Aulösung der migrantischen Mittelsicht. Queste le parole con le quali il sociologo Robert Verwiebe apre un lungo articolo su “Das Parlament”, riportando dati per certi versi attesi, per altri versi allarmanti. Il messaggio è che la classe media degli stranieri in Germania, cioè di coloro che almeno economicamente figurano tra i meglio integrati nel tessuto produttivo del Paese, si sta riducendo, in un processo che ormai dura da anni.
La questione è se tale sviluppo prelude ad un semplice allargamento delle aree di povertà e ricchezza, o se siamo di fronte piuttosto ad un fenomeno nuovo, nel quale le dinamiche sono più complesse, caratterizzate da un sempre maggiore individualismo che si gioca al di fuori -o tra- le classi sociali tradizionali, spesso per un tempo limitato. In ogni caso, anche per gli stranieri è iniziata da tempo una fase di polarizzazione sociale: più ricchi, più poveri, meno ceto medio. Gli stranieri, si sa, sono da sempre nel mirino dei sociologi, insieme agli anziani, ai genitori singoli e alle famiglie numerose, in quanto soggetti a maggior rischio di povertà. Si tratta di una vecchia questione. Tuttavia, i numeri dell’ultimo rapporto sulle povertà del governo federale, che riporta a sua volta dati dal Sozio-oekonomische Panel (SOEP) dell’Istituto di ricerca economica DIW di Berlino, sono allarmanti perché mostrano una novità nella dinamica della povertà.
I dati SOEP indicano con evidenza che, negli ultimi anni, la condizione economica di molti migranti è peggiorata. Dopo la riunificazione tedesca, i migranti della classe media (con un reddito che va dall’80% al 140% del reddito medio tedesco) sono diminuiti di quasi dieci punti percentuali, passando da 47,1% del 1991 al 36,8% del 2012. Nello stesso anno 1991, anche la classe media formata da cittadini tedeschi vantava percentuali simili (48,7%). Pur accusando una recessione, la percentuale nel 2012 rimane però a 44,3%, cioè soltanto 4,4 punti in meno. Questo primo dato è indicativo di come la forbice della discrepanza sociale abbia seguito percorsi diversi. Se poi si vanno a vedere anche i dati relativi alla povertà e alla ricchezza, il dato diventa ancora più preoccupante. Nel 1991 erano ricchi (con oltre il 200% del reddito medio) lo 0,7% degli stranieri. Nel 2012 si passa al 3,5%, con un aumento quindi di 2,8 punti percentuali. Negli stessi anni, la percentuale dei cittadini tedeschi ricchi passa dal 6,4% al 8,8%, con un aumento simile.
La questione sta tuttavia nella povertà (meno del 60% del reddito medio). Negli stessi anni, essa passa dal 18,6% al 24,4% per gli stranieri (con un aumento, quindi, di quasi sei punti percentuali); mentre per i tedeschi le cifre sono rispettivamente del 12,1% e del 13,3% e l’aumento va poco oltre il punto percentuale. Più stranieri poveri nel corso degli anni, quindi, che tedeschi poveri. È chiaro infatti che, nel ventennio considerato, pur essendo valida per tutti la regola dell’erosione della classe media, gli stranieri sono scivolati molto più dei tedeschi nelle sacche del disagio. Tale considerazione diventa ancora più evidente se si guardano i dati relativi al cosiddetto stato di deprivazione sociale, che riguarda coloro che vivono al di sotto dello stato di povertà. Gli stranieri deprivati sono passati negli anni in questione (1991-2012) dal 4,6% al 11,2%, con un aumento quindi di 6,4 punti percentuali. I tedeschi deprivati sono, sì, aumentati dal 1,8% al 2,8%.
L’aumento è però molto più contenuto: un punto percentuale. Forse ancora più impressionanti in questo senso sono i dati relativi al sostegno sociale. Vivevano dello stesso nel 1991 il 2,7% dei cittadini stranieri. Nel 2012 il dato passa al 12,6%. (ma se si guarda soltanto ai cittadini di origine turca, si vede che il sostegno sociale viene elargito oggi ad un impressionante 17,2% della popolazione). Per contro i cittadini tedeschi bisognosi di sostegno sociale passano negli stessi anni dal 2,5% al 4,6%. I dati indicano quindi con molta chiarezza una tendenza: anche tra gli stranieri c’è stato qualcuno in grado di approfittare degli anni di vacche magre per aumentare la propria ricchezza. Tuttavia è evidente, in generale, lo scivolamento in uno stato di povertà o peggio di deprivazione sociale da parte di molti cittadini con passato migratorio. Interessanti sono, infine, i dati che riguardano i giovani al di sotto dei 30 anni, i quali, indipendentemente dal fatto se siano stranieri o tedeschi, hanno molte più possibilità di impoverire che di arricchire. Dice l’autore dello studio: “Il gruppo di età al di sotto dei 30 anni ha le minori chances, rispetto agli altri gruppi, di appartenere allo strato sociale medio o superiore.
Per ciò che riguarda il rischio di povertà, invece, il discorso è esattamente l’inverso. In quel caso, i rischi dei giovani sono particolarmente alti rispetto ai gruppi dell’età adulta”. Tuttavia, come si diceva, non sembra esserci grande differenza tra i giovani tedeschi e quelli con passato migratorio. “Questo dipende forse dal fatto- continua l’autore- che i giovani migranti arrivano più tardi a fondare un proprio bilancio familiare autonomo”. Questo, sempre secondo l’autore, diminuisce i rischi economici. Infine rilevanti (anche se non certo nuovi) i dati che indicano il rapporto tra i rischi di povertà e il grado di formazione. “Coloro che possiedono un titolo di studio terziario (cioè sul piano universitario) –afferma l’autore- corrono rischi notevolmente minori di entrare nell’ambito della povertà e, per contro, hanno chances maggiori di appartenere alle classi sociali più elevate. Persone senza titolo di studio, invece, entrano molto più frequentemente nel cerchio del disagio”. Da rilevare, tuttavia, che “nella Germania Ovest, l’elemento della formazione ha per i giovani migranti minore interesse, perché un diploma di formazione terziaria protegge meno contro i rischi di povertà e disagio sociale”.