Una scena in particolare sembra scritta proprio guardando all’oggi. Quella del Gatto e la Volpe, che promettono a Pinocchio la moltiplicazione dei beni se soltanto egli li volesse seppellire nel Campo dei miracoli. In questa campagna elettorale, la più vomitevole a memoria d’uomo, il Gatto e la Volpe in versione moderna sono di nuovo in scena e promettono a destra e a manca.
Cosa? Tutto! L’Imu tombale! Quattro milioni di posti di lavoro! Il Ponte sullo Stretto! Via le tasse! Una minorenne per tutti, bim-bum-bam! paga la Svizzera! -dice il Gatto con il suo ghigno mummificato.
Ma anche la Volpe, grassoccia, con i suoi capelli bianchi al vento, l’aria da guru e la barbetta mefistofelica, promette; non vuole essere da meno. Del ponte sullo Stretto non c’è bisogno, -grida dal palco- perché andremo tutti a nuoto! E poi tutti i criminali in galera. Tutti i politici in galera. Tutti i comici in galera fuori che me! Cosa voglio fare? Non lo so neanch’io. Nel mio programma c’è una sola parola: „vaffanc…“ !
E il povero Pinocchietto che sta a sentire, man mano si convince. Vuoi vedere che costoro pensano al mio bene? – si dice tra se! E invece il Gatto e la Volpe, che sembrano così diversi ma in realtà sono così simili nel loro populismo, così simbiotici, così sussidiari, pensano soltanto al proprio, di vantaggio, e il Pinocchietto, dopo che avrà dato il suo voto, rimarrà scornacchiato per i prossimi cinque anni.
Uscendo di metafora, il nostro Pinocchietto italiano farebbe bene a guardare non soltanto a chi la spara più grossa, ma soprattutto a chi intende la cosa pubblica come responsabilità. Perché di questo si tratta. Ora, il mio precedente corsivo sulle mummie ha suscitato non pochi mugugni, tra chi si richiama ad una (dovuta???) neutralità.
Tuttavia non sfuggirà a chi è provvisto di un attimo di buon senso che il disgraziato Paese dal quale proveniamo, in questo momento si trova in uno stato di estrema necessità, ad un passo dal baratro, ed ha bisogno delle persone di buona volontà!
Il disgraziato Paese chiamato Italia, ha bisogno non di puri o di gente che guarda dalla finestra facendo finta di non vedere, ma di senso di responsabilità; ha bisogno di gente che si rimbocchi le maniche e che si sporchi le mani! Chi si veste da innocente, o da “neutrale”, ha un qualche sospetto che, in questo momento, consegnare il Paese di nuovo e per altri cinque anni in mano ad illusionisti e a lestofanti, a buffoni e a gallinari, a guru e a populisti di ogni genere, significa farlo uscire dall’Europa e fargli imboccare la strada del Terzo mondo, ammesso che non l’abbia già presa?
Chi fa in questo momento esercizio di ponziopilatismo politico, ha un’idea di quale infornata di mafiosi e di camorristi si accingono ad entrare in Parlamento? Ora, al sottoscritto piace poco fare appelli, tuttavia sono sconcertato dal pressapochismo che si nasconde dietro questi esercizi di neutralità.
Al contrario! È ora che chi intende la politica come servizio al cittadino cominci a farsi avanti, anche e soprattutto tra le fila dei cattolici, che sono specialisti nel voltarsi dall’altra parte. Perché se il card. Bagnasco ammonisce contro le false promesse elettorali; se anche lui si dice preoccupato per le sorti del Paese, e con toni che certo non gli sono usuali, ci sarà una ragione, e forse anche a qualche cattolico verrà il sospetto che non sempre la “neutralità” è auspicabile, ma che ci sono momenti in cui bisogna dire “basta!”.
Probabilmente anche nelle Missioni, nelle parrocchie, nelle comunità ci sono persone, giovani, anziani/e che alla neutralità preferirebbero la partecipazione responsabile, sia per l’avvenire del Paese, sia per il voto locale in Germania, che vede gli italiani come al solito all’ultimo posto. Perché allora non sostenere queste persone? Perché non creare una educazione alla partecipazione responsabile, secondo il dettato di Paolo VI, secondo cui la politica è la forma più alta di carità?