Vorrei fare partecipe la comunità dei lettori del Corriere d’Italia di una lettera che ho ricevuto da Padre Natalio Paganelli, missionario Saveriano in Sierra Leone. Tramite la generosità della comunità italiana di Ludwighafen, era stato inviato un aiuto a Padre Natalio, che è anche amministratore apostolico della Diocesi di Makeni. In questa lettera Natalio spiega l’evoluzione del virus e le misure che sono state prese, grazie anche al nostro contributo, per arginare l’epidemia. Come molti sapranno il virus dell’Ebola era apparso in Sierra Leone nel mese di maggio 2014, era entrato nella Provincia Est del paese, dalla Guinea; nella provincia nord, che coincide con la Diocesi di Makeni, è arrivato nel mese di luglio, io mi trovavo in Italia, a Grignano, mio paese natale, per un periodo di riposo.

Dal suo arrivo ad oggi ha contagiato, secondo i dati ufficiali diramati dal governo, 8.000 persone, di queste circa 2.500 nella Diocesi di Makeni. I morti sono 3.200, di cui tantissimi anche nella nostra Diocesi. Da quello che sento dai sacerdote e religiosi temo che i numeri reali siano molto superiori. Le scuole sono ancora chiuse, anche se sono partiti alcuni programmi radio finalizzati all’istruzione dei bambini, e anche la Messa e tutte le attività pubbliche hanno subito forti restrizioni. Grazie all’aiuto di varie persone, tra queste anche voi, possiamo continuare con i vari interventi che come Diocesi stiamo portando avanti. Abbiamo subito organizzato la “Diocesan Task Force”, un gruppo composto dai responsabili dei vari organismi diocesani, e abbiamo organizzato il nostro intervento in varie direzioni. La prima direzione riguardò la sensibilizzazione della gente sulla gravità della malattia e sulla possibilità di prevenire il contagio. Abbiamo organizzato degli incontri in tutte le parrocchie della diocesi per formare i leaders della parrocchia e dei vari villaggi, in modo che fossero loro a portare il messaggio a tutte le persone della parrocchia e del villaggio. Questa è un’azione che dobbiamo portare avanti continuamente, non bisogna abbassare la guardia, anche la dove il virus è stato parzialmente controllato o non è ancora arrivato, non si sa mai che possa ritornare o arrivare.

Un’altra azione molto importante è il sostegno alle famiglie che sono state messe in quarantena, perché uno o più membri sono morti di Ebola o sono stati trovati positivi al virus. Questa azione è coordinata da ogni parrocchia, si sono formati dei gruppi di laici che assieme ai parroci visitano queste famiglie per dare loro speranza e per portare loro quello di cui hanno bisogno, noi cerchiamo di completare quello che il governo o altre organizzazioni danno, che però a volte è troppo poco. Questa azione è molto importante per aiutare le famiglie a rispettare la quarantena, è evidente che se loro non avessero il necessario per vivere, se lo andrebbero a cercare, correndo così il rischio di contagiare altre persone. Da un po‘ di tempo in qua ci siamo imbattuti nella realtà dei sopravvissuti all’Ebola, quelle persone che erano state trovate positive al virus, portate poi nei centri specializzati e li curati. Sono ormai, secondo I dati ufficiali del governo più di 2000. Tornati a casa devono iniziare da capo, si sono accorti che molte delle loro cose erano state bruciate, perché pericolose, e poi devono anche far fronte alla paura della famiglia e degli amici, paura che possano ancora contagiare. Come Diocesi ci siamo impegnati ad aiutare alcuni di loro a ricominciare, ci siamo coordinati con le autorità in modo che tutti ricevano un aiuto, chi dalla Chiesa cattolica e chi da altre organizzazioni.

Così pure ci si è presentato davanti agli occhi il problema degli orfani, bambini/e che hanno perso uno dei genitori o tutte e due, hanno trascorso la quarantena in uno dei centri di isolamento, ce ne sono tre a Makeni, e poi …. bisogna re-inserirli nella famiglia, se uno dei due genitori è vivo la cosa è più facile, se i due sono morti allora si deve trovare una famiglia che li accolga, di preferenza una famiglia di parenti se no una famiglia che li adotti. Noi offriamo un aiuto alla famiglia che li accoglie e un sostegno mensile per un periodo ragionevole, in modo che agli orfani non manchi il necessario.

Un’altra linea di azione è il sostegno umano e spirituale alle persone che soffrono, sia agli ammalati che alle famiglie che hanno perso qualche caro; non è sufficiente l’aiuto materiale, è nostro dovere ridare loro speranza, fiducia in un futuro migliore. All’inizio dell’epidemia si seppellivano i morti alla svelta e senza dignità, per paura del contagio, da alcune settimane in qua il governo ha deciso di cambiare stile e di permettere la presenza di alcuni famigliari e di un leader religioso (o un imam, o un pastore, o un sacerdote), è un modo per essere vicini alla nostra gente. Stiamo insistendo molto con i sacerdoti e i missionari/ie che superino la comprensibile paura e si facciano presenti accanto alle persone che soffrono, logicamente con la dovuta prudenza.

Purtroppo, miei cari amici, nessuno sa quando finirà questa tragedia, il numero delle persone contagiate è in calo di giorno in giorno, e sembra che gli sforzi congiunti, nostri, di tante associazioni e del governo, comincino finalmente a dare dei primi frutti. Insieme a queste notizie vi invio i ringraziamenti miei personali e di tutti quanti sono stati aiutati in modo concreto dalla vostra generosità. Continuiamo a pregare perché questa epidemia passi al più presto e questo bellissimo popolo possa tornare ad una vita normale. Un caro abbraccio P. Natalio Paganelli, SX