Nella foto: Reticolato confine. Foto di © Holger Schué su Pixabay

La riunione a Lussemburgo affronta le minacce alla sicurezza e le sfide dei controlli di frontiera. Attualmente, undici nazioni all’interno dell’ambito Schengen hanno reintegrato i controlli di frontiera, temporaneamente sospendendo le disposizioni del patto riguardante il movimento non regolamentato. In Lussemburgo, i ministri dell’Interno stanno discutendo delle sfide relative alla sicurezza

La discussione è stata inevitabilmente influenzata dagli ultimi atti di violenza terroristica verificatisi in Francia e Belgio.

“Colui che ha perpetrato l’atto di terrorismo in Belgio era stato allontanato dalla Svezia nel 2010, seguendo le direttive del regolamento di Dublino”, ha affermato Gunnar Strömmer, Ministro della Giustizia della Svezia.

“L’individuo coinvolto nell’attacco terroristico in Belgio era stato espulso dalla Svezia nel 2010 seguendo il regolamento di Dublino. Da allora è riuscito a transitare in vari Paesi dell’Unione. Questo sottolinea l’importanza del sistema di Dublino, del controllo delle frontiere e dell’efficacia del processo di rimpatrio, oltre alla condivisione delle informazioni tra i Paesi membri”, ha sottolineato Strömmer, soggiungendo essersi trattato di un “movimento secondario”, in cui una persona giunta inizialmente in un Paese dell’UE, ovvero l’Italia, è riuscita a spostarsi illegalmente in un altro Paese.

Alcuni Paesi dell’Unione Europea hanno attualmente imposto restrizioni alle frontiere per evitare ulteriori intrusioni. Il caso di Abdessalem Lassoued, di origine tunisina, che ha ucciso con brutali coltellate due cittadini svedesi a Bruxelles il 16 ottobre, mette in luce le lacune del sistema europeo di asilo poiché è riuscito a transitare tra diversi Paesi e a presentare numerose richieste d’asilo, tutte respinte, tra cui quelle in Norvegia e Svezia. Era arrivato in Italia nel 2011, sbarcato a Lampedusa approfittando della tolleranza delle autorità italiane, ed aveva quasi subito abbandonato il centro per i rimpatri. Ma dopo essere stato espulso dalla severa Svezia, è tornato nell’accogliente Italia nel 2016. Quanti estremisti islamici siano sbarcati insieme a lui, quanti potenziali terroristi si aggirino attualmente per l’EU è un tema tabù a sollevare il quale si corre il rischio di venire accusati e diffamati di “razzismo” dagli intellettuali di sinistra.

Secondo il rapporto dell’Eurostat (l’Ufficio Statistico Europeo) riportato dall’agenzia ANSA, “Nel 2022, 141.060 cittadini extracomunitari sono stati respinti nel territorio dell’UE, mentre 1,08 milioni di persone si sono trovate illegalmente presenti in uno dei paesi dell’UE. Il numero di cittadini extracomunitari a cui è stato impartito un ordine di lasciare uno stato membro dell’EU è stato di 422.400 unità. A seguito di un ordine di lasciare il territorio, 96.795 cittadini non comunitari sono stati rimpatriati in un altro paese, e di questi 77.530 sono stati rimpatriati fuori dell’UE”. Il grosso dei migranti proveniva dalla Tunisia. Quanta percentuale di questi siano ferventi antisemiti, fanatici islamisti, o anche solo simpatizzanti per i terroristi di Hamas, l’Eurostat non ha investigato.

Le preoccupazioni relative alla sicurezza, intersecandosi con i flussi migratori, stanno spingendo gli Stati membri dell’Unione Europea a temporaneamente chiudere le proprie frontiere, sospendendo le disposizioni del trattato di Schengen in merito alla libertà di movimento delle persone.

Attualmente, dieci Paesi hanno reintegrato i controlli doganali: l’Italia, per un periodo di dieci giorni, ha attivato tali misure al confine con la Slovenia, e si unisce a Danimarca, Austria, Germania, Svezia, Norvegia, Slovacchia, Polonia, Slovenia, Repubblica Ceca e Francia.

Al contrario, Romania e Bulgaria rimangono al di fuori dell’area Schengen a causa dell’opposizione di Austria e Paesi Bassi. La Commissione europea e la presidenza spagnola del Consiglio sperano di ottenere l’approvazione nel mese di dicembre.

La discussione a Lussemburgo ha affrontato anche l’importanza di combattere la radicalizzazione online, con i ministri che promettono una maggiore cooperazione e scambio di informazioni tra gli Stati membri e chiedono controlli più efficaci alle frontiere esterne.

La commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, ha ribadito l’urgenza di accelerare i rimpatri nei Paesi d’origine dei richiedenti asilo la cui richiesta è stata respinta, soprattutto per coloro che costituiscono una minaccia per la sicurezza, in accordo con quanto precedentemente affermato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Nel nuovo patto emerso all’inizio di ottobre, e finora pubblicato solo in lingua inglese, non cancella il concetto di primo paese di approdo, ma si limita a correggerlo con grande delusione dell’Italia. La solidarietà dovrà essere obbligatoria, ma flessibile. Si tratta in sostanza di una soluzione di compromesso necessario con i paesi di Visegrad. La Commissione Europea propone di creare una nuova “Agenzia Europea per l’Asilo” il cui compito sarebbe quello di gestire la scelta degli “immigrati vulnerabili” operando una selezione entro cinque giorni fra coloro che sono suscettibili di vedersi riconosciuto l’asilo e quanti invece hanno poche possibilità. Una nuova macchina burocratica, in sostanza, i cui ingranaggi potrebbero facilmente andare a incepparsi con quelli della Frontex, che è l’Agenzia Europea per la guardia dei confini di terra e di mare, con solo 1.000 collaboratori circa, il cui compito non riguarda solo l’immigrazione clandestina, ma anche combattere contro la criminalità armata dei contrabbandieri di droghe. Frontex ha sede a Varsavia, proprio in uno dei paesi UE più ostili all’immigrazione, ed il suo direttore esecutivo è il generale olandese Hans Leijtens, eletto un anno fa dopo un seguito di scandali per corruzione che avevano costretto alle dimissioni il suo predecessore. Attualmente Frontex sta cercando di prendere tempo perché, secondo Leijtens, avrebbe bisogno di un indirizzo politico da Bruxelles.

La Commissione europea fa riferimento in particolare a una direttiva sui rimpatri proposta nel 2018, ma su cui il Parlamento europeo non ha ancora raggiunto un consenso. A tal fine, la commissaria Johansson ha convocato una riunione di emergenza con la coordinatrice europea per i rimpatri, Mari Juritsch, il 20 ottobre.

“Abbiamo già compiuto notevoli progressi e quest’anno abbiamo constatato un aumento del 20% dei rimpatri, quindi stiamo effettivamente rimpatriando un maggior numero di persone”, ha dichiarato Johansson al suo arrivo a Lussemburgo. “Ma ci sono ancora molte questioni da affrontare. Per me, è fondamentale che le persone che rappresentano una minaccia per la sicurezza dei nostri cittadini e dell’Unione Europea vengano rimpatriate con decisione”.