È inutile parlare di Pil, di Dax e di altri acronimi che tutte le sere sentiamo al telegiornale ma che in fondo ci dicono poco e niente. Se vogliamo comprendere il dramma della Grecia, bastano solo tre dati: il debito pubblico greco ha raggiunto quota 320 miliardi di Euro; la metà della gioventù greca non ha lavoro; la percentuale dei suicidi è aumentata in maniera spaventosa. Altro che principi europei, altro che unificazione di un’Europa che vuole essere fraterna. Mentre a Bruxelles si discute, ad Atene si muore. E, per dirla con Bertold Brecht, “Erst das Fressen, dann die Moral!”. Ed è questo il dramma. I sacrosanti principi di un’Unione Europea giusta, che ci affratellano e che ci hanno talmente vincolati -al punto che è diventato impensabile spararci di nuovo addosso come abbiamo fatto fino a settant’anni fa- rischiano di non interessare più nessuno poiché distratti da uno stomaco vuoto il cui riempimento viene prima, secondo Brecht, della morale di ogni tipo.

Ma facciamo un passo indietro. Alcune settimane or sono i greci hanno votato un nuovo governo guidato dal Leader di sinistra Alexis Tsipras. Tsipras si è presentato agli elettori con un annuncio che ha fatto tremare i vertici dell’Unione Europea. Basta con i vincoli di risparmio dettatici dall’esterno. La Grecia è al collasso e non sa più come risparmiare. Bruxelles non ci può salvare. Uno dei tanti populisti che promettono un passo indietro perché incapaci di governare l’economia di un Paese allo sbando? Non sembra così. A dare ragione al giovane Tsipras sono in tanti e non certo accusabili di populismo. Il premio Nobel Joseph Stiglitz ha tirato alcune settimane fa le somme e ha evidenziato che il debito pubblico greco ammontava all’inizio della crisi al 110 per cento del PIL. Nel frattempo ha raggiunto quota 170 per cento. È semplice trarne le conclusioni. Le strategie di risparmio pubblico ordinate dall’Unione Europea sotto il pugno di ferro della Cancelliera Merkel sono veleno per le economie deboli. Al danno si unisce la beffa.

La Grecia è, di fatto, commissariata dall’Unione Europea che col contagocce concede crediti man mano che il Governo ellenico dimostra di aver eseguito le misure imposte. L’ultima trance è di tre miliardi di Euro. I Greci hanno avuto il coraggio, anche se si tratta del coraggio della disperazione, di dire “No, grazie”. E sembra che non abbiano tutti i torti. L’idea che un paese possa uscire da una crisi finanziaria con lo strumento del risparmio è ritenuta bislacca anche da alcuni dei maggiori economisti del mondo. Paul Krugman l’ha scritto nel New York Times, ricordando che nella storia dell’economia mondiale questo sistema non ha mai funzionato.

Jakob Augstein mette a sua volta sulle pagine dello Spiegel una ciliegina avvelenata su un gelato che è già amaro per conto suo. Augstein afferma che Angela Merkel risponde personalmente della rovina economica greca, addossando un intero processo storico-economico a una sola persona. Augstein non ha problemi nello scrivere che Angela Merkel ha affondato l’economia greca in una crisi che non trova uguali nemmeno in quella americana degli anni 20 e che, anche per questo, i greci confrontano la Cancelliera addirittura con Adolfo Hitler. I tedeschi hanno tentato di sottomettere l’Europa scatenando la Seconda Guerra Mondiale, scrive Augstein, ma hanno fallito l’intento. Dopo la guerra, la comunità mondiale ha condonato alla Germania la metà dei debiti di riparazione, imbottendola contemporaneamente di crediti per la sua ricostruzione. Ora è vero che alla Grecia si possono rinfacciare sperpero di denaro pubblico e corruzione nella pubblica amministrazione ma è altrettanto vero che sono puniti con un programma di rientro di credito che nessuna democrazia può sostenere.

Si tratta solo di un principio dettato dalla locomotiva dell’unione di marca Bundesrepublik Deutschland? Di un Diktat? Di un Dogma? È un dato di fatto che il pugno di ferro del Governo tedesco è guardato con diffidenza anche da oltreoceano, dagli Stati Uniti. Gli americani, amici per la pelle della Signora Merkel, mentre mettono sotto controllo il telefonino della Cancelliera, scuotono la testa per la cocciutaggine con cui è imposto un rigore di risparmio a economie bistrattate come quella greca, italiana, francese, portoghese e spagnola, le quali chiedono con disperazione un attimo di respiro e di elasticità per allentare una morsa mortale. E a proposito degli spagnoli. È già scontato che il movimento greco di Tsipras farà scuola e i migliori scolari sono già sono pronti in spagna con il movimento “Podemos”. Sarà spagnolo il prossimo “No” alla rigidità tedesca? E da parte italiana? Niente No alla Cancelliera Merkel e niente Sì. I soliti “Nì” di una classe dirigente politica italiana che protesta, s’indigna e che poi getta la spugna… ma con gran dignità.