La stessa notte la polizia ha perquisito l’appartamento del giovane. L’assassino amava i videogiochi, in particolare quelli in cui dei tiratori fanno strage di nemici. Nutriva ammirazione nei confronti dell’autore della strage di Winnenden. In questa cittadina del Baden-Württemberg situata a venti km da Stoccarda, l’11 marzo 2009 uno studente di 17 anni con problemi di rendimento scolastico fece irruzione, armato di pistola, nella sua scuola e poi in una clinica psichiatrica. In tutto uccise 15 persone, soprattutto studenti e insegnanti, e ne ferì altre 11. Dopo la strage fuggì e poi, dopo un rocambolesco inseguimento, si suicidò. Secondo quanto comunicato dalla polizia, anche il diciottenne di Monaco aveva problemi a scuola. Era stato oggetto di mobbing ed era depresso. Da tempo pianificava la strage. Era nato e cresciuto in Germania. I suoi genitori, entrambi iraniani, erano arrivati negli anni ‘90. Il giovane era sconosciuto alla polizia, tantomeno in relazione a reati a sfondo politico. Tutto ciò ha fatto escludere la matrice terroristica della strage e azzera i timori che avevano fatto pensare, fin dall’inizio, a un ennesimo attentato riconducibile all’ISIS o all’emergenza migratoria.
Subito dopo la sparatoria si pensava che gli attentatori fossero tre. Ciò ha tenuto col fiato sospeso l’intera città fino a tarda notte. 2300 poliziotti sono intervenuti. Tra loro anche i corpi speciali dell’antiterrorismo. Le metropolitane, le autostrade e la stazione centrale sono state chiuse. Le strade si sono svuotate e nell’arco di pochissimo tempo l’atmosfera rilassata e chiassosa di un venerdì sera estivo si è tramutata in paura e circospezione. Per un falso allarme nella centralissima Marienplatz si sono viste scene di panico.
Le stragi di Monaco
A Monaco di Baviera vivono oltre un milione e mezzo di cittadini. Oltre il 25% sono stranieri, l’8% musulmani, il che equivale a circa 120.000 persone, in buona parte turchi. Grazie alla ricchezza della città e al bassissimo livello di disoccupazione la popolazione è in continua crescita. Monaco non è nuova a stragi ed episodi di terrorismo. Nel 1972 le olimpiadi furono funestate dai terroristi palestinesi dell’organizzazione Settembre Nero che rapirono e uccisero alcuni atleti israeliani prima di essere a loro volta uccisi dalla polizia bavarese. Nel 1980 toccò all’Oktoberfest: una bomba piazzata da un nazifascista all’ingresso della festa causò la morte di 13 persone e il ferimento di altre 211.
Nonostante i suddetti eventi drammatici, il livello di sicurezza della città è normalmente molto alto. Ciò grazie anche ad una presenza capillare della polizia e al senso civico dei cittadini. Ieri si ci sono manifestazioni di solidarietà tra i cittadini che hanno aperto le porte delle proprie abitazioni per accogliere le persone che erano per strada e non potevano tornare a casa per il blocco dei mezzi pubblici. Da segnalare la reazione delle numerose moschee della città che sono rimaste aperte durante la notte per offrire ospitalità a chiunque ne avesse bisogno, musulmano o non. Monaco è orgogliosa del suo carattere multiculturale. La frase “München ist bunt” (Monaco è colorata) è diventata il suo motto. La città è ricca di aziende di rilievo internazionale, sede di importantissimi musei e di eventi culturali di grande rilievo. Gli stranieri sono ben integrati e partecipano attivamente alla vita sociale. Tutto ciò fa di Monaco di Baviera una città modello, a livello europeo e mondiale, per quanto riguarda benessere, tolleranza e qualità della vita. La strage del 22 luglio scorso è diversa dalle altre che la città ha conosciuto in passato. Per Monaco è un’ulteriore ferita, non meno grave, non meno triste, non meno incomprensibile. Ma questa volta non si è trattato di terrorismo. Non nella accezione attuale del termine, spesso riconducibile alla matrice islamica. Il che se da una parte è una buona notizia, dall’altra non lo è affatto. Contro il terrorismo ci si può, forse, difendere. Contro le espressioni isolate del disagio sociale, farlo è molto più difficile.
Quest’utima strage di Monaco assomiglia più ai bagni di sangue che da decenni riempiono le cronache negli Stati Uniti d’America. È stata il gesto balordo di un balordo che è riuscito a procurarsi una pistola e non ha esitato ad usarla. È stata il gesto isolato di uno squilibrato e tuttavia le responsabilità sono da ricercare anche nel modello di società che abbiamo costruito. Un gesto assurdo e incomprensibile che si aggiunge ai tanti altri che hanno reso il tempo in cui viviamo assurdo e incomprensibile.