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Sin dall’inizio il voto degli italiani all’estero non è stato ben visto dal mondo della politica italiana e forse anche dagli italiani stessi. Non lo voleva nessuno, tranne un cocciuto e ostinato politico italiano che ha fatto di questa idea una sua missione personale. Un bresciano, un uomo pronto a combattere contro tutti, il don Chisciotte italiano, sì proprio lui, Mirko Tremaglia.

Sia nelle elezioni del 2006, 2008 che in quelle del 2013 ci furono molte contestazioni, in particolare sui risultati del voto all’estero, perché il sistema elettorale come era stato concepito all’inizio non garantiva un’ampia trasparenza del voto all’estero. Plichi non consegnati, schede conteggiate in modo irregolare, vendita di schede, ecc… E così dopo 11 anni dalle prime votazioni per gli italiani residenti all’estero nel 2006 si è deciso di varare nuovamente la legge elettorale.

Ora, nonostante le tante polemiche, le opposizioni e le manifestazioni davanti al Senato, il 26 ottobre la riforma della legge elettorale Rosatellum bis, ha ricevuto il via libera definitivo del Senato con 214 voti favorevoli, 61 voti contrari e due astenuti, dopo essere stata approvata dalla Camera. Il Rosatellum bis è stato sottoposto a otto voti di fiducia e la legge è stata appoggiata da Pd, FI, Alternativa popolare e Lega Nord. Sette, invece, sono i senatori del Pd che non hanno votato la legge.

Cosa prevede la nuova legge elettorale per gli italiani all’estero?
Come accadeva con la vecchia legge elettorale, il Mattarellum, anche il Rosatellum consente e favorisce la formazione di coalizioni tra i vari partiti. Il 36 per cento dei seggi sarà assegnato con un sistema maggioritario e il 64 per cento con un sistema proporzionale. Per quanto riguarda gli italiani all’estero, una novità introdotta dal Rosatellum 2.0 è quella che i residenti in Italia possono candidarsi anche all’estero. Inoltre nella stessa norma si specifica che non possono essere candidati gli italiani residenti all’Estero che hanno ricoperto ruoli politici nel paese in cui vivono nei cinque anni precedenti.

Scheda unica
A differenza del precedente sistema elettorale, è prevista una scheda unica con il nome del candidato nel collegio uninominale, affiancato dal simbolo o dai simboli dei partiti che lo sostengono. Inoltre la legge non consente il voto disgiunto, contrassegnado la lista l’elettore vota il candidato prescelto.

Camera
Alla Camera ci saranno 232 collegi uninominali, in cui ogni partito o coalizione presenterà un solo candidato. Il candidato eletto sarà quello che prenderà almeno un voto in più degli altri nel collegio. Per l’assegnazione degli altri 386 seggi si userà un metodo proporzionale: ogni partito o coalizione presenterà una lista di candidati e si conteranno i voti ricevuti da ogni lista; ogni partito o coalizione eleggerà quindi un numero di parlamentari proporzionale ai voti ottenuti. Nelle circoscrizioni estere saranno assegnati altri 12 seggi.

Senato
Al Senato i collegi uninominali saranno 102, i collegi del proporzionale 207, e i seggi degli eletti all’estero 6. Non sarà possibile il voto disgiunto, e ognuno potrà esprimere un solo voto, il quale andrà al candidato del suo collegio (per la quota maggioritaria) e alle lista che lo appoggia (per la quota proporzionale). Sarà invece annullato il voto se dovesse essere barrata la casella di un candidato al collegio uninominale e la casella di una lista diversa da quelle che lo appoggiano.

Soglia di sbarramento
I partiti dovranno ottenere almeno il 3 per cento dei voti su base nazionale per le singole liste e il 10 per cento per le coalizioni a livello nazionale sia alla Camera che al Senato. I partiti che non raggiungono questa soglia non eleggeranno alcun parlamentare.

Coalizioni
La nuova legge elettorale prevede con una “dichiarazione di apparentamento”, la possibilità di formare una coalizione. Senza programmi e candidati comuni. I voti collegati che non raggiungeranno la soglia del 3% ma che superano quella dell’1% andranno assegnati alla coalizione.

Pluricandidature
Nelle liste proporzionali, il Rosatellum bis, consente fino ad un massimo di 5 pluricandidature. Quindi anche un candidato del collegio uninominale può candidarsi, sempre per un massimo di 5, nel proporzionale.

Quote di genere
Sia nei collegi uninominali che in quelli plurinominali nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60%. La ripartizione della quota di genere per il Senato, sia nell’uninominale che nel proporzionale, è su base regionale e non nazionale.

Firme
Gruppi parlamentari che si sono costituiti prima del 15 aprile 2017, come Mdp, non dovranno raccogliere le firme. Inoltre, inoltre  solo per le prossime elezioni politiche il numero di firme sarà dimezzato da circa 1.500 a circa 750 per le nuove formazioni politiche e per chi non ha un gruppo autonomo in Parlamento.

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