L’associazione Italia Altrove di Düsseldorf ha organizzato presso la VHS di Francoforte un seminario di comunicazione interculturale, mirato a porre in rilievo gli aspetti psicologici e interculturali dell’esperienza migratoria in Germania. Le relatrici, Alice Lacchini, psicologa transculturale, ed Erika Bezzo, specializzata in comunicazione interculturale, hanno illustrato ai partecipanti come l’esperienza migratoria influenza sia la percezione psicologica del nuovo ambiente sociale, sia la visione retrospettiva del paese d’origine, aspetti questi che interagiscono nel processo di adattamento e d’integrazione nella nuova realtà socio-culturale.
La complessità degli aspetti psicologici dell’esperienza migratoria viene illustrata nel corso dell’intervista concessa al Corriere d’Italia.
Come nasce “Italia Germania: differenze creano valore”
Lacchini: da diverso tempo collaboro, come psicologa transculturale, con Erika, che è coach interculturale, in alcune attività, che promuovono l’integrazione delle persone all’interno dell’associazione “Italia Altrove” di Düsseldorf. Abbiamo pensato di far confluire le nostre competenze per dare un ventaglio maggiore di input ai partecipanti, sul campo più psicologico da parte mia e invece più sul versante di coaching da parte di Erika.
Bezzo: L’idea è nata dal fatto che siamo socie di questa associazione “Italia Altrove”, che è nata proprio con lo scopo tra gli altri di aiutare l’integrazione dei nuovi italiani che arrivano in Germania, offrendo quindi un ulteriore strumento, spiegando loro, per quanto riguarda il lavoro di Alice, che cosa significa essere sradicati dal proprio paese ed essere completamente immersi in una nuova cultura, e per quanto mi riguarda, mettendo in evidenza quelle che sono le differenze proprio pratiche che ci toccano nella vita di tutti i giorni, quindi le differenze di comunicazione, le differenze nel modo di lavorare, nel modo di interagire con le persone, con esempi concreti di come si possono vedere le situazioni da due punti di vista diversi, quello tedesco e quello italiano, pur essendo giusti e corretti entrambi.
Entrambe avete vissuto l’esperienza di vivere all’estero, di lasciare il paese di origine per vivere in ambienti culturali non italiani. Quali elementi dell’esperienza personale di migrazione sono presenti nei seminari?
Bezzo: Per quello che mi riguarda, scorre tantissimo di vita personale, perché ho lasciato l’Italia nel 2001, e quindi sono 14 anni che giro per l’Europa, tra Germania, Francia, Spagna e in tanti ruoli diversi, come moglie, come madre, come professionista, perché ho vissuto un’esperienza aziendale. Ad un certo punto ho deciso di mettere a frutto tutto questo insieme di esperienze nella libera professione, come coach interculturale e strategico.
Lacchini: dal punto di vista della vita privata è da meno anni che sono fuori dall’Italia, professionalemente mi occupo e mi sono sempre occupata, anche quando ero in Italia, della migrazione, del disagio, dei problemi psicologici, che nascono nell’adattarsi ad un nuovo paese. Lasciando l’Italia ho continuato ad occuparmi di questo, perché credo che sia veramente importante porre attenzione su tali aspetti, perché è assolutamente necessario sbrigliare alcune questioni che rimangono un po focalizzate, e la persona non riesce a vivere bene nel paese nuovo in cui si trova.
Parlando di migrazione è inevitabile affrontare anche il tema dell’integrazione nel nuovo paese. Spesso chi lascia il paese d’origine interpreta il processo d’integrazione come una rinuncia alla propria identità nazionale, l’allontanamento emozionale dal paese di origine e dal passato. Quali consigli si possono proporre ai lettori, che interpretano così il processo d’integrazione?
Bezzo: Per quanto mi riguarda, ho tantissimi clienti, che sono proprio in questa situazione, quando arrivano in Germania. E quello che cerco di far con loro, è quello di consentirgli di cambiare prospettiva, cioè ad imparare a vedere una stessa situazione da punti di vista diversi, il che non vuol dire, che se vedo un paesaggio, lo posso guardare solo da est, ma lo posso guardare da est e da ovest, vedrò due cose diverse, però è un processo addittivo, e non sottrattivo, non rinuncio alla mia italianità per acquisire una parte in più, anzi è un enorme arricchimento, infatti la grande forza dei team interculturali e multiculturali è proprio la capacità di vedere una realtà sotto più aspetti e da più punti vista diversi. Si tratta di imparare un linguaggio diverso.
Lacchini: Anche dal punto di vista psicologico l’integrazione sarebbe il punto di arrivo ideale, laddove si riesce a tener insieme valori, principi, credenze della cultura di partenza con quelli della cultura che accoglie, quindi sotto il punto di vista di quelle dinamiche psicologiche che permettono di facilitare il benessere.
Qual’è la vostra esperienza personale nel processo d’integrazione?
Bezzo: innanzitutto il fatto di sentirsi bene, questa è la cosa principale e fondamentale, quando ci si sente bene nel paese di accoglienza, qualunque sia la dinamica, il processo che si è seguito, si è a proprio modo integrati. Tuttavia non esiste, secondo me, una risposta univoca, cioè ognuno ha il proprio modo di adattarsi al paese di accoglienza. Alice Lacchini presenta nella sua relazione di stili di adattamento diversi, quindi ogni persona ha il proprio modo di adattarsi alla situazione. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, ho percepito di aver concluso il processo di adattamento, quando ho iniziato a non arrabbiarmi più per delle piccole cose della vita quotidiana, che prima potevano creare confusione o irritazione, e poi ho iniziato a comprendere il punto di vista dell’interlocutore, rivedendo la situazione dalla prospettiva dell’altra persona, e interpretando il modo di interazione. Integrazione per me è appunto il riuscire a mettersi nella posizione dell’altra persona e riuscire a comprendere il tipo di comportamento o di comunicazione.
Lacchini: dal mio punto di vista professionale, il processo di integrazione raggiunge uno stadio avanzato, quando si riesce a capire di non essere più cosi fondamentalmete critici verso la cultura e il mondo nuovo, e si riesce a seguire un percorso di accettazione, quindi inizia ad esserci una comprensione del nuovo e una compresenza tra i valori della cultura di provenienza e quelli del luogo di accoglienza. Credo che l’ideale in assoluto, come punto di arrivo nel processo integrativo, sia l’adattamento, visto come riaddattarsi creativamente, cioè ognuno di noi ha un suo modo e un suo tempo per addattarsi, e quando ciascuno riesce a trovare la sua modalità creativa di inserimento.
L’associazione Italia Altrove è organizzatrice dell’attuale seminario. Come
Bezzo: L’associazione Italia Altrove nasce a Düsseldorf, e tra le prime attività è appunto il seminario Italia-Germania, che ha registrato una notevole partecipazione ed interazione del pubblico, e quindi si è pensato di organizzare un incontro anche a Francoforte. Siamo ben liete di presentare i contenuti anche in altre città della Germania.
L’associazione nasce da un gruppo di italiani, che si sono ritrovati a Düsseldorf nel corso degli anni, e che si occuppavano di diverse attività indipendentemente. L’esigenza di organizzare attività culturali per la comunità italiana di Düsseldorf, divulgando così la cultura moderna italiana in Germania, e l’ondata di migrazione italiana degli ultimi anni, hanno messo in rilievo la necessità di una struttura istituzionale, per coordinare le varie attività, dando quindi ai nuovi arrivati un’offerta informativa, come aiuto per agevolare ed accellerare l’inserimento nella nuova realtà di accoglienza.