Il senatore Claudio Micheloni scrive una lettera aperta ai Senatori della Repubblica Italiana, dove contesta la tesi che l’innovazione alla legge Tremaglia sia dovuta dalla necessità di reciprocità e di parità di trattamento tra cittadini italiani che risiedono in Italia e i residenti all’estero

Continuano le polemiche sulle modifiche approvate alla Camera per il voto degli italiani all’estero e la norma più contestata è quella che permette agli italiani residenti in patria di candidarsi nella Circoscrizione estero.

Per Claudio Micheloni, senatore Pd, eletto nella ripartizione estera Europa, le norme contenute nel Rosatellum 2.0 che consente ai residenti in Italia di candidarsi oltre confine sono “una umiliazione delle ragioni storiche che hanno prodotto la legge”. In particolare Micheloni contesta la tesi che l’innovazione alla Legge Tremaglia sia dovuta dalla necessità di reciprocità  e di parità di trattamento tra gli italiani che risiedono in Italia e coloro che risiedono all’estero che si potevano candidare in Italia.

Qui la lettera aperta del senatore Claudio Micheloni (Pd)

 

Carissime colleghe e colleghi,

 

tra pochi giorni saremo chiamati ad esprimerci sulla nuova legge elettorale.

Come sapete, il testo confezionato alla Camera dei Deputati contiene una modifica del voto all’estero, tale da prevedere la possibilità di candidare nella circoscrizione estero anche cittadini residenti in Italia.

C’è chi dice si tratti di una umiliazione delle ragioni storiche che hanno prodotto quella legge, io tra questi, così come c’è chi lo considera un modesto cambiamento di natura tecnica, inteso a „ripristinare la reciprocità“, cioè, pare di intendere, sanare una contraddizione, un’aporia. Si tratta di un argomento che considero serissimo, eppure domando la vostra attenzione non tanto per dirvi cosa penso io, ma per raccontarvi cosa ne pensano altri.

Vuole essere, questa, una lettura d’incoraggiamento, per quanti di voi dovessero condividere con me una certa malinconia nell’osservare la politica dei nostri giorni e questa legislatura che volge al termine. Sia bandito il pessimismo! La Repubblica può confidare nel futuro, forte di ingegni versatili, di stampo rinascimentale, devoti alla verità. Ve ne presento un paio.

L’onorevole Fiano, giunto al costituzionalismo muovendo dalla professione di architetto (e io, che son geometra, non posso che averne la massima considerazione), è intervenuto per sgombrare il campo da equivoci e cattivi pensieri: „Si intende, in tal modo, superare una diversità di trattamento tra cittadini italiani residenti in Italia e cittadini residenti all’estero in tema di elettorato passivo. (…) Si tratta, del resto, di una delle questioni maggiormente dibattute nel corso dell’iter di approvazione della legge sul voto degli italiani all’estero, la ben nota legge n. 459 del 2001. Da parte della dottrina sono stati addirittura avanzati dubbi sulla costituzionalità della limitazione dell’elettorato passivo ai soli cittadini residenti all’estero…“

La „dottrina“: quale? Tutta? Perchè non citare qualche nome, così da non lasciarci nell’oscurità? Pensando di fare cosa utile, mi sono addentrato nell’iter della „ben nota“ legge citato da Fiano, ed è pur vero che dubbi ne furono sollevati, tant’è che Tremaglia chiese pareri a diversi costituzionalisti di chiara fama: un Presidente emerito della Corte, due professori ordinari e addirittura due professori straordinari.

Li trovate qui, ma se proprio non avete tempo, sappiate che dissero tutti più o meno la stessa cosa: date le precedenti revisioni costituzionali con le quali fu istituita la Circoscrizione Estero, la limitazione dell’elettorato passivo prevista dalla L.459/2001 non solo non è in contrasto con i principi di uguaglianza e di libertà, ma costituisce la conseguenza „logica“, „necessaria“ del dettato costituzionale. Fiano, probabilmente, avrà consultato una versione novecentesca della Carta: cose che capitano, anche agli innovatori più incalliti.

Generoso com’è, non si è limitato alla dottrina: „Aggiungo, a mò di cronaca, che, per quello che riguarda il gruppo del PD, noi pensiamo che sia giusto candidare i rappresentanti delle nostre comunità all’estero.“ Quindi è inutile polemizzare ed è scorretto ipotizzare, anzi, dovremmo apprezzare il fatto che si fa strada un approccio indubbiamente nuovo, destinato a cambiare in profondità l’ordinamento e la nostra vita quotidiana: a che serve una norma, una odiosa costrizione, quando basta mettersi d’accordo tra persone di buona volontà? Il PD non lo farà, anzi, sfida gli altri a dimostrarsi all’altezza: con lo stesso criterio, potremmo estendere l’immunità parlamentare anche all’omicidio, allo stupro; o forse abrogare direttamente le norme che li proibiscono, legate al tempo triste in cui il legislatore non aveva considerato il principio cardine della vita civile: il buon senso.

C’è un altro pensatore, in questo caso un ragioniere, anch’egli attorniato mattina e sera da costituzionalisti prodighi di consigli, che segue l’impostazione di Fiano ma, essendo più alto in grado, si concede una variazione sul tema degna della massima attenzione: l’onorevole Rosato.

„Capisco e rispetto chi dice che quella esclusività deve rimanere… Vorrei però che si ragionasse anche di un altro profilo: in una fase in cui la mobilità internazionale si sta sviluppando fortemente, assumendo caratteri di maggiore dinamismo e anche di sensibile circolarità tra diversi luoghi di lavoro e iniziativa professionale e imprenditoriale, è giusto o sbagliato rendere più flessibili i criteri di accesso della rappresentanza in modo da cercare di raccogliere anche queste istanze? E‘ sicuro che la realtà estera, nel suo complesso, sia meglio conosciuta da chi per decenni non si è mai spostato da un luogo di lavoro e di vita, anziché da chi ogni giorno la frequenta spostandosi da un’area ad un’altra e da un Paese ad un altro, come ormai da tempo sta accadendo?“

Dubbio certamente legittimo, pur essendo curiosa questa rappresentazione in cui gli emigranti non si schiodano da casa; chi siamo noi per giudicare? Verrebbe dunque da pensare che il PD intenda attingere a queste risorse residenti negli aeroporti: manager, imprenditori, intermediari della ‚Ndrangheta. Ma non è così: „Confermo che il PD alle prossime elezioni saprà valorizzare… l’impegno dei singoli e la spinta collettiva che ha fatto di quelle esperienze un punto avanzato delle battaglie politiche di questi anni. E tutto questo è possibile proprio perché i nostri candidati sono residenti nei continenti che rappresentano, forti del loro radicamento.“

Ricapitoliamo: da una parte si rivendica la correzione di una presunta discriminazione, originata dal dettato costituzionale, con una legge ordinaria; dall’altra ci si interroga su quanto sarebbe più moderno e dinamico approfittare della nuova opportunità, ma vi si rinuncia (per adesso, perché in politica „valorizzare“ non vuol dire candidare). E così ci liberiamo di quell’altro vetusto orpello del passato che è il principio di non contraddizione: Aristotele non avrebbe trovato posto nel PD, indipendentemente dalla sua residenza.

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