Ed è così che i promotori dell’una e dell’altra corrente si sono lanciati nella campagna elettorale tra le nostre collettività all’estero. Ancora una volta Comites, patronati e sedi di partito si rivelano utili megafoni per il messaggio elettorale.
E così anche il Comites di Monaco di Baviera ha ben pensato di contribuire a una migliore informazione sui contenuti del quesito referendario e sui diversi pareri, cioè Sì oppure No, invitando uno dei sostenitori del No che è Pier Luigi Bersani, già Presidente del Consiglio e esponente del Pd, il Partito Democratico. Ed ecco la prima stramberia di questo Referendum.
Fino ad ora eravamo abituati che i partiti al governo dicessero Sì e quelli all’opposizione dicessero No e viceversa, a seconda dei casi. Ora non si capisce più niente. All’interno dello stesso Pd, partito al governo, c’è chi dice Sì e c’è chi dice No. La cosa si fa pertanto più avvincente e la necessità di spiegare i propri motivi di opposizione, all’interno dello stesso partito politico, si rende ancora più stringente del solito. Fin qui tutto a posto. Siamo in campagna elettorale, meglio dire referendaria, e a noi conviene stare a guardare bene, prima di mettere la nostra crocetta.
Ecco, stare a guardare e ad ascoltare, sì ma dove? Ovunque. Ma non all’Istituito italiano di cultura di Monaco di Baviera. In quei locali non si parlerà di referendum. L’ha comunicato agli interessati l’Ambasciatore d’Italia a Berlino. Il motivo? “Precise indicazioni ministeriali” dovute “all’esigenza di garantire la par condicio”. Così è citato l’Ambasciatore in un articolo de “Il Fatto Quotidiano”. E la cosa potrebbe anche andare bene a tutti.
La par condicio è sempre buona. In fondo le sedi diplomatiche e consolari veramente non sono luoghi adatti per i dibattiti politici, o meglio dire partitici o meglio ancora infra-partitici. Tutto bene se non fosse però accaduto che in altri Paesi, come l’Argentina, simili interventi, ma stavolta per il Sì, si siano già svolti con il palese appoggio dei nostri diplomatici. Inevitabile l’impressione che la rete diplomatica e consolare sia pertanto a favore della propaganda per il Sì “governativo”?
A onor del vero, bisogna ricordare che le manifestazioni per il Sì, appoggiate dai diplomatici in America Latina, non hanno avuto luogo nelle sedi delle nostre rappresentanze. In fondo, l’Ambasciatore a Berlino non ha certo proibito a Bersani di parlare a Monaco. Ha solo detto: per cortesia non lo fate all’interno delle nostre sedi diplomatiche e consolari (di cui fa parte, a quanto pare, anche l’Iic di Monaco di Baviera). E a questo punto non possiamo dimenticare un particolare molto importante per il nostro voto.
La nostra scheda, infatti, va a finire nelle mani dei consolati. E all’elettore fa molto bene sapere che in quelle sedi regni una certa distanza dalle tendenze elettorali. Come dire: il mio voto è più sicuro in una sede neutrale, in cui è negato il dibattito fra partiti. Tutti noi ricordiamo che all’interno dei seggi elettorali, anzi fino a diverse centinaia di metri di distanza da questi luoghi, non è consentita la propaganda elettorale. Nemmeno l’affissione di manifesti.
D’altra parte, però, nessuno è convinto che l’Ambasciatore a Berlino creda veramente che sia possibile tenere lontano il dibattito politico dalle sue sedi in Germania. Almeno in due casi gli stessi suoi impiegati sono segretari di partito. Un’impiegata dell’Istituto italiano di cultura a Stoccarda è stata per anni rappresentante del Pd per la Germania.
Ma un altro punto critico al divieto di ospitare un ex Presidente del Consiglio in un Istituto italiano di cultura riguarda proprio la natura stessa di queste sedi. E parliamo della definizione di cultura. Si può distinguere nettamente la politica dalla cultura? Si può negare che esiste una cultura politica? E non è forse vero che esiste una politica della cultura? Ma, come sempre, vale “Ambasciator non porta pena”. E se da Berlino arriva lo stop a Bersani, che non potrà essere ospitato all’Iic per il suo No referendario, questo stop arriva da Roma. E da Roma uno solo può impartire ordini a un Ambasciatore: il Ministro degli Affari Esteri. Quindi? Quindi dobbiamo chiederci che cosa succederebbe se un Istituto italiano di cultura volesse ospitare uno scrittore o un cinematografaro per la presentazione di un testo o di un film politico e critico nei confronti del Governo. Gli direbbero di no? Non vogliamo nemmeno pensarci.
Concludiamo. Tra una tesi e un’antitesi c’è sempre una sintesi e potrebbe essere questa: via il dibattito partitico dalle nostre ambasciate e consolati. Queste sono le sedi di raccolta dei voti all’estero e devono seguire le regole dei seggi elettorali. Per gli Istituti italiani di cultura il discorso potrebbe essere un altro, se veramente non possiamo negare che in un Paese democratico la distinzione tra politica e cultura è praticamente impossibile.
D’altronde, se Bersani il 14 novembre avesse parlato nella sede dell’Istituto italiano di cultura a Monaco di Baviera, la cosa sarebbe passata inosservata anche ai sostenitori del Sì. Ora la questione è diventata un caso e può darsi che qualcuno andrà di proposito a sentire l’ex Presidente del Consiglio nella nuova sede del suo discorso. La pubblicità è garantita, procurata dal Ministro degli Affari Esteri per il tramite del suo Ambasciatore a Berlino. Ristabilita la par condicio: appoggio diplomatico al Sì in America Latina, pubblicità diplomatica al No in Germania. Siamo tutti felici e contenti.