È un fiume in piena l’ex senatore Nicola Di Girolamo. Per mesi davanti ai pm ha raccontato i retroscena dell’inchiesta che a febbraio lo ha portato in carcere con altre 55 persone. Ma anche Marco Toseroni, un altro degli imputati nel processo, ha chiarito ai pm molti particolari sul ”business” dell’organizzazione.

Di Girolamo racconta anche come riuscì a evitare che il Senato dichiarasse la sua ”decadenza”. «A seguito del mio lavoro con gli altri senatori che mi sostenevano riuscii a far sospendere la decisione in attesa del passaggio in giudicato di un’eventuale sentenza di condanna della magistratura». Contatti con i senatori, dice, poi determinarono la sua partecipazione a creare la nuova fondazione politica ”Italiani nel mondo”. «Ho contribuito alle spese necessarie per la pubblicizzazione della nuova fondazione politica. Consegnai questi soldi, intorno ai 300mila euro, al senatore De Gregorio: erano soldi miei personali, fatti rientrare dalla Svizzera e consegnati quasi esclusivamente in contanti».

Ma agli atti, depositati in vista del processo con rito immediato del prossimo novembre, ci sono anche i verbali di Toseroni, finito in manette, che ha fornito elementi sulla vicenda Digint e una conversazione telefonica in cui Mokbel cita il presidente e ad di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini: «Noi dovemo dà 50 a Guarguaglini, Lorenzo e a Marco, e 50 ce li dovemo prende noi?’». In un’altra intercettazione Mokbel si lamenta con Di Girolamo, anch’egli indagato, della ripartizione della somma: «Voi ne prendete 50 milioni in 3, noi prendemo 50 milioni in 11, cos’è ‘sta storia?». Ma il 10 giugno scorso, interrogato in carcere a Nuoro, Mokbel mette in guardia i pm: «Io non ho mai conosciuto nessuno di Finmeccanica; io al telefono parlo molto per scherzo, esagero le cose e dico un sacco di stupidaggini».
E anche Guarguaglini ha sempre dichiarato di non avere mai conosciuto Mokbel. È invece Toseroni a dire ai pm: «Quando Mokbel fa riferimento ai 50 milioni (che sarebbero dovuti derivare dall’operazione Digint, ndr) che loro si dividono in 3 e noi in 11, si riferisce al fatto che 11 sono tutti i soci della società Runa (Mokbel, Ricci, Fanella, Breccolotti, Di Girolamo, gli inglesi non so se quota libera, Focarelli non so se con altri). Dei 3 di cui parla Mokbel uno può essere il consulente Cola, gli altri non so. Mokbel, sui 3 che si dividevano i ”50 milioni” non mi disse nulla; Di Girolamo mi disse che l’eventuale plusvalore che Mokbel inizialmente prospettava in 10 volte l’ammontare investito, sarebbe stato diviso, nella parte riguardante Cola tra lui e i vertici di Finmeccanica».
Nella richiesta di giudizio immediato per i 36 imputati i pm scrivono: «Trascorsi diversi mesi dalle operazioni finanziarie e contrattuali, Mokbel e i suoi collaboratori iniziavano a lamentarsi dell’inesistenza di garanzie formali e di rendita a fronte delle iniziali promesse. Le conversazioni delineavano chiaramente la natura dell’accordo stretto tra il sodalizio e Iannilli-Cola, per cui la holding pubblica, attraverso l’assegnazione di commesse, avrebbe determinato l’incremento di valore della società italiana, acquisita al 51% dal sodalizio, nel breve volgere di 3-4 anni per poi rilevarla ad un prezzo di gran lunga superiore».