È stato già straordinario che i paesi, formalmente indipendenti ma praticamente dominati dalla Unione Sovietica, come la Polonia si siano potuti unire alla Comunità Europea. Diverso è il caso dell’Ucraina, della Georgia e di altre ancora, che facevano formalmente parte dell’Unione Sovietica.
La soluzione del problema ucraino non riguarda soltanto l’esistenza di una minoranza russa o di basi militari russe sul territorio ucraino. Ci sono problemi più antichi, più gravi e più gravidi di conseguenze che non si possono ignorare.
Il primo riguarda la vera natura della Russia. La Russia è il più grande dei paesi europei che ha anche una dimensione continentale in Asia. In pratica, nel periodo della grande espansione europea (XVIII e XIX secolo), ha conquistato le sue colonie nell’orto di casa, contigue e controllabili, e le ha conservate quasi tutte, a differenza degli altri paesi europei. Come del resto hanno fatto gli Usa con il loro West. Questa condizione le da una posizione di forza nei confronti dell’Europa e contemporaneamente la mette nella necessità di ricercarne la collaborazione, per la migliore qualità dei livelli tecnici europei e per la specializzazione del suo mercato. In questa situazione l’ Europa non può rinunciare allo scudo americano, ma, nel contempo ha un grande interesse a coltivare buoni rapporti fra Usa e Russia.
Un secondo problema è dettato dalle sue radici storiche. La Russia è un paese europeo di confine con molte etnie e molte religioni, conquistato alla civiltà europea dai Normanni, come lo furono la Sicilia e la Britannia e profondamente segnato dalla conversione al cristianesimo per opera dei santi Cirillo e Metodio, inviati da Roma.
La Russia originaria, quella che aveva per capitale Kiev fu provata dall’invasione dell’Orda d’Oro, che divise il sud cristiano dei santi Cirillo e Metodio dal nord cristiano di san Sergio e del Kremlino. Era inevitabile che la Santa Russia di San Sergio e di Alexander Nersky, capace di resistere a tutte le invasioni, riconquistasse i territori dell’Orda d’Oro, e riunificasse i territori di San Cirillo e Metodio e cercasse di avere un ricongiungimento con la Costantinopoli dei patriarchi bizantini.
La terza Roma, così amava chiamarsi Mosca, si sentiva figlia della seconda Roma, ed aspirava ad essere europea e bizantina. Questo impero di confine profondamente legato all’Europa suscitava timore nelle Nazioni europee che spesso cercarono di limitarne l’espansione alleandosi con l’Impero ottomano. Ma non per questo la Russia non prese parte da sempre agli eventi della storia europea. Anzi.
La Russia, che aveva respinto Napoleone, dopo aver occupato (o liberato?) Milano e Parigi diviene protagonista del Congresso di Vienna, (a cui il Papa non era stato invitato), dove propone all’Europa una intesa cristiana, una Santa Alleanza per il mantenimento della pace e dell’ordine. A scuola ci hanno insegnato che la Santa Alleanza era reazionaria e illiberale e quindi destinata ad essere sopraffatta dall’incontenibile moto progressivo delle Nazioni. In realtà l’equilibrio proposto dalla Russia, finché durò, garantì il grande sviluppo economico dell’Europa dell’800 e persino la sua egemonia mondiale, senza per questo impedire la crescita liberale degli stati europei. Solo l’impeto aggressivo delle Nazioni, tracimato nei nazionalismi, riuscì a distruggere nelle due Grandi Guerre mondiali l’ordinamento equilibrato della Europa e la stessa supremazia europea nel mondo.
Nella conferenza di pace di Versailles del 1919 erano scomparvero gli imperi tedesco, austriaco e russo. Nel capitolo successivo, nel 1945, scomparvero gli altri e la Russia si ripresentò di nuovo, nel 1945, come nel 1815, dentro i confini dell’Europa, come arbitro potente, alternativo alla egemonia americana, per il suo contributo pesantissimo alla disfatta di Hitler.
Abbiamo considerato sempre il comunismo come il momento più aggressivo della Russia verso l’Europa. In realtà il comunismo, proponendo un nuovo ordine incompatibile con la realtà europea, riuscì a tenere lontana la Russia dall’Europa e a contenerla nei suoi nuovi confini acquisiti. Una Russia non comunista avrebbe potuto svolgere in Europa un compito simile a quello svolto dalla Russia zarista nella Congresso di Vienna. Oppure una funzione paragonabile a quella svolta dagli Stati Uniti.
Chi ha pensato che la fine del comunismo significasse la fine della Russia ha sbagliato. La Russia, liberata dal comunismo, dopo aver superato la gravissima crisi del post-comunismo, è di nuovo in Europa con il suo peso e deve essere presa in considerazione come un elemento europeo di grandissima importanza.
Non si può immaginare la Russia come se fosse la replica della Unione sovietica. Non si possono cambiare i confini nell’Europa che è compresa nella sua area vitale, senza convincerla e senza ascoltarla. Non dobbiamo illuderci che la Russia possa assistere passivamente all’attrazione che i territori che fanno parte del suo sistema economico passino all’Europa senza procurare conflitti, a meno che lei non sia coinvolta il questo passaggio. Non dobbiamo augurarci che la Russia perda il controllo dei territori asiatici che facevano parte del suo impero. La cosa più saggia sarebbe cominciare a pensare ad un qualche coinvolgimento della Russia stessa nella convivenza europea.
Per questo la posizione della Russia in Europa va ripensata politicamente, tenendo conto anche della sua dimensione asiatica, della sua difficile posizione nei confronti della Cina, del suo dominio siberiano. Bisogna trattare con la Russia considerandola per quello che è: una potenza europea.
Bisogna trattare con la Russia considerando i suoi interessi asiatici come nostri interessi. Bisogna trattare con la Russia considerando che un rapporto costruttivo fra Russia e Stati Uniti, necessario alla pace di oggi ed ancor più necessario alla pace di domani, quando le potenze asiatiche alzeranno la voce, è l’unica prospettiva praticabile per conservare la pace e l’ordine mondiale.
Temperare il potenziale conflitto fra gli USA e la Federazione Russa sarà il compito primo dell’Europa. Infine bisognerà anche farsi carico di una divisione, sempre sottovalutata, di cui bisogna tener conto. Questa faglia sotterranea ha origini remote e risale alla divisione fra la Chiesa di Roma e la Chiesa Orientale.
Probabilmente non vi sarà una vera trattativa fra Europa e Russia finchè non sarà eliminata la ostilità fra i due cristianesimi. Era questo il desiderio di Papa Giovanni Paolo II e la spiegazione del suo sogno di recarsi a Mosca a parlare di pace. Diventa quindi importante in questo quadro politico che i primi a parlarsi siano proprio i cristiani, ricordando che in Ucraina, prima ancora di una guerra fra etnie o fra ideologie, c’è stata una guerra fra Chiese.
Ritengo che questo compito posa essere portato a termine, sul piano politico dai democratici ispirati al cristianesimo che hanno i medesimi ideali, che vivono sia nell’Europa occidentale, sia nell’Europa orientale, e che, purtroppo, non si parlano. Per questa latitanza, il vuoto politico dei cattolici italiani appare disastroso perché causa una drammatica ignoranza dei problemi fondamentali della pace europea.