Questo autoperdonismo, soggettivizzato e generalizzato, si rispecchia e si palesa nell’immedesimarsi e proiettarsi del comportamento individuale nei comportamenti degli altri soggetti, responsabili di atti gravi o meno gravi di inosservanza delle leggi che regolano la nostra convivenza civile; rappresenta una sorta di autodifesa personale preventiva, a salvaguardia dell’eventualità che anche noi possiamo essere, o essere stati, soggetti a trasgressioni o a illeciti, generato da una propensione, quasi istintiva o di riflesso, al perdono o alla ricerca di attenuanti atte a mitigare ed assolvere da qualsiasi tipo di responsabilità, morale o civile che essa sia.
Esso costituisce un elemento negativo formativo del modello etico attuale di riferimento dei comportamenti pubblici in generale, svolgendo un ruolo disgregante rispetto alla necessità di attenerci ad un unico modello comportamentale a cui uniformarci. "Chi è senza peccato scagli la prima pietra", recita una massima evangelica. Applicata impropriamente alla nostra moralità pubblica, essa diventa sostanzialmente una sorta di pretesto autoreferenziale di riferimento in quasi tutti i comportamenti del cittadino italiano, in nome della quale egli perdona, si autoperdona e si autoassolve, sottraendosi moralmente e civilmente ai suoi doveri di fronte alle regole comuni della civile convivenza.
La legge dello Stato, la legge pubblica preposta a regolare i comportamenti del cittadino all’interno della società civile, viene disattesa, essendo essa sopraffatta dagli effetti diretti o indiretti della pratica dell‘ autoperdonismo, propagatosi nel ruolo di protagonista nella nostra cultura comportamentale, che, sovvertendone i ruoli, rivede, trasforma, supera le condanne penali e civili dello Stato, spesso anche con il consenso sia di chi li applica che dell’opinione pubblica, votata anch’essa al perdonismo di comodo, rendendone gli effetti inefficaci e blandi.
Noi italiani ci perdoniamo infatti comportamenti ed atteggiamenti sin dai momenti iniziali di impatto diretto con la società, proseguendo su questa strada per tutta la nostra esistenza. Si perdona e si giustica a mo‘ di esempio: il copiare i compiti in classe, le assenze a scuola per motivi futili, i ritardi di vario genere, la mancanza di rispetto ambientale, la guida scorretta, l’inosservanza delle regole comportamentali nei luoghi pubblici, la mancanza di un minimo di coraggio civile di denuncia, l’inefficienza, la grave superficialità, l’assenteismo, il nostro disinteresse per la politica e tanti altri comportamenti o trasgressioni varie, sostenendo a pretesto di averli assunti per imitazione o costretti da chissà quale necessità.
Si perdona un po‘ a tutti coloro che trasgrediscono le leggi pur in presenza di reati gravi o di trasgressioni altrettanto gravi: ai politici corrotti, agli assassini, ai ladri, ai falsi invalidi, a chi fornisce documentazioni false, agli assenteisti, agli evasori fiscali, etc. Autoperdonandoci ed autoassolvendoci, concorriamo alla formazione di tutti i mali di cui la nostra società soffre, condannandola al suo regresso ed al suo malessere, rendendola invivibile, incivile, pericolosa, per noi e per gli altri.
Un autoperdonismo non percepito mai come un atto di pentimento, pertanto soggetto a reiterarsi fino a diventare un vero e proprio elemento caratterizzante del nostro comportamento pubblico e della nostra cultura comportamentale all’interno della nostra società, di cui diventa un elemento attivo ed interattivo predominante.