delusione, il tradimento, la disillusione per la certezza dell’inganno e l’umiliazione che spetta ai vinti.

La delusione provocata dai propri regnanti, mentre gli italiani si definivano non cittadini ma sudditi di Casa Reale e lo facevano ben volentieri.  Il re, la regina, il principe e le principesse erano tutte figure naturali in uno scenario già da sempre maestoso. Palazzi illustri, parchi immensi, i cavalli bianchi, tutto armonioso in un Paese che di re ne aveva visti andare e venire a dozzine. La delusione del suddito è però amara quando il suo Re scappa. La delusione del suddito è aspra quando il suo Re scende a patti con i delinquenti.

Ed ecco il tradimento. Il tradimento da parte di chi, con toni marziali, aveva gridato per vent’anni: Avanti l’Italia! Il tradimento di chi, ubriaco di sé stesso, aveva dimenticato il popolo quando era già accecato dalla propria immagine allo specchio. Quando il dittatore, sinceramente amato da buona parte dei sudditi cittadini, cominciava a mettere la propria immagine ovunque, come il Dio onnipotente che è in cielo in terra e in ogni luogo, si sentiva proprio come un dio e deve aver perso la ragione.  Ma se il dittatore Mussolini Benito avesse veramente e completamente perso il cervello, per quel senso di onnipotenza che lo affliggeva, allora sarebbe morto con un’arma in mano, alla testa dei suoi soldati. Invece li ha traditi. Li ha mandati a morire una morte inutile per poi tentare di salvare la propria pelle. Ecco il tradimento.

La disillusione. Il sogno di grandezza imperiale suggerito per vent’anni rivelatosi una grande inconsistente bolla di sapone e l’umiliazione che spetta ai vinti, soprattutto quando si avventurano in un conflitto, proclamando al mondo di essere una “razza” superiore.

Ecco i contorni della Vostra nascita, Signora Repubblica. Tutto annerito dal fumo degli incendi, tutto ovattato da una depressione paralizzante. Un popolo annichilito. Tranne quella boccata di ossigeno conquistata col mitra in mano, per cacciare via un esercito -banda di delinquenti nazisti e fascisti- che rapiva i nostri giovani per schiavizzarli in Germania, il popolo italiano era afflitto dalla fame più nera e ridotto a chiedere l’elemosina ai “liberatori”, gli stessi che qualche settimana prima lo avevano seppellito vivo sotto i bombardamenti aerei.   

Eppure, eppure l‘incredibile speranza. Incredibile pensare come queste donne e questi uomini lacerati non abbiano perso la speranza e la volontà di rinascere, di farsi largo tra le macerie per ricostruire quanto distrutto non solo per le vie delle città ma nei loro cuori, nei loro sentimenti.

Siete nata così Cara Signora Repubblica Italiana. Siete natagià piena di anticorpi, come si dice di quei bambini che crescono in ambienti poco sani e mai disinfettati.

Siete nata con l’anticorpo giusto contro ogni forma di dittatura. Siete nata con gli anticorpi adatti contro la disumanità. Siete nata con il voto di maschi e femmine, di ricchi e di poveri, di settentrionali e di meridionali. Siete nata perché voluta, desiderata, sognata.     

Troppo sentimentale? Ma la Repubblica Italiana questo è. È un sentimento. È un’emozione astratta come l’amore per una cosa giusta e bella. Anzi! Non dovremmo mai smettere di provare un brivido irrazionale davanti a tanta bellezza unita a tanta intelligenza. Si lo so, non sono in pochi a ritentare la riaffermazione del senso di supremazia e di rivalsa, non sono in pochi a storpiare il concetto di Nazione per farlo sfociare in nazionalismo con il “noi” prima di tutti.

Ma non c’è da preoccuparsi. Amare l’Italia non può mai significare disprezzo verso altri popoli, altre nazioni proprio perché l’Italia altro non è che l’unione armoniosa di stirpi, culture, storie, tradizioni e lingue diverse. L’essere innamorati del proprio Paese, della propria Repubblica non fa altro che rendere più sereni, armonici, desiderosi di condividere quanto di bello, infinitamente bello e di umano e di intelligente e di generoso questo pezzo di terra bagnato da tre mari è in grado di provare e di offrire.

La politica, il parlamento, i partiti, le elezioni? Scordiamoci tutto. Il “Due Giugno” si è festeggiata  la nascita di un’entità buona, di una forma di convivenza giusta in una cornice che madre natura sembra aver scolpito solo per noi come un privilegio, come un regalo che va conservato e mostrato e condiviso con piacere ed orgoglio.

 Questo è il senso. Essere innamorati, provare cioè amore per la propria terra e la sua forma organizzata, in pace e in armonia con tutto il resto del mondo. Evviva l’Italia, repubblicana, democratica, indivisibile, umanistica, critica, solidale e allergica a ogni forma di dittatura e prevaricazione.