Nella foto: Giustizia. Foto pixabay

Un modo di affrontare i conflitti penali in Italia e in Germania

Il concetto di “giustizia riparativa” è emerso con forza nel dibattito pubblico, in particolare dopo casi mediatici come quello di Davide Fontana, condannato per l’omicidio di Carol Maltesi. In modo comune, la vittima di un evento tragico è il focus della giustizia penale, che cerca di riparare moralmente al danno attraverso la pena. Tuttavia, la sentenza del tribunale spesso trascura il dolore della vittima, aprendo la strada alla giustizia riparativa.

In Italia, la giustizia riparativa è stata introdotta con la Riforma Cartabia (articoli 42-67 del d.lgs. 150/2022). L’art. 42 definisce questo approccio come un programma che permette a vittime e autori di reato di partecipare consensualmente alla risoluzione delle questioni con l’aiuto di un mediatore imparziale.

La direttrice, del Centro Studi sulla giustizia riparativa e mediazioni, Grazia Mannozzi sottolinea che la giustizia riparativa non è un beneficio per l’autore del reato, ma un impegno emotivo che richiede collaborazione. Non mira a sostituire l’azione penale obbligatoria, ma a affiancarla. La partecipazione è volontaria e la mediazione è il principale strumento in Italia, insieme ad altri metodi come i circle e i victim empathy groups. “La giustizia riparativa è un modello che mette al centro le vittime, cercando una risposta costruttiva a un evento distruttivo come il reato,” spiega Mannozzi. A differenza della giustizia penale, che risponde a un reato con una pena, la giustizia riparativa non punta a imporre una punizione, bensì a lavorare per riparare al danno conseguente al reato. “Lavorando con strumenti dialogici, si cerca di far emergere il vissuto delle vittime, la loro narrazione del reato. Questo storytelling ha una valenza terapeutica per loro, le aiuta a sentirsi riconosciute,” continua Mannozzi.

La direttrice del Centro Studi sottolinea un fraintendimento comune riguardo alla giustizia riparativa. “C’è un fraintendimento di fondo, cioè che la giustizia riparativa sia una sorta di beneficio concesso all’autore del reato, e invece non è così. La giustizia riparativa è emotivamente impegnativa, richiede la collaborazione e l’attività da parte dell’autore del reato”. La Costituzione prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, e la giustizia riparativa non mira a sostituirla, ma a affiancarla. Inoltre, la partecipazione ai programmi di giustizia riparativa è volontaria, sia per le vittime che per gli autori dei reati. La mediazione è il principale strumento utilizzato in Italia per la giustizia riparativa, ma esistono anche altri metodi, come i circle e i victim empathy groups, che possono adattarsi a casi specifici.Per diffondere la cultura della riparazione, Mannozzi suggerisce di iniziare dall’università, “La formazione dei giuristi alla giustizia riparativa è cruciale, per garantire che questa pratica venga accolta senza timori. La giustizia riparativa inizia quando le persone coinvolte sono trattate con rispetto, dignità e accoglienza. Questo rappresenta il primo passo verso una giustizia che si focalizza sulla riparazione e la restaurazione dei legami sociali”.

In Germania presente dagli anni ‘80

In Germania, il concetto di “Täter-Opfer-Ausgleich” (TOA) rappresenta un approccio innovativo nella gestione dei conflitti derivanti dai reati. Questo modello va oltre la semplice compensazione materiale del danno, includendo una dimensione ideale di giustizia che coinvolge l’assunzione di responsabilità da parte del colpevole e la disponibilità della vittima a accettare tale compensazione. Idealmente condotto da una figura neutrale e addestrata, il TOA non è parte del procedimento penale formale, ma piuttosto un mezzo extragiudiziale di risoluzione dei conflitti.

Il TOA, nato negli anni ‘80, ha radici in progetti volti a supportare vittime, criminali e giovani. Il suo sviluppo è stato successivamente recepito nella legislazione tedesca, riflettendo una visione di successo nell’ambito della “restorative justice” europea. Nonostante non sia una parte integrante del procedimento penale, il TOA può influenzare le decisioni giudiziarie, consentendo al pubblico ministero di sospendere il procedimento o al tribunale di concedere riduzioni di pena.

La vittima, volontariamente coinvolta, può esprimere attivamente i propri interessi e le conseguenze del crimine, affrontando paure e preoccupazioni. Dall’altro lato, il colpevole ha l’opportunità di comprendere direttamente le conseguenze del suo atto, fornendo una via costruttiva per la riparazione dell’ingiustizia commessa.

Il TOA, particolarmente efficace nel diritto penale minorile, offre un’alternativa alla semplice punizione, mirando a sensibilizzare il colpevole e a prevenire la recidiva. Riducendo l’uso delle risorse giudiziarie, il TOA contribuisce a una gestione più efficiente dei conflitti penali. Inoltre, promuove la giustizia riparativa, un approccio che guarda alla riparazione piuttosto che alla sola punizione, costruendo una società più equilibrata e consapevole. La sua applicazione in Germania illustra il successo di questo approccio nel gestire l’ingiustizia, favorendo la consapevolezza e riducendo il rischio di recidiva.

In entrambi i contesti, la giustizia riparativa offre un’alternativa basata sulla comprensione e responsabilità, suggerendo che il futuro della giustizia penale possa concentrarsi sulla riparazione piuttosto che solo sulla punizione.

In un mondo sempre più complesso, tali approcci possono contribuire alla creazione di comunità più equilibrate e consapevoli.