Karl Jüsten, direttore del Commissariato dei vescovi tedeschi, e Bernhard Felmberg, incaricato del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca, hanno sottolineato che “in Germania, ogni richiedente asilo ha diritto ad un esame obiettivo e approfondito della propria richiesta”, un diritto “che non può essere messo in discussione anche in caso di incremento di richiedenti asilo. Ciò vale anche per i richiedenti asilo provenienti da Paesi come la Serbia e la Macedonia” che, ricordano, “in passato sono sempre stati riconosciuti come profughi”.
I rappresentanti delle Chiese hanno fatto riferimento in particolare alle popolazioni Rom presenti nei due Paesi balcanici: “Ci preoccupa molto il fatto che per molti Rom l’accesso al mercato del lavoro, all’istruzione, alle strutture sanitarie e all’acqua potabile non inquinata sia precluso nei loro Paesi di origine”, ha detto Jüsten.
Le Chiese tedesche hanno perciò esortato l’Ue e la Germania a non ignorare questo “grave problema”, rilevando che gli sforzi compiuti a livello europeo “non hanno ancora portato a miglioramenti apprezzabili nelle condizioni di vita dei Rom nei propri Paesi”. “I nostri sforzi devono essere orientati ancora all’ottenimento di condizioni di vita umane”, ha ribadito Jüsten.
I rappresentanti delle Chiese hanno inoltre rifiutato l’ipotesi del taglio dei sussidi sociali ai richiedenti asilo durante lo svolgimento della pratica. Felmberg e Jüsten hanno espresso parere negativo sulla richiesta del ministro federale ai Länder di erogare solo prestazioni anziché denaro ai richiedenti asilo; una procedura, quest’ultima, che “è meno burocratica e più conveniente in termini di costi”.
È inoltre “preoccupante il fatto che queste misure restrittive interessino senza eccezione tutti i richiedenti asilo, anche coloro che provengono da Paesi colpiti da guerra civile o Paesi in situazione di crisi, come la Siria, l’Iraq e l’Afghanistan”; persone, hanno rimarcato Felmberg e Jüsten, “che continuano a rappresentare la maggioranza di tutti i richiedenti asilo”.