Sono molti i segnali in questa direzione. Dal livello programmi televisivi, a quello che viene offerto dalla carta stampata. Da anni gli unici grandi investimenti editoriali sono in riviste di Gossip, che raccontano degli amori di questa o quella attricetta. Il popolo italiano sembra diventato un popolo di sartine e di pizzicagnoli. Questo è un limite enorme, perché un Paese senza cultura, o che ha in palese disprezzo la cultura, è un Paese che non può svilupparsi, che non trova nuove strategie, che rimane allo stato primordiale.
Non è sempre stato così. Ci sono stati anni in cui le scuole e le università italiane sfornavano anche talenti. Oggi un’aula universitaria è diventata una seconda liceo, dove gli studenti vanno per migliorare la propria grammatica, e dove i professori sono amici o parenti di qualcuno. Le scuole, escluse quelle dove insegnano professori che si sentono impegnati in una vera e propria vocezione, sono quello che sono; certamente non reggono il passo con la media dell’istruzione europea. Sembra che il Paese abbia perso l’orizzonte, la prospettiva; sembra che vivacchi giorno per giorno.
L’università di Costanza ha pubblicato ultimamente uno studio che confronta i livelli di istruzione di una popolazione con le quote di sviluppo di un Paese. Il rapporto c’è ed è ben chiaro. Investire in cultura significa investire in sviluppo. Ma questa ovvia equazione in Italia sembra persa. Il livello del grado di istruzione cala tanto quanto crescono i titoli eclatanti. Nel Paese in cui tutti sono „dottò“, la media di conoscenza della lingua italiana è in vigorosa discesa, per non parlare delle lingue straniere, perlopiù ignote anche ai giovani: quel po’ di inglesucchio tanto per avere il „sei“ da un insegnante che avrebbe a sua volta tanto bisogno di impararlo. E questo basta. L’Italia da sempre vive molto del suo patrimonio architettonico, culturale, artistico. Ci sono in Italia musei che ogni Paese del mondo vorrebbe avere.
Visitati praticamente soltanto dai turisti. Mentre la classe politica è sempre più ignorante. Dopo la guerra, il 92% dei deputati era in possesso di un diploma di laurea, oggi lo è soltanto il 64%. Con tutto che la laurea di allora aveva un altro peso rispetto alla laureucchia di oggi. In termini economici, come ritorno turistico, il patrimonio artistico rende in Italia la metà di quello che rende in Gran Bretagna, il 40% circa di quello che rende in Francia e il 32 % circa di quello che rende in Cina. Questo anche perché chi dovrebbe valorizzarlo non lo conosce. Il Paese è governato da un esercito di assessori, di consiglieri comunali, di governatori, di presidenti di qualcosa che aspettano soltanto il loro momento per riempire di cemento quello o quell’altro angolo del Paese. E se la classe politica è quella, il Paese reale non sembra molto diverso.
Per tornare ai programmi radiotelevisivi, che forse meglio di ogni altro mezzo fotografano la situazione reale di un popolo, ogni commento è superfluo. Sono in gebere senza dignità, senza moralità, senza intelligenza, senza spirito, senza umorismo, senza utilità. Sempre facendo le dovute lodevoli eccezzioni, si capisce. Vedremo se la bacchetta magica del nuovo Presidente del consiglio saprà ridare un po’ di tono alla società italiana, la quale, peraltro, è anche troppo abituata a votarsi ai santi. E troppo poco abituata a prendere nelle mani il proprio destino.