Foto di ©Daniele Messina

Appuntamento con Marco Guzzi

È evidente Marco che in seguito a questo evento storico, qual è il fenomeno pandemico ancora in corso, il mondo per come eravamo abituati a viverlo è radicalmente cambiato. Mi riferisco ad esempio al nostro modo di lavorare, di vivere le relazioni sociali, di frequentare la scuola o l’università. Siamo quindi di fronte a un grande spartiacque. E’ un tempo dove i caratteri si estremizzano: “sempre più nero da una parte e sempre più giorno dall’altra”, per usare le tue parole. A questo proposito volevo farti due domande: quali scenari abbiamo davanti, sia in chiave positiva, sia in chiave negativa e come discernere i veri caratteri della Luce, visto che, sempre citando un tuo recente post: “anche l’Oscuro si estremizza assumendo però i caratteri della Luce”.

Io credo che una cosa abbastanza evidente, che il fenomeno pandemico ha manifestato, sia la messa in discussione di alcune delle convinzioni che hanno dominato la scena politico-culturale almeno dalla caduta del muro di Berlino in poi. La prima è l’idea che la globalizzazione sia sempre positiva. Abbiamo visto che in realtà questa cosiddetta liberalizzazione totale delle merci ha poi avuto nell’esperienza Covid dei contraccolpi notevoli. Faccio un esempio. Il fatto di produrre le mascherine non in Italia, ma in Paesi dove la produzione veniva a costare di meno, ha determinato nei primissimi mesi della pandemia una gravissima problematica. Il fatto che non ci si potesse più spostare con gli arerei o con altri mezzi ha creato problemi non da poco a tutte quelle industrie che avevano delocalizzato le loro attività, le quali a loro volta delocalizzando avevano creato gravi crisi salariali e di lavoro nei propri territori. Un’altra idea che è entrata in grossa crisi è la famosa “mano invisibile del mercato”, cioè l’ideologia neoliberista che ha dominato dagli anni novanta in poi, secondo la quale il mercato totalmente libero fosse in grado di regolare da sé la vita economica e sociale del mondo.

Questa crisi al contrario ci sta facendo capire quanto rilevante e centrale sia lo stato nell’azione economica. Con un’epidemia in corso tutti alla fine dobbiamo riferirci a un’organizzazione centrale, soprattutto per quanto riguarda la sanità. Stanno emergendo quindi i gravi limiti di tutta un’ideologia economica e anche culturale di tipo neoliberista, con cui dovremmo confrontarci. Un altro pericolo che io vedo è l’irrigidimento del sistema del potere, quindi che, con le motivazioni anche comprensibili della tutela della salute, si arrivi ad accettare una limitazione indeterminata delle libertà personali, senza dibattito e senza che ciò venga messo in discussione. Corriamo un serio rischio di assuefazione alla schiavitù, con il connubio del sistema quasi totalitario dell’informazione a senso unico. È chiaro che in una situazione del genere i popoli o si adattano o si estremizzano in correnti negazioniste, espressione di una rabbia dovuta anche dalla percezione di una violenza subita. E’ vero tuttavia che ogni grande crisi può, anche se non è scontato, aprire a delle grandi svolte.

La parte evolutiva dentro questa crisi potrebbe essere un risveglio della coscienza, prendendo così sul serio quello che un grande sociologo tedesco, Ulrich Beck, aveva definito come “catastrofismo emancipativo”. Ma non è detto che una crisi porti necessariamente a un’evoluzione. C’è il pericolo infatti di uscire da questa catastrofe con un’umanità più impaurita, più debole, più disperata e quindi molto più maneggevole per quell’oligarchia sempre più evidente che domina oggi di fatto il mondo. Basta vedere gli arricchimenti che alcuni personaggi hanno avuto durante questa pandemia. Nel mentre centinaia di migliaia di persone nel mondo hanno perso il lavoro e sono ridotte in uno stato di sopravvivenza, questa oligarchia sempre più ristretta diventa sempre più potente. Oggi controlla tutto l’aspetto informativo-telematico e sta iniziando oltretutto a dimostrare un volto censorio, fin’ora tenuto nascosto.

L’unica risposta che noi possiamo dare è un risveglio di consapevolezza e delle nuove forme di aggregazione culturali e politiche, che inizino a contestare questo monopolio oligarchico con delle leggi nazionali e internazionali. È quindi una grande battaglia che dobbiamo intraprendere e che noi nel nostro piccolo cerchiamo di alimentare e nutrire. Per venire invece alla seconda domanda è estremamente difficile e lo diventa sempre di più distinguere ciò che è davvero cristico da ciò che non lo è. Secondo la letteratura apocalittica in generale e secondo la coscienza apocalittica cristiana, le forze oscure più si avvicina la loro sconfitta più assumono i caratteri della luce. Questo lo abbiamo già vissuto, non è una novità. Io interpreto tutto il novecento in questa chiave. Oggi tuttavia sarà ancora più difficile distinguerne i caratteri. L’assetto distruttivo di questo mondo infatti assumerà caratteri di tolleranza, parlerà parole di pace. Non potrà più assumere carattere evidentemente distruttivi, perché sarebbe smascherato immediatamente.

E quindi come fare a distinguere?

Il discernimento dello Spirito lo può fare solo lo Spirito stesso. Saranno quindi uomini e donne sempre più spirituali, sempre più in ricerca di questo Spirito e che si dedichino costantemente a riceverlo, che sapranno riconoscere la verità anche dietro i più falsi profumi di questo mondo.

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