Mai si era visto a memoria d’uomo uno sfoggio tale del peggior malcostume italico. Mai si era visto tanto disprezzo per il bene comune. Mai si era vista tanta intimidazione a mezzo stampa. Mai tanti interessi privati finanziati con soldi pubblici.
Gli italiani, è vero, sono abituati a tutto. Sanno che la metà del loro stipendio va in tasse che servono per finanziare autostrade che arrivano al nulla. L’italiano sa che deve pagare di tasca sua un parco di auto blu che se fossero tutte in strada riempirebbero la Milano-Venezia. Sa che con le sue tasse sostiene i privilegi più assurdi, le istituzioni più costose ed obsolete, la stampa più servile d’Europa. Sa che mantiene eserciti di direttori generali, di assessori, ma anche bidelli, di inservienti, di guardie forestali che si vedono sul posto di lavoro solo al momento di ritirare lo stipendio.
Lo sa, ma sa anche che cambiare è difficile, quindi si adatta. Si adatta al voto di scambio, al fatto che la malavita organizzata controlli alcune regioni italiane (Saviano docet); si adatta al fatto che la politica serva spesso gli interessi privati di chi è stato eletto. Sa tutto questo, ma non fa nulla. Coi soldi che gli rimangono in tasca, l’italiano si compra un telefonino nuovo e va via contento. E contenti anche i governanti. Perché, se nelle classifiche mondiali dei possessori di telefonini, l’Italia sta al primo posto assoluto, anzi, assolutissimo, vorrà dire che i soldi ci sono, a dispetto di tutte le statistiche che parlano di aumento della povertà nei singoli e di aumento dell’indebitamento delle famiglie. Ma non vogliamo essere sempre solo pessimisti.
Elementi di speranza ci sono, e non sono neanche pochi. Ed alcuni vengono anche dal recente passato. In questa estate per altri versi, come dicevamo, infame, la morte del presidente Francesco Cossiga ha dato luogo a molte riflessioni. Una di esse, a firma del direttore dell’agenzia giornalistica Sir, la potete leggere a pagina 3. L’abbiamo riportata perché ci pare utile, ogni tanto, pensare al passato, coglierne le luci e le ombre. Le ombre della Prima repubblica furono molte, moltissime, ma alcune luci andrebbero oggi forse recuperate.
Una di queste è che, a base dell’agire politico, dovrebbero esserci degli ideali. Ideali? -direte voi. Una parola che nel vocabolario della politica odierna non esiste più. Ammesso, si capisce, che i politici odierni sappiano cos’è un vocabolario, e sappiano come si usa: che bisogna aprirlo e leggerlo, e non darlo in testa all’avversario. Sì, ideali! L’obiettivo della politica deve diventare il bene del cittadino comune, compresi coloro che non sono difesi da lobby, che non fanno chiasso, che non compaiono sui giornali, e anche se comparissero non saprebbero cosa dire per difendere loro stessi o i loro interessi, perché non hanno parole, non conoscono frasi efficaci e non sono preparati alla complessità del mondo.