Nella foto: La professoressa Murella Carbone

Intervista a Maurella Carbone, insegnante di italiano presso la Oswald von Nell Breuning Schule a Rödermark

L’anno scolastico 2020-2021 rimarrà nella storia, forse come il più difficile mai registrato nella storia dell’istruzione. In questo periodo di pandemia e restrizioni, occorre ovviamente avere strutture funzionali e metodi didattici efficaci per poter avere delle lezioni adeguate. Per capire il funzionamento del sistema scolastico tedesco, abbiamo posto alcune domande a delle insegnanti.

Che impatto ha avuto su di lei e su i suoi studenti questo passaggio dalle lezioni in classe alle lezioni a distanza e virtuali?
Nelle lezioni a distanza o distanziate in classe, c’era il problema di mantenere la distanza prescritta di 1,50 metro, quindi non potevamo mettere più i banchi a gruppi oppure a cerchio come erano predisposti, perché la vicinanza era troppo notevole. Quindi è chiaro che la comunicazione è andata un po’ perduta anche lì. Per quanto riguarda il confronto con le lezioni dal PC la differenza è così sostanziale perché manca il contatto. Manca tutta quella parte che a che fare con gli aspetti della mimica, dell’empatia, di tutti quegli aspetti relazionali, ma anche che sostengono il parlare una lingua che è necessario per la prossemica. Tutti questi aspetti non sono più possibili vengono veicolati attraverso la voce. Per esempio, anche se uno chiede di aprire la videocamera, cosa che i ragazzi non fanno molto volentieri, e capisco il perché, è chiaro che anche se avessero aperta la videocamera il contatto è sempre un po’ diverso, rimane sempre una frontiera, una barriera invisibile davanti, e ci si sente come un pesce fuor d’acqua.

Ci può fare degli esempi concreti di come sta cercando di portare avanti la sua didattica?
Fortunatamente so usare un po’ gli strumenti digitali, però lo stesso non hai la velocità, o la capacità di incidere come era in classe. In classe avevamo la possibilità di avere la lavagna digitale, quindi quando si parlava di un argomento o si voleva far vedere un’immagine bastava mostrarlo sulla lavagna. Invece adesso se voglio fare una cosa del genere, devo predisporre tutto quanto prima, senza avere la sicurezza che il mio computer regga, o che la piattaforma regga. Per esempio con le tracce dell’audio delle lezioni che stiamo facendo dal libro, noto che non è facile inserirlo in quella piattaforma e non è facile che tutti lo ascoltino. Molto spesso devo inviarlo via mail, perché altrimenti gli studenti non riuscirebbero a sentirlo. Quindi vi è tutta una tecnica che porta a delle difficoltà sia per l’insegnante, sia per i ragazzi, e trovo che sia una soluzione di ripiego anche perché secondo me la scuola è altro. Io ho sempre amato agganciare la pedagogia oltre alla didattica.

Quale è la differenza tra il suo modo di fare lezione e quello dei suoi colleghi tedeschi?
Non lo so di preciso, perché purtroppo non abbiamo modo di confrontarci. Ma ho notato alcuni colleghi che insegnano lingue e che fanno lezione a distanza, usare il mio stesso metodo. Bisogna sapere che le lezioni in video sono molte ridotte rispetto alla lezione effettiva, è quello che noto è che molti miei colleghi mandano molto materiale via mail, e come dicono spesso i ragazzi, molte volte anche senza spiegazioni. Insomma almeno una spiegazione scritta vogliamo darla ai ragazzi? Cioè copia da qualche testo, magari aggiungi la mail della scuola dove dici chi ha difficoltà può chiamarmi, ecc… Questo è quello che faccio io con i miei studenti, dico sempre se avete problemi avete il mio cellulare, avete la mia mail di scuola scrivete. Un altra lamentela che sento spesso è che gli altri insegnanti danno molti compiti e in questo caso cerco di ridurre io nel dare dei compiti, perché posso capire che stare ore intere davanti al PC, seduti alla scrivania con poche possibilità di movimento non siano il massimo per questi ragazzi

Quali sono stati finora gli aspetti positivi e negativi che ha riscontrato in questa situazione
Di positivo, devo dire la verità, vedo poco, tranne di come si sono attivate, attrezzate e organizzate le scuole. Dove insegno io, posso dire che è una delle scuole che si è messa in azione in modo più veloce rispetto ad altre scuole. Per esempio a Francoforte, alcune colleghe mi hanno raccontato che non hanno avuto nemmeno la divisione della classe, cioè il cosiddetto modello ibrido. Ecco da noi almeno è stato subito messo in atto. Come abbiamo avuto la comunicazione da parte del Kultusministerium, siamo partiti subito con lezioni ibride, quindi 50% a casa e in alternanza 50% a scuola. Però anche qui chi sta a casa dispone di poche apparecchiature tecniche, e si nota dal problema che hanno molti studenti nel connettersi, o perché il w-lan che hanno a casa non funziona bene o perché i server e la tecnica messa a disposizione dalla scuola non funziona. Un altro aspetto negativo e quello relazionale che si è ridotto al minimo. Questo è un momento in cui si è in uno stato di necessità, e bisogna prenderlo per quello che è.

