Foto di Jacopo Rossi

Il calcio tedesco e quello italiano: anni di partite e competizioni che hanno portato sempre a nostro favore la vittoria. Elencare tutte le vittorie italiane contro i tedeschi sarebbe scontato, una su tutte Italia Germania Mexico 70 4-3 per non parlare del 2006. Comunque, oltre al calcio, ci sono purtroppo troppe cose in cui i tedeschi nostro malgrado si sono dimostrati migliori.

Ritornando al nostro sport nazionale, quello da club, un dato di fatto è che una squadra italiana non vince una competizione europea da 11 anni. È una semplice crisi o un dramma della nostra industria calcistica?

Programmare per vincere, si diceva una volta in Italia, invece sono stati undici lunghi anni di sconfitte in campo europeo. L´Inter del triplete fu l’ultima soddisfazione italica. Non staremo a descrivere in questo articolo cosa non vada nel calcio italiano, vorremmo elencare solo le differenze: a voi lettori il compito di capire la vera differenza. Ecco una serie di statistiche che dimostrano il nostro glorioso passato, e che per forza degli eventi prova che dovremmo riportare il nostro maggior sport nazionale nella posizione che merita!

La squadra tedesca che ha vinto più titoli europei è il Bayern München: infatti sono 12 competizioni assegnate ai bavaresi di cui 6 Champions League, 1 Coppa delle Coppe, 1 Europa Legue, 2 Coppe intercontinentali e 2 Supercoppe Europee.

Invece il Milan con le sue 17 Coppe è la seconda squadra europea ad aver vinto più titoli seguita da Juventus 11 e Inter 8.

Italia è seconda in Europa con 48 titoli, Spagna 61 (prima) e Germania 31.

Altra statistica importante: l’unico allenatore ad aver vinto tutte le competizioni europee è Giovanni Trapattoni. Se aggiungiamo poi altre statistiche (nazionali), notiamo che 4 Coppe del mondo e 1 Europea portano il nostro gioco del calcio ad essere forse il miglior prodotto al mondo.

Ma analizziamo la vera filosofia calcistica italiana

“Il fine giustifica i mezzi” porta una lunga riflessione di come il nostro calcio abbia perso Appeal in questi lunghi 20 anni. Calciopoli 2006 – scandali su arbitri e interessi politici nell’industria calciofila portano a tante riflessioni e paragoni con il calcio tedesco, sì meno affascinante, ma povero di scandali. Vedere una partita di Bundesliga è una vera esperienza di non calcio, almeno per noi: tanta corsa e fisicità, zero tattica e zero intensità; invece dall’altro lato impianti fantastici tante famiglie e bambini allo stadio e molto fair play.

La cosa inoltre che fa riflettere, e che dobbiamo sottolineare, è la grande rete di scuola calcio che si trova in tutta la Germania. I Fußballvereine sono un punto strategico per la crescita dei giovani e per il loro sviluppo calcistico nella comunità, con costi bassi (circa 100 euro a stagione) e tante strutture in campi di 4° generazione, con allenatori e impianti adeguati. Questo sì, è un esempio da seguire nel nostro paese! Per non parlare di integrazione di comunità che riescono non sempre a convivere. È una cosa importante anche notare come la nazionale tedesca, in questi ultimi anni, abbia avuto anche una crescita di talenti dovuta alla varietà di culture.

Die Mannschaft attuale conta ben 10 giocatori di nazionalità tedesca ma di origini non teutoniche come per esempio l’astro nascente Leroy Sané, di padre senegalese ex-calciatore e madre ginnasta tedesca: un mostro di atleta completo quanto a corsa, tiro, e tanta forza fisica. Per non parlare di Tony Rüdiger, berlinese di origini sierra lionesi: una bestia di difensore che in Italia è stato più volte attaccato verbalmente, come per esempio in un derby vinto dalla Roma (in cui ha giocato dal 2015 al 2017) quale venditore di calzini, dal difensore della Lazio Lulic.

Gundogan, Özil, Amiri, Gnabry sono tutti grandissimi atleti, figli di scelte politiche che vogliono migliorare l’integrazione, ma anche portare talenti e fortuna nel sistema-calcio tedesco. Certo, la questione dell’integrazione rimane delicata. Il livello di educazione dei giovani musulmani di Germania, per esempio, rimane estremamente basso, specialmente tra i turchi. Ma la sensazione è che il paese possa guardare al rapporto con i suoi musulmani con sempre maggiore fiducia. Ne era convinto anche il ministro degli interni Wolfgang Schäuble, che aveva lanciato nel settembre del 2006 la prima conferenza sull’Islam, e che, nonostante gli scarsi risultati concreti raggiunti fino ad oggi, crede fermamente nella missione della sua “creatura”, e nel fatto che l’integrazione non possa che progredire.

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