Gli italiani detenuti all’estero sarebbero circa 3.000, di cui 2.000 in attesa di giudizio. L’assistenza legale di un detenuto all’estero costa decine di migliaia di euro solo nel primo anno; un peso talvolta insostenibile per le famiglie “che si scontrano con sedi consolari inadatte ad assistere i connazionali in difficoltà”.
È quanto affermato in una interrogazione ai ministri degli Esteri e della Giustizia dalla senatrice Paola De Pin (Misto- gruppo Azione Partecipazione popolare) che ha chiesto, in particolare, se si intenda da parte dei ministeri interessati assumere iniziative per agevolare una degna assistenza legale e il rispetto dei principi fondamentali del diritto per i cittadini italiani detenuti all’estero, nonché attivarsi per l’applicazione della Convenzione di Strasburgo con gli Stati che l’hanno già ratificata o per redigere accordi reciproci con gli altri Stati per il trasferimento in Italia dei detenuti.
Nella risposta, il sottosegretario agli Esteri Mario Giro ha osservato innanzitutto che il ministro Bonino e la Farnesina seguono con grande attenzione i casi dei numerosi connazionali (3.120 persone) detenuti all’estero. Si tratta di casi che richiedono molto tempo ed energie in termini di assistenza consolare e non viene mai lasciato nulla di intentato al fine di trovare una soluzione positiva. Nel quadro dell’attività di assistenza ai detenuti due profili assumono particolare rilevanza: da una parte l’assistenza tecnico-legale, dall’altra l’eventuale erogazione di un aiuto economico per sostenere le spese correlate a tale forma di assistenza.
Per quanto riguarda il primo aspetto, le nostre rappresentanze, che non possono svolgere funzioni di patrocinio legale, si attengono a linee guida comuni e si è consolidata nella prassi, laddove possibile, la predisposizione di liste di legali di riferimento redatte secondo criteri minimi uniformi e obiettivi (quali, ad esempio, l’iscrizione in albi professionali, la conoscenza dell’italiano, o di una lingua veicolare oltre a quella di uso locale).
In ogni caso, le sedi all’estero non rispondono per l’operato dei professionisti riportati nelle liste. sedi all’estero e basate sulla conoscenza della realtà locale. L’erogazione di contributi per il pagamento delle spese legali è soggetta a una rigorosa disciplina di legge. Sia che assuma la forma della partecipazione alle spese legali, sia che consista nel pagamento diretto della parcella del legale, l’assistenza economica può essere prestata solo in casi di particolare gravità, a connazionali indigenti residenti all’estero, oppure non residenti ma temporaneamente all’estero, a vario titolo in situazioni di difficoltà.
Per quanto riguarda gli aspetti relativi all’applicazione della Convenzione di Strasburgo del 1983 e dei trattati bilaterali sul trasferimento delle persone condannate, le sedi diplomatico-consolari svolgono una funzione di tramite delle istanze e dei documenti provenienti dagli interessati o dalle competenti autorità nazionali (per l’Italia il ministero della Giustizia) o loro destinati.
Per eseguire in Italia di una sentenza di condanna definitiva emessa da un Paese straniero a carico di un cittadino italiano detenuto all’estero, è generalmente necessaria la richiesta del detenuto, l’assenso dell’Italia e quello dello Stato di condanna. Il nostro Paese è dal 1989 parte della Convenzione di Strasburgo del 1983, attualmente in vigore nei rapporti tra l’Italia e 63 altri Stati. Un’intensa attività di negoziazione, finalizzata alla stipula di convenzioni bilaterali in materia, è tuttora in corso con diversi Stati, tra i quali Argentina, Cina, Colombia, Giordania, Qatar, Kosovo, Nigeria, Pakistan, Tunisia, Uruguay.
Con l’Albania nel 2002 è stato stipulato un accordo bilaterale aggiuntivo alla stessa Convenzione di Strasburgo. Sono stati, inoltre, di recente conclusi a livello tecnico, ma non sono ancora in vigore, altri trattati bilaterali con Kenya, Marocco e Kazakistan. In ambito UE, la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, si è sovrapposta agli strumenti vigenti nella materia del trasferimento dei detenuti.
Tale normativa, attuata in Italia con il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, è operativa con i soli Stati dell’Unione che hanno aderito allo strumento comunitario e prevede la possibilità di richiedere e ottenere il trasferimento in un altro Stato membro della persona condannata ai fini di eseguire la pena, in determinati casi anche senza il consenso del detenuto. Negli anni 2012 e 2013 – ha precisato infine il sottosegretario Giro – risultano accolte, rispettivamente, 38 e 44 domande di trasferimento in Italia per l’esecuzione della pena, provenienti da cittadini italiani condannati e detenuti all’estero, principalmente in Spagna, Germania, Austria, Slovenia e Venezuela.