Qual è l’atteggiamento degli studenti in questi mesi di pandemia. Qual è il loro impatto emotivo?
Con i miei studenti cerco sempre di dialogare anche se i due gruppi a cui do lezioni di italiano sono molto diversi. Con il primo gruppo, di cui fa parte anche suo figlio, e dove sono solo in dieci, c’è una specie di simulazione di quello che si faceva in classe. Non vedo grandi lamentele nei miei confronti, se c’è qualcosa che non va, se do troppi compiti me lo dicono chiaramente, poi ogni tanto si fa qualche battuta e si ride insieme, anche se, ripeto, i ritmi sono molto rallentati. Mentre con l’altro gruppo dove sono 19 ragazzi/e la comunicazione diventa un po’ robotizzata, perché sono tanti. Io ho una specie di lavagna di fogli che mi sono fatta sulle pareti qui a casa mia. Facciamo insieme lezione, li chiamo, o alzano la mano con la “manina gialla” del programma, come se fossimo a lezione, e infine cerco di attivare a prender parte alla lezione quelli che sono più silenziosi. A fine lezione chiedo sempre com’è andata e tutto sommato mi dicono sempre è andata bene e che hanno capito la lezione.

Che cosa le manca di più del suo lavoro in questo momento?
I ragazzi/e, la presenza fisica che vuol dire tanto. Uno sguardo, un sorriso una battuta, un rimprovero. Insomma tutte quelle cose che si fanno a scuola. Anche le battute tra di loro, che adesso ogni tanto fanno nella chat, però non è più così spontaneo come prima. Manca tutto questo mondo relazionale ed empatico. Questo è veramente quello di cui io sento la mancanza.

Ha delle critiche da fare al sistema scolastico tedesco oppure va bene così?
Il sistema scolastico tedesco è uno dei più antiquati del mondo ed è obsoleto. È obsoleto con queste classi elementari, almeno in Assia, che finiscono con la quarta elementare, poi questa divisione in tre sistemi diversi. Tra l’altro l’Hauptschule, diciamolo, prima erano i figli dei migranti, i figli dei Gastarbeiter che venivano mandati nella Hauptschule, adesso sono stati un po’ sostituiti dai profughi, dai ragazzi che stanno venendo da altri paesi del mondo. La Hauptschule, secondo me, è un ramo che si potrebbe benissimo chiudere, così come anche la divisione della Realschule e del ginnasio. Cioè sono dei modi di pensare che ancora sussistono e naturalmente non sono più adeguati ad un mondo, a parte dinamico e globale, ma anche dove bisognerebbe promuovere la mobilità sociale. Invece questo metodo tiene la mobilità sociale in scacco, cioè tu sei nato così e continuerai ad essere così, perché di più non devi e non puoi essere. E questo a dispetto della costituzione tedesca, del Grundgesetz tedesco, dove recita che ciascuno individuo deve potersi evolvere secondo le proprie attitudini, le proprie capacità e i propri meriti. Ma ciò non è possibile se non viene data la possibilità di un appoggio per poter andare oltre. Quindi il sistema scolastico tedesco dovrebbe essere cambiato totalmente. Quello che rimprovero alla Germania federale è il fatto che quando c’è stata l’annessione della parte orientale, qui parliamo della fine degli anni 80, non ha preso il sistema scolastico della Germania dell’est. Era molto più vicino a quello italiano, più o meno, quindi aveva una fascia elementare più ampia aveva una fascia media di 5 anni e poi la possibilità di continuare nel ginnasio e nel ginnasio tecnico e via dicendo, che è un po’ anche il sistema italiano. Di quello italiano trovo che la fascia delle scuole medie dura poco, troverei più adatto aggiungere qualche anno.

Forse sarebbe il caso, visto che siamo ormai in Europa di unire il sistema scolastico, facendolo diventare un sistema scolastico europeo, con 5 anni di scuole elementari, 4 anni di medie e 4 anni di superiore…
Questo sarebbe l’ideale, il massimo da raggiungere. Purtroppo però la materia istruzione non è di competenza europea. Anche se tante cose che succedono nei sistemi scolastici nazionali provengono dall’Europa. Sto parlando della aziendalizzazione della scuola, cioè la scuola che diventa una specie di azienda, e trovo l’idea orribile, perché ciò va contro i principi pedagogici e basilari dell’educazione.

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