Gentile redazione, dopo aver letto e gustato l’articolo di Maurizio Lammone "Cara Ossi, mi spiace ma stranieri siamo solo noi!", mi sento quasi in dovere di portarvi a conoscenza di quanto ci è accaduto in Italia, in modo particolare a nostro figlio in occasione della sua partecipazione ad un concorso nazionale per l’accesso all’Accademia militare per la formazione di base degli ufficiali dei Carabinieri.
In qell’occasione infatti abbiamo avuto il "piacere" di scoprire che siamo stranieri anche in Patria e non solo in Germania. Il concorso ha avuto inizio a febbraio 2010 a Roma, svolgendosi poi a tappe successive con intervalli di un mese e ad esclusione, cioè bisognava superare di volta in volta le prove per essere ammessi alla prova seguente.
Mio figlio supera tutte le selezioni teoriche, pratiche, psicologiche e sanitarie fino ad arrivare alla selezione di giugno che prevedeva alla fine un colloquio con un Generale dell’Arma e due altri alti ufficiali. Il Generale in questione ha impostato tutto il colloquio solo sulla sua mancata cittadinanza tedesca, interpretata dal Generale come importante indicatore di non avvenuta integrazione nel Paese ospitante.
All’uopo ha preso persino l’esempio di un “marocchino” che per restare in Italia prende la nazionalità italiana. I dettagli di quella seduta si possono leggere sugli esposti (in allegato) che ho inviato al Comandante generale dei Carabinieri, ai Ministri competenti per l’Arma e all’ambasciatore d’Italia Valensise. Non ho mai ricevuto risposta o una qualsiasi reazione agli esposti, motivo per cui la settimana scorsa ho informato il presidente della Repubblica Napolitano, dal momento che ritengo che mio figlio sia stato discriminato perché nato e residente in Germania.
Infatti il Generale già nel mese di febbraio lo aveva preso da parte per chiedergli se fosse tedesco e se parlasse l’italiano, il tutto in lingua italiana, naturalmente! L’unico esponente dello Stato italiano che ci ha mostrato solidarietà è stato l’ambasciatore d’Italia Valensise insieme al suo staff. Speriamo in una risposta anche da parte del presidente Napolitano, anche se leggendo la lettera del sig. A. Circosta qualche dubbio mi viene. Nel suo articolo "Giovani italiani: una generazione di nessuno" (gennaio 2011), la sig.ra Sole sostiene alla fine che l’italiano si sia talmente abituato alle cose che non funzionano, che ha imparato a vivere "bene" anche col meno che si ritrova. Questo è l’unico punto che mi vede in disaccordo con l’articolista Sole.
Lo dimostrano i tanti articoli di denuncia del vostro giornale, le molte dimostrazioni in piazza in Italia e le tante azioni come la mia che magari non sono rese pubbliche, ma che ci sono. Io vado avanti con la mia azione perché credo in uno Stato di diritto garantito dalla nostra Costituzione e dalla forma repubblicana che ne deriva, credo nell’educazione civile, sociale e morale che abbiamo dato ai nostri figli, nell’identità italiana che hanno ricevuto e che non è solo una questione di passaporto, e se i rappresentanti dello Stato italiano continuano ad ignorare questa realtà, bisogna continuare ad insistere con tutti i mezzi democratici disponibili.
Ho scritto al presidente Napolitano: "Sa, Signor Presidente, quando, secondo me, muore la democrazia? Quando la rassegnazione ai soprusi di chi sta in alto è sentita dai comuni cittadini come ineluttabilità." Sarebbe veramente triste dover assistere ad uno scenario egiziano in Italia, provocato dalla cecità o dalla poca oculatezza dei nostri responsabili governativi. Grazie per l’attenzione e cordiali saluti