Al secondo turno ha votato il 50% degli aventi diritto: questo significa che per l’altra metà non ha importanza per la propria vita quotidiana chi venga eletto sindaco. Ossia che ci sia l’uno o l’altra per il 50% dei cittadini è totalmente indifferente, non conta per la propria vita, non incide, non la riguarda.
Notare: stiamo parlando di sindaci, di elezioni amministrative. Se queste sono le premesse, chissà cosa accadrà in occasione delle prossime elezioni politiche. Il caso Napoli.
Il sindaco eletto ha parlato di conferma della “rivoluzione napoletana” e di “vittoria del popolo”: occorre ricordargli che a Napoli ha votato il 36% e lui ha ottenuto un consenso reale pari al 24% dei cittadini partenopei. Vale il detto: chi si accontenta gode … solo che prima o poi esplode. Voto di cambiamento e vittoria dei 5 stelle. Ho sentito parlare di “scelta storica, stiamo arrivando, ora si cambia tutto …” … il che mi rende un po’ scettico. Nella mia vita è la terza volta che mi capita di ascoltare affermazioni del genere. Negli anni ’70 si cantava “forza compagni rovesciamo tutto e costruiamo un mondo meno brutto” e siam finiti tutti nella vicenda “mani pulite”; a metà degli anni ’90 è nata la seconda repubblica e nel giro di poco tempo ci siamo accorti che non era migliore della prima; ora tocca ai 5 stelle almeno in alcune città. Diamogli credito, sostiene qualcuno. Da credente in Gesù mi basta un “liberatore” e non ho bisogno di chi si presenta tale e non dimentico le parole di Sciascia: “Cambiare tutto per non cambiare niente”. Speriamo che non accada ancora!
Voto di critica e sfiducia al PD e al renzismo. Che il PD abbia perso è fuori di dubbio come ammesso dagli stessi dirigenti di partito.
Domanda: dove è finito il tanto decantato 40%? Sciolto nel breve tempo come neve al sole oppure era fumo negli occhi? Seconda domanda: l’annunciato “lanciafiamme” contro chi usarlo? Ma vale davvero la pena usarlo oppure non sarebbe meglio lasciarlo in cantina e chiedersi le ragioni vere dell’evaporazione repentina di tanto successo, almeno apparente. Terza: perché non si riesce mai a tenere distinti i piani ossia le elezioni amministrative da quelle politiche dando alle prime un significato nazionale?
Osservazioni rapide.
– Il bipolarismo smentito ancora una volta dai fatti. Ora i poli sono almeno tre e gli italiani in carne ed ossa non si ritrovano in due soli schieramenti.
– La sinistra: chi l’ha mai più vista? Ormai è paragonabile all’associazione dei “combattenti e reduci” e nostalgici di un’ideologia che ha fatto il suo tempo.
– Il centro – destra, moderato o meno. Così come è messo fa solo il gioco “politico” della parte avversa fino a che uno dei due elementi (Lega e Forza Italia) non prevarrà nettamente sull’altro, come è stato al tempo del duo Berlusconi – Bossi. A meno di vedere cosa accadrà nel momento in cui Berlusconi deciderà di “appendere le scarpe al chiodo” mettendo fine alla sua discesa in campo e, a nostro modesto parere, anche a Forza Italia. Torniamo al problema principale: l’astensione crescente. Due domande.
1. Chi non va a votare?
A nostro parere i cosiddetti “moderati” ossia coloro che rifuggono gli estremismi, la protesta sterile come pure il leader del momento ma non trovano più, o ancora, un partito-movimento aperto sì alle novità senza per questo rinnegare la tradizione dei suoi valori. Per un certo periodo hanno dato fiducia a Berlusconi ma col tempo ne sono rimasti delusi: la novità berlusconiana è durata poco perché i membri del PdL o di Forza Italia hanno confermato, in genere, nei fatti il detto “chi va al mulino s’infarina”. L’Italia è un paese di moderati: abbiamo avuto il ventennio fascista e l’infatuazione comunista anni 70/80 ambedue superate con governi a guida moderata, sempre eletti dal popolo. Fino a quando non ci sarà, non dico un leader, ma un gruppo dirigente credibile, competente e onesto, capace di conquistare la fiducia e la stima degli elettori che non votano né a sinistra (PD) né a destra (Lega) costoro, tra M5Stelle e l’astensionismo, preferiranno starsene a casa. Secondo noi la partita si gioca ancora al “centro”, a maggior ragione dopo la prossima uscita di scena del cavaliere.
2. Perché non va a votare?
“Sfiducia nella classe politica!” Obiezione: eppure ne son passati di personaggi in questi anni. Di facce nuove ne abbiamo viste molte e spesso per poco tempo.
– “Sono tutti corrotti!”
Correzione: non “sono “ bensì “siamo”. Vedasi i falsi invalidi, gli abituè del cartellino facile, l’evasione fiscale, i vari e numerosi scandali dovuti alla corruzione … e nel piccolo quotidiano gli scontrini non rilasciati, le ricevute non richieste, i biglietti non pagati … Come pretendere dagli altri ciò che non si chiede a se stessi.
– “Tanto le cose non cambiano”. Quali cose? I propri comodi e abitudini?! Questo può darsi. È innegabile però, si condivida o no, che pure il governo Renzi in poco tempo di “cose” ne ha fatte; in bene o in male è un giudizio personale che non nega la realtà.
– “A me non interessa. Facciano quello che vogliono basta che mi lascino stare”.
Costatazione: dopo avere per anni proclamato il famoso detto napoletano “se cent’anni vuoi campare“, dopo avere elevato a sistema di vita l’altro detto “io mi faccio gli affari miei”, dopo aver esaltato l’individualismo esistenziale insegnandolo e presentandolo senza il benché minimo pudore … quale senso di appartenenza a una comunità si può coltivare e pretendere? Siamo onesti: per sentirci popolo-nazione abbiamo bisogno delle vittorie della Ferrari oppure che giochi la nazionale a calcio, pur senza vincere.
– Dunque, che fare?
Nessuna ha la bacchetta magica e chi dice di averla (“adesso arriviamo noi e combattiamo tutto”) va guardato con occhio critico e vigile, in quanto presuntuoso. Di salvatori del mondo, a parole, ne abbiamo già visti molti, a sufficienza. Ci limitiamo a due suggerimenti.
a) L’onestà morale e la serietà “professionale” in chi ha il compito di gestire la “res publica” sono indispensabili e qualità da esigere. L’esempio vien dall’alto … oppure “non può restare nascosta una città posta sulla cima del monte“ Si votino, si valorizzino, si stimino e ci si rivolga non a chi fa i piaceri bensì, chi cerca il bene comune e questo si usi come criterio di stima e fiducia.
b) Noi …, la gente comune, il popolo deve compiere un salto di qualità.
La “seconda” Repubblica ha eliminato gli attaccamenti ideologici a un partito privilegiando la fiducia o meno in un leader-governo. Il che in sé può essere un bene ma a una condizione, che il popolo giudichi non in base ai propri limitati interessi (“vado in pensione due anni dopo”, “non ci hanno ancora rinnovato il contratto di lavoro”, “troppi immigrati per le strade”) bensì a partire da uno sguardo più grande, vasto quanto l’intera nazione. Domanda finale: chiediamo troppo?