Adesso questo italiano medio, impegnato e riflessivo, più numeroso, ha avuto finalmente la meglio, e questo proprio grazie ad un banalissimo programma televisivo. Probabilmente lo avrete anche visto, si chiama “Vieni via con me”, è frutto dell’idea di Fabio Fazio e Roberto Saviano ed è andato in onda per quattro lunedì di fila sulla rete pubblica nazionale Raitre.
Nonostante richiedesse uno sforzo intellettivo non comune, nonostante il suo stile fosse Insolitamente impegnato e i suoi tempi lunghi e dilatati, la trasmissione è riuscita ad incollare alla tv quasi dieci milioni di telespettatori, riuscendo a battere – e non di poco – anche la tv spazzatura per eccellenza, quella del “Grande fratello”. Alla faccia di chi, quindi, ha sempre giustificato il successo della trash tv e della spettacolarizzazione dicendo che “è quello che vogliono gli italiani”. Ecco che arriva oggi la controprova.
Non nascondo che la notizia sui dati auditel mi ha dato alquanto soddisfazione, perché racconta finalmente un’Italia in cui mi riconosco. Un’Italia prevalente e soprattutto alternativa a quella dipinta nei titoli stranieri. Fino ad oggi, mi sono sempre chiesta se la tv del “Grande fratello” o simili rappresentasse veramente il mio Paese, soprattutto perché, chiedendo e ascoltando in giro, solo raramente avevo incontrato persone che la pensavano in questo modo. Ed in effetti, anche quelli che con vergogna mi hanno ammesso di guardare il programma, mi hanno anche confessato di riconoscerne la bassa qualità e di averne fatto volentieri a meno se gli fosse stata proposta un’alternativa. C’è allora chi ha la volontà di boicottare la cattiva televisione, ma c’è anche chi, invece, ha bisogno in questo percorso di essere educato. Nel senso che, anche se il programma avesse fatto due soli spettatori, vista l’educazione, la raffinatezza e la qualità con la quale ha proposto i suoi temi, avrebbe comunque meritato ben più di altri un suo posto nel palinsesto del servizio pubblico, per definizione funzionale all’interesse sociale.
“Vieni via con me” è riuscito in questo senso a chiarirmi più le idee, e adesso quello che non riesco a capire è un’altra cosa: perché, nonostante sia questo quello che vogliono gli italiani, e nonostante gli impegni nazionali della Rai, vengano comunque privilegiati in tv altri generi ben più mediocri? E come mai, presupponendo un’involontarietà nelle intenzioni degli editori, dopo questa parentesi non si accenni ancora alla volontà di trarne insegnamento per il futuro?
Il solo annuncio dei presentatori è bastato a fare scandalo e a far parlare di chiusura ancora prima dell’inizio. “Mancano i soldi per pagare gli ospiti”, si è giustificata la Rai, che a pochi giorni dall’avvio del programma non aveva ancora firmato i contratti.  Alla sospettabile notizia, visto che questo non sarebbe successo per programmi come “Sanremo” di ben più basse aspettative auditel, il primo ospite, Roberto Benigni, si è offerto allora di partecipare gratuitamente. Così, messi alla strette, il programma ha potuto avere inizio e, forse aiutato anche da questo turbolento retroscena, ha anche fin da subito avuto un notevole successo.
Auditel e risparmi sui cachet hanno quindi permesso a “mamma Rai” di scampare quel pericolo finanziario, eppure, solo dopo solo quattro puntate, il programma ha chiuso i battenti. In origine, avrebbero dovute essere infatti otto, suddivise su due cicli da quattro, ed invece, le polemiche di cui siamo tutti a conoscenza hanno a quanto pare fatto saltare la seconda tornata. Perché? Non si sa, visto che allo stato attuale non è facile capire cosa avesse avuto di così tanto scandaloso un programma come quello. La cosa certa è  che il tutto ha confermato quanto il servizio pubblico televisivo in Italia sia ancora schiavo della politica, mostratasi capace di superare anche l’economia in quanto ad esercizio di potere. La cosa strana, però, è che a “Vieni via con me” di politica ce n’è stata ben poca. E quando c’è stata, si è difesa nel pieno della par condicio. Piuttosto, nella trasmissione si è parlato di mafia, eutanasia, università, povertà… Argomenti non certo nuovi alla tv tradizionale, ma trattati in un modo che da solo è diventato contenuto, restituendo a questi temi quella giusta dignità che meritavano.
Certo, anche il contenitore ha fatto la sua parte: già da tempo faceva discutere di sé, tra minacce di chiusura e la presenza di un conduttore, Roberto Saviano, che aveva più volte dimostrato al mondo intero di saper parlare senza paura. Così, per la prima volta si è discusso di come stanno le cose veramente, e lo si è fatto con l’aiuto di semplici elenchi, scritti e redatti da autori e personaggi illustri, ma anche dalla gente comune, in appositi spazi ritagliati. Nessun dibattito dunque, nessun battibecco, ed una competizione politica, quando c’è stata, che per la prima volta, merito dell’alta aspettativa dell’utente, si è giocata quanto più sulla qualità.
Insomma, si è parlato dell’Italia di cui volevano sentir parlare gli italiani, quella dei problemi di ogni giorno. La novità è stata proprio questa semplicità del racconto, al di sopra di ogni parte, capace di  riempire di verità il contenuto,e di  mostrarsi più pericolosa e sorprendente degli scandali ad effetto all’”Anno Zero” e “Report”. Il merito è stato allora quello di  fare emergere in maniera diretta una verità di solito celata da forma e modi, mettendo editori e direttori a fare i conti con un pubblico esigente e la politica ad affrontare un dibattito non più solo virtuale. Poco male, perché probabilmente questo sarà destinato a rimanere solo una breve parentesi, mentre adesso la questione starà probabilmente appassionando i sociologi della comunicazione